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Cronache

Ospedale del Mare, la denuncia di Pisani: donna abbandonata in corsia poteva morire senza assistenza del marito

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Nella sanità campana quasi per intero dedicata al Covid, avere altre patologie è una iattura talvolta peggiore del male di cui si soffre. Molti pazienti con problemi diversi dal Covid denunciano di essere abbandonati al loro destino, senza ricevere le cure e le attenzioni di cui avrebbero bisogno. È questo il caso di M.V., una signora napoletana che, dopo essere svenuta, è stata portata dal marito all’Ospedale del Mare, a Ponticelli. È arrivata nell’area d’emergenza in codice rosso. “Appena arrivati, le hanno fatto gli esami del sangue, l’ecografia, la tac con contrasto; quando è risultata positiva al test rapido per il Covid però, l’hanno chiusa in una stanza e l’hanno abbandonata a se stessa”, denuncia S.P., marito della paziente.

Angelo Pisani. Il legale della famiglia incappata in un caso di presunta malasanità

“Gli esami davano valori sballatissimi. Mia moglie mi ha chiamato disperata perché stava lì da cinque ore e nonostante invocasse aiuto, nessun medico o infermiere andava a darle una mano. Probabilmente aveva un problema renale. Allora mi sono recato in ospedale e ho chiesto spiegazioni al dottore, il quale mi ha risposto che erano pieni di pazienti e non erano preparati ad affrontare la situazione. A quel punto sono entrato di forza nella stanza, l’ho dovuta cambiare e assistere io; non era accompagnata nelle cure e nell’assistenza igienico-sanitaria”.

La mattina seguente, la signora viene trasferita in un corridoio pre-covid. “Il dottore mi ha confermato che il suo quadro clinico era grave, ma loro non potevano fare niente e l’hanno dimessa. A quel punto mi sono attivato con alcuni amici medici, che hanno visto i risultati degli esami e mi hanno detto che mia moglie aveva probabilmente avuto una trombosi renale; la tac con contrasto aveva evidenziato la presenza di trombi in prossimità dell’aorta. Un mio amico dottore l’ha assistita per telefono, monitorandola quotidianamente”. 

“Il mio amico medico – prosegue il racconto del signor S.P. – le ha prescritto una cura antibiotica per il rene; nei giorni successivi le ha fatto fare delle iniezioni sottocutanee di un farmaco per scioglierle i trombi. Dovrà comunque sottoporsi ad un’operazione. Dopo circa venti giorni, negativa al tampone, l’ho portata da un nefrologo che mi ha confermato che sarebbe potuto morire; proprio non si spiegava come avessero potuto dimetterla. Ha rischiato un’insufficienza renale o un infarto”.

Il caso di questa signora finirà in Tribunale, lo segue su richiesta della famiglia, l’avvocato Angelo Pisani. “Mi auguro che la denuncia che sporgeremo possa servire a salvare altre vittime della malasanità. La foto (la foto è stata fornita dal marito della signora per documentare quanto accadeva, ndr), che certifica la presenza e l’assistenza di Fortuna da parte del marito, è la prova provata dell’abbandono della paziente Covid. Se ci fossero stati controlli e assistenza da parte degli infermieri, sicuramente non lo avrebbero lasciato tutta la giornata nella stanza con la positiva”, spiega il legale, che intende ora presentare un esposto alla Procura della Repubblica sul trattamento riservato alla paziente. “Quanto accaduto alla signora – conclude Pisani – è purtroppo parte di una casistica non isolata negli ospedali della nostra Regione. L’iniziativa legale intrapresa, di intesa con la famiglia, è volta soprattutto ad evitare che casi analoghi continuino a ripetersi”. Anche per il familiare della paziente l’obiettivo della denuncia non sono i soldi del risarcimento. “Li donerei in beneficenza. Lo facciamo perché c’è una malasanità diffusa che ammazza le persone. Questo sistema si deve cambiare, noi paghiamo le tasse e meritiamo un sistema sanitario dignitoso. Abbiamo ottimi medici, ma non sono messi nelle condizioni di operare serenamente. Se non mi fossi mosso per tempo con i miei amici dottori che mi hanno supportato, forse mia moglie sarebbe morta in quella stanza, così come purtroppo stanno morendo tante persone”, ha concluso il marito.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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