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Cronache

Muti: De Simone è morto solo, Napoli ingrata con lui

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“Sono affranto e arrabbiato per la scomparsa di Roberto De Simone, un amico, un grande genio, un napoletano europeo, un intellettuale che guardava contemporaneamente alle radici colte e popolari della nostra cultura. Sono arrabbiato perché è morto solo. Lui ha dato tanto a Napoli, Napoli non ha ricambiato. Anzi, spesso è stato trattato con ingratitudine. Ora si verseranno lacrime di coccodrillo, ma la sua scomparsa dà un colpo alla crisi della cultura partenopea proprio mentre, ironia della sorte, si celebrano i 2500 anni di storia. Mi auguro gli dedichino al più presto una strada o una piazza importanti”. Lo scrive Riccardo Muti in un intervento sul Mattino.

“Con lui – dice il direttore d’orchestra – ho lavorato spesso sui più importanti palcoscenici internazionali. Memorabili il ‘Così fan tutte’ che realizzammo insieme a Vienna e portammo con successo in Giappone, e il ‘Don Giovanni’: spettacoli in cui si era fusa la tradizione dell’opera buffa del Settecento napoletano con il genio di Mozart. E memorabile un’apertura della Scala con “Nabucco” nell’86 e “Lo frate ‘nnammorato” di Pergolesi, sempre a Milano. Lui aveva qualche anno in più di me, ma da ragazzi ci incrociavamo al San Pietro a Majella quando io studiavo con Vincenzo Vitale. Poi, negli anni Sessanta, diressi con l’Orchestra Scarlatti a Napoli alcune opere del Settecento.

“La Dirindina”, un intermezzo di Domenico Scarlatti e “Chi dell’altrui si veste presto si spoglia” di Cimarosa, uno dei titoli più lunghi in cui io mi sia imbattuto nel mondo della lirica. De Simone era il giovane cembalista e naturalmente tra di noi si instaurò subito una intesa artistica e culturale che non s’è mai interrotta. A quei tempi Napoli si interessava molto della riscoperta della grande storia musicale della città, c’erano molte iniziative. E in quel contesto il genio di De Simone ha incarnato l’anima di Napoli assunta a carattere universale. Penso alla sua “Gatta Cenerentola” al legame che l’opera ha con la storia e le tradizioni popolari locali essendo contemporaneamente antica e rivoluzionaria”.

Secondo Muti “Napoli, però, è stata ingrata con lui, non gli ha mai concesso riconoscimenti, non gli ha mai dato quel teatro per costruire la scuola vocale che sognava di realizzare. Il suo spirito libero, il coraggio di non nascondere le proprie opinioni e lanciare strali ogni volta che lo riteneva opportuno, ne hanno fatto un profeta non amato in patria. Eppure De Simone ha fatto tanto anche al San Carlo e per il San Carlo. Come regista, compositore e anche come direttore artistico al fianco del sovrintendente Francesco Canessa. E al San Pietro a Majella ha contribuito in maniera determinante alla salvaguardia della biblioteca e alla catalogazione di tutti i preziosissimi manoscritti che rischiavano di andare perduti: Paisiello, Cimarosa, Vinci, Jommelli, Pergolesi, Scarlatti. La sua Napoli è una vera, grande capitale, come lo era nel Settecento quando gareggiava con Londra e Parigi. Ci mancherà”, conclude Muti.

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Cronache

Berlusconi e Dell’Utri, la Cassazione chiude il caso sui presunti fondi mafiosi: nessuna prova di riciclaggio

La Cassazione conferma la decisione del tribunale di Palermo: nessun legame tra Berlusconi, Dell’Utri e capitali di provenienza mafiosa. Respinta la richiesta di confisca dei beni.

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Il tribunale di Palermo, nel 2024, aveva escluso qualsiasi collegamento tra Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri (foto Imagoeconomica) e presunti flussi di denaro di provenienza mafiosa. La sentenza era arrivata al termine di un lungo procedimento che aveva al centro l’ipotesi di reinvestimenti illeciti attraverso l’opera di Dell’Utri nelle imprese riconducibili all’ex premier.

Nelle motivazioni, i giudici avevano scritto che “nulla è stato accertato circa il reinvestimento e il riciclaggio di capitali di provenienza mafiosa nelle imprese di Berlusconi attraverso l’opera di Dell’Utri”, sottolineando che nessuna delle prove acquisite aveva confermato tale ipotesi.


Nessun riscontro sulle somme versate da Berlusconi

Il tribunale ha inoltre rilevato che è rimasto indimostrato che le ingenti somme di denaro versate nel tempo da Berlusconi a Dell’Utri e ai suoi familiari fossero legate a un rapporto di gratitudine per una presunta mediazione con Cosa nostra.
Secondo la ricostruzione d’accusa, Dell’Utri avrebbe fatto da tramite in un accordo volto a evitare l’imposizione di un “pizzo” di rilevante importo, ma tale tesi non ha trovato alcun fondamento nei riscontri probatori.


La Cassazione conferma: decisione definitiva

Dopo la conferma in Corte d’appello, il caso è arrivato in Cassazione, che ha suggellato in via definitiva il verdetto, rendendo la decisione irrevocabile.
È stata dunque respinta la richiesta di confisca del patrimonio di Dell’Utri, della moglie e dei figli, ponendo fine a un procedimento che aveva attirato grande attenzione mediatica e politica.


Una vicenda chiusa dopo anni di indagini

La pronuncia della Cassazione mette la parola fine a uno dei dossier più complessi della magistratura italiana. Nessuna prova di riciclaggio, nessuna connessione tra i capitali di Berlusconi e fondi mafiosi.
La vicenda, che aveva riaperto il dibattito sul rapporto tra potere economico e criminalità organizzata, si conclude dunque con l’assoluzione piena sul piano patrimoniale e con la dichiarazione di insussistenza dei presunti legami mafiosi.

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Cronache

Omicidio di Chiara Poggi, spunta un nuovo testimone: “Lo scontrino del parcheggio non è di Sempio”

Un nuovo testimone riapre il caso dell’omicidio di Chiara Poggi. Dichiarazioni sullo “scontrino-alibi” di Andrea Sempio rilanciano dubbi e polemiche su un caso mai chiuso nella memoria pubblica.

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A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso di Garlasco torna a far parlare di sé.
Un nuovo testimone si sarebbe presentato ai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano per fornire una versione che mette in dubbio l’alibi di Andrea Sempio, l’amico storico di Marco Poggi, fratello della vittima.

Secondo quanto trapelato, la persona avrebbe dichiarato che il biglietto del parcheggio di Vigevano, datato 13 agosto 2007 — utilizzato da Sempio per dimostrare di non essere nei pressi della villetta il giorno del delitto — non sarebbe suo.


Lo scontrino conteso e le vecchie ombre dell’inchiesta

Il cosiddetto “scontrino-alibi” è da anni al centro di un acceso confronto tra accusa e difesa.
Il documento, presentato un anno dopo l’omicidio, doveva confermare la presenza di Sempio a Vigevano, lontano da Garlasco. Ma ora una nuova deposizione anonima rimette tutto in discussione.

L’inchiesta attuale è coordinata dalla Procura di Pavia, con i carabinieri di Milano impegnati a verificare l’attendibilità del testimone e la tracciabilità del documento.

Questa nuova testimonianza si aggiunge alla lunga serie di rivelazioni, ritrattazioni e correzioni che hanno costellato il caso fin dal 2007: dall’operaio che disse di aver visto una donna in bicicletta nei pressi della casa di Chiara, al contadino che giurava di aver sentito le grida di un litigio, fino al pompiere che avrebbe parlato proprio dello scontrino di Sempio.


La posizione della difesa: “Solo un indizio, non una prova”

L’avvocato Liborio Cataliotti, che insieme alla collega Angela Taccia difende Sempio, ha commentato con cautela le notizie trapelate:
Quandanche fosse un alibi, è un mero indizio e non una prova. Che valore probatorio vogliamo dare a tutto questo bailamme? Nella migliore delle ipotesi, pochissimo”.

Cataliotti ha inoltre ribadito che la difesa adotterà un approccio prudente:
Commenteremo gli atti solo quando saranno depositati ufficialmente. Non abbiamo alcuna intenzione di reagire a indiscrezioni mediatiche o di mettere in discussione verbali che non ci sono stati ancora notificati”.


Ipotesi di trasferimento dell’inchiesta

Sul piano procedurale, l’avvocato ha anche affrontato la questione del possibile trasferimento dell’indagine a Brescia, in connessione con quella che riguarda l’ex procuratore di Pavia Mario Venditti.
Non cerchiamo scorciatoie per sottrarci al giudice naturale – ha dichiarato –. Solo se emergessero motivazioni giuridiche fondate, allora la richiesta sarebbe doverosa”.


Un caso che continua a dividere

Il delitto di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007, ha già portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione, ma continua a generare nuove piste, dubbi e testimonianze.
Ogni nuova dichiarazione, come quella emersa ora sullo scontrino contestato, riaccende l’attenzione su uno dei casi giudiziari più complessi e controversi degli ultimi vent’anni in Italia, simbolo di una giustizia che, pur chiudendo i processi, non spegne mai del tutto le domande.

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Cronache

Prete e giornalista spagnolo di 81 anni accusato di violenza sessuale a Roma: avrebbe molestato un collega durante il Conclave

Un sacerdote e giornalista spagnolo di 81 anni rischia il processo a Roma per violenza sessuale. L’accusa riguarda presunte molestie ai danni di un collega di 40 anni durante i giorni del Conclave per l’elezione di Papa Leone XIV.

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Un prete e giornalista spagnolo di 81 anni rischia di finire sotto processo a Roma con l’accusa di violenza sessuale ai danni di un collega più giovane, un giornalista di 40 anni.
La vicenda, riportata dal Corriere della Sera, risale ai giorni del Conclave per l’elezione del nuovo Papa, un periodo di intensa attività per i cronisti accreditati in Vaticano.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il sacerdote — con un lungo passato da corrispondente di testate spagnole— avrebbe approfittato di un momento di amicizia e confidenza nata sul lavoro per tentare un approccio sessuale non consensuale.


L’invito a casa e la serata del presunto abuso

Il primo incontro tra i due risale al 16 aprile, quando il prete invita il collega nella propria abitazione nel centro di Romaper un aperitivo.
La serata si svolge in modo tranquillo, senza episodi particolari.
Pochi giorni dopo si apre il Conclave, e i due tornano a lavorare fianco a fianco, tra i centinaia di giornalisti impegnati a seguire l’elezione del nuovo Pontefice.

Il 23 maggio, secondo la denuncia del 40enne, il sacerdote lo invita nuovamente a casa.
Questa volta, però, la situazione cambia radicalmente: l’uomo di 81 anni avrebbe tentato più volte di molestarne il collega, cercando contatti fisici e avances esplicite.
Il giornalista si sarebbe sottratto e allontanato rapidamente dall’abitazione.


La denuncia e l’indagine della Procura

Dopo alcuni giorni di silenzio e lontananza da Roma, la vittima ha deciso di rivolgersi alla magistratura, raccontando nei dettagli l’accaduto.
La denuncia ha fatto scattare un’indagine della Procura di Roma, che ora valuta l’invio a giudizio del sacerdote con l’accusa di violenza sessuale.

Gli inquirenti stanno acquisendo ulteriori elementi a sostegno della testimonianza del giornalista, anche attraverso riscontri sulle comunicazioni tra i due nel periodo compreso tra il ricovero di Papa Francesco e la fumata bianca per Leone XIV.


Un caso che scuote il mondo del giornalismo vaticano

La vicenda ha destato forte scalpore negli ambienti giornalistici vaticani, dove il sacerdote era conosciuto come un decano della stampa spagnola accreditata presso la Santa Sede.
Se la Procura confermerà l’impianto accusatorio, per l’anziano cronista si aprirà un processo per molestie sessuali, in un caso che intreccia ancora una volta fede, media e giustizia.

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