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Cronache

“Padre freddo, amorale, impassibile, soffocò la figlia senza pietà”, i Pm di Bari così descrivono il padre della piccola Emanuela, uccisa quando aveva 3 mesi di vita

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“Emanuela si doveva e si poteva salvare. È morta per mano assassina di suo padre e per le azioni e omissioni di chi sapeva e aveva gli strumenti per impedire la sua morte, di chi per legge doveva tutelarla e non lo ha fatto”. E’ uno dei passaggi della requisitoria al termine della quale la Procura di Bari ha chiesto la condanna all’ergastolo per il 31enne di Altamura Giuseppe Difonzo, imputato dinanzi alla Corte di Assise di Bari per l’omicidio della figlia di 3 mesi, morta il 13 febbraio 2016. Nella lunga requisitoria, durata circa 5 ore, i pm Simona Filoni e Domenico Minardi si sono alternati nella ricostruzione dei mesi precedenti la morte della bambina, dal primo ricovero quando Emanuela aveva 20 giorni, il 19 novembre 2015, fino alla notte del decesso per soffocamento, il 13 febbraio 2016. I pm si sono soffermati sulle consulenze tecniche, sulle intercettazioni, sulle dichiarazioni delle decine di testimoni sentiti nel processo e, soprattutto, sulla personalità dell’imputato, “freddo e amorale, impassibile davanti alla sofferenza e al dolore, incapace di provare sentimenti di pietà, abile manipolatore e bugiardo”, come evidenziato anche dalla perizia psichiatrica alla quale e’ stato sottoposto nell’ambito di un incidente probatorio nel corso delle indagini. I pm hanno ricordato la testimonianza del bambino di 3 anni, ricoverato nella stessa stanza di Emanuela, che “ha raccontato l’orrore visto dai suoi occhi”, il tentativo del professor Nicola Laforgia, primario della neonatologia del Policlinico, di salvare la bambina segnalando al Tribunale per il minorenni i sospetti di maltrattamenti e ipotizzando la ‘sindrome di Munchausen per procura’, che consiste nel fare del male ad altri per attirare l’attenzione su di se’. I pm hanno evidenziato i sospetti della stessa madre di Emanuela, “abbandonata dalle istituzioni e dai servizi sociali che avrebbero dovuto aiutarla”, “ingannata e spinta a mentire”. E infine hanno descritto l’imputato, “colui che le aveva dato la vita e che poi gliel’ha tolta perche’ non reggeva il peso dell’impegno”, “premeditando argutamente il suo progetto di morte”, “che era stato capace di assistere al sezionamento degli organi della figlia senza mai piangere” e che, la sera del 12 febbraio, “torno’ in ospedale dopo l’orario di visita, impietosendo le infermiere, per portare a termine il suo progetto omicidiario, nel buio della notte, infierendo su un batuffolino di 57 cm e chiedendo aiuto quando ormai era troppo tardi”.

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Cronache

Indossa un passamontagna al porto di Ischia ed evade dai domiciliari: arrestato un 21enne

A Ischia, un 21enne evade dai domiciliari e tenta di imbarcarsi per Napoli con un passamontagna: riconosciuto e arrestato dai Carabinieri.

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Iniziamo questa storia dalla fine, da un epilogo inaspettato, frutto di una scelta maldestra di un 21enne di Barano d’Ischia. Il giovane si trovava in fila al porto, pronto a imbarcarsi su uno degli ultimi traghetti della giornata con destinazione Napoli. Nulla di strano, se non fosse per un dettaglio singolare: indossava un passamontagna.

Alcune persone presenti hanno manifestato curiosità, altre preoccupazione. A porsi domande sono stati anche i Carabinieri del nucleo radiomobile di Ischia, impegnati nei controlli serali. Avvicinatisi al giovane, gli hanno chiesto di mostrare il volto. A quel punto, come in un colpo di scena da film, il ragazzo ha tolto il passamontagna e si è dato alla fuga verso una pineta.

Riconosciuto e arrestato dopo l’inseguimento

I militari lo hanno inseguito, bloccato e immediatamente riconosciuto: era lo stesso giovane che poche ore prima aveva rubato uno scooter, fuggendo tra le strade di Ischia e venendo arrestato dai Carabinieri. Dopo il primo arresto, era stato sottoposto agli arresti domiciliari.

Questa volta, in manette per la seconda volta nel giro di poche ore, il 21enne dovrà rispondere anche dei reati di evasione e resistenza a pubblico ufficiale. In attesa dell’udienza in Tribunale, resterà in camera di sicurezza.

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Cronache

Campione di poker non dichiara vincite, recuperati 1,5 milioni

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Considerato uno dei migliori giocatori al mondo di poker live , non avrebbe mai dichiarato le proprie vincite. Enrico Camosci, 31 anni, bolognese, è stato sottoposto ad una verifica fiscale dalla Guardia di Finanza, nucleo operativo metropolitano di Bologna. La ricostruzione della sua posizione, preventivamente condivisa con la locale Agenzia delle Entrate e da cui è successivamente scaturita la denuncia per omessa dichiarazione, è stata fatta anche attraverso la ricerca di informazioni sui siti specializzati e sui social, consentendo di recuperare a tassazione oltre 1,5 milioni di euro di redditi da lavoro autonomo, derivanti dall’attività sportiva svolta in forma abituale e professionale al di fuori dell’Unione Europea. Se da un lato, spiega infatti la Gdf, i premi corrisposti da case da gioco autorizzate all’interno dell’Unione Europea non vanno dichiarati, in quanto soggetti a ritenuta alla fonte, quelli conseguiti al di fuori del territorio comunitario costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito.

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Cronache

Arrestato giovane a Bolzano per propaganda razzista e addestramento al terrorismo

Operazione dei Carabinieri a Bolzano: arrestato un giovane per propaganda razzista e attività con finalità di terrorismo. Indagini coordinate dalla Procura di Trento.

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In data odierna, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo della Procura della Repubblica di Trento, i Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e del Comando Provinciale di Bolzano hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un cittadino italiano. Il giovane è sottoposto a indagini per attività di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa aggravata, nonché per addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale.

Il provvedimento, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari di Trento, è il risultato di una complessa attività investigativa avviata nel settembre 2023 grazie a un contributo dell’intelligence italiana. L’indagine ha portato all’individuazione di un profilo social attivo nella diffusione di materiale di matrice nazionalsocialista e di supporto all’organizzazione terroristica jihadista nota come “Stato Islamico”.

Tecniche sofisticate per evitare l’identificazione

Nonostante l’indagato avesse adottato sofisticati accorgimenti informatici per restare anonimo, i Carabinieri del ROS sono riusciti a identificarlo. Le investigazioni hanno confermato l’intensa attività di diffusione di contenuti multimediali di propaganda jihadista e antisemita, oltre a documentare un percorso di apprendimento per la costruzione di ordigni esplosivi azionati tramite detonatori wireless.

Il giovane, diplomato come perito elettrotecnico, si vantava in comunicazioni telefoniche e telematiche di essere in procinto di realizzare un ordigno artigianale del tipo TATP, chiedendo indicazioni su come costruire un detonatore a distanza e acquisendo i componenti elettronici necessari. Inoltre, risultava impegnato in un’opera costante di indottrinamento dei familiari, inclusi un fratello minore di soli 10 anni e un altro fratello maggiorenne, con il quale discuteva anche dell’acquisto di un’arma da fuoco.

Perquisizioni e materiali sequestrati

Le perquisizioni disposte dalla Procura Distrettuale di Trento hanno permesso di sequestrare una maschera antigas, oltre 200 unità di polvere pirica, componenti elettroniche per rilevamento di microspie, strumenti per la fabbricazione di telecomandi a distanza e attrezzature per microsaldature. Sono stati sequestrati anche materiale informatico e documentale ritenuto di interesse investigativo.

Un percorso di de-radicalizzazione interrotto

L’odierna indagine si collega a una precedente, condotta dalla Procura per i minorenni di Bolzano, che aveva visto coinvolto lo stesso soggetto quando era ancora minorenne. All’epoca fu avviato a un programma educativo e riabilitativo di de-radicalizzazione, innovativo strumento di contrasto al terrorismo, il cui percorso però si interruppe con l’emergenza Covid-19, senza ottenere i risultati sperati.

Presunzione di innocenza

Si ricorda che, in base al principio di presunzione di innocenza, la colpevolezza della persona sottoposta a indagini sarà definitivamente accertata solo in caso di sentenza irrevocabile di condanna. Il procedimento è attualmente nella fase delle indagini preliminari.

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