Il presidente e ceo di Louis Vuitton si racconta in un’intervista al Corriere della Sera: vent’anni nel gruppo LVMH, progetti visionari e un’idea precisa di successo. Tra follia creativa e strategia. «Vincere aiuta a vincere», afferma Pietro Beccari, presidente e ceo di Louis Vuitton, in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera. Un motto che sintetizza il percorso di un manager che da quasi vent’anni si muove ai vertici del gruppo LVMH, iniziando nel 2006 proprio dalla maison francese simbolo del lusso mondiale.
Dopo le esperienze in Fendi e Dior, Beccari è tornato al timone di Louis Vuitton portando una visione moderna e sofisticata, ma sempre ancorata alla forza della storia e dell’identità. Tra le sue imprese più significative: la riqualificazione del Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur, sede di Fendi, e il restyling della storica Avenue Montaigne a Parigi, cuore pulsante di Dior. Ora, durante la Milano Design Week, ha inaugurato un nuovo flagship store in via Monte Napoleone, con caffetteria e ristorante firmati Da Vittorio. E guarda già al futuro: nel 2027 aprirà un luxury hotel sugli Champs-Élysées, nell’ex sede di una banca e prima ancora dell’hotel dell’Orient-Express.
Il rapporto con Arnault: «Condividiamo una vena di follia»
Beccari parla anche del suo rapporto con Bernard Arnault, patron di LVMH:
«Lavoriamo insieme da vent’anni, c’è grande stima e rispetto reciproco. Arnault è molto diverso dall’immagine che alcuni si fanno: ha una parte creativa, quasi rinascimentale, con una vena di follia alla Erasmo da Rotterdam».
Una complicità che ha permesso a Beccari di portare a compimento progetti audaci come la sfilata sulla Fontana di Trevi a Roma o la creazione della Galerie Dior.
Il caos creativo come motore del lusso
«Il caos è fondamentale», sostiene Beccari. «Ti obbliga a rimetterti in gioco, a vedere con occhi nuovi. E nel lusso, le incoerenze funzionano: non valgono le regole del mass market. Nel nostro mondo bisogna creare asperità che accendano la scintilla della desiderabilità».
Così, entrando in una boutique Vuitton, si può essere sorpresi da opere di Pharrell Williams, Nicolas Ghesquière, Takashi Murakami o Stephen Proust, capaci di dialogare con l’iconica Toile Monogram e rinnovarla senza snaturarla.
Lusso e sport, un linguaggio per i giovani
Beccari è convinto che il futuro del brand passi anche attraverso lo sport:
«Parliamo ai giovani anche attraverso modelli sportivi come Jude Bellingham o il nuotatore Léon Marchand. Figure eccellenti che rappresentano i nostri valori».
La partecipazione attiva di Louis Vuitton alla Formula 1 e alla vela si inserisce in questa strategia di brand engagement a livello globale.
Esigente, ma capace di ispirare
Infine, un tratto distintivo del suo approccio al management:
«Sono molto esigente, come monsieur Arnault. Ma voglio tirare fuori il meglio da ogni persona, dal creativo al manager. Ognuno ha un talento unico: va solo valorizzato».
Un messaggio chiaro, che sintetizza la visione di uno dei manager più influenti dell’universo del lusso: rigore, ispirazione e voglia di osare.