Collegati con noi

Esteri

Mosca insiste, non fare di Durov un caso politico

Pubblicato

del

Il Cremlino torna a esprimersi sull’affaire Durov, fondatore di Telegram rilasciato dietro una cauzione di cinque milioni di euro in Francia con l’obbligo di presentarsi due volte a settimana in una stazione di polizia e di non lasciare il Paese, di cui ha la cittadinanza assieme a quella russa ed emiratina. “La cosa principale, ovviamente, è che ciò che sta accadendo in Francia non si trasformi in una persecuzione politica”, ha dichiarato il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, citato dall’agenzia Interfax. “Sappiamo che il presidente francese ha negato qualsiasi legame con la politica e al momento è meglio evitare ogni altra valutazione. Vedremo che cosa succederà”, ha aggiunto.

Intanto un nuovo filone d’indagine, questa volta a firma Ue, pare farsi strada per il miliardario 39enne. Secondo il Financial Times la Commissione europea sta indagando per accertare se Telegram abbia violato il Digital Services Act (Dsa), ovvero le regole Ue sui servizi digitali sottostimando la sua base di utenti per evitare di essere soggetta a alle normative più severe applicabili alle grandi piattaforme online. I funzionari europei sospettano che i 41 milioni di utenti dichiarati da Telegram in Ue siano stati volontariamente sottostimati per evitare di superare la soglia, fissata a quota 45 milioni, dopo la quale scatta una supervisione più severa. Se il numero effettivo di utenti di Telegram superasse questa quantità, l’app dovrebbe infatti rispettare gli obblighi di conformità ai sensi delle regole Ue, entrate in vigore un anno fa.

Una nuova tessera nel mosaico di accuse contro Durov, sotto inchiesta anche per gravi violenze contro uno dei suoi figli e sul cui capo pendono ben 12 capi di imputazione per la mancata collaborazione nelle inchieste che vedono coinvolta l’app Telegram in diverse attività criminali. Intanto i cospirazionisti si sono scatenati sul web, e non certo a proposito dell’algido Dsa quanto dell’affascinante 24enne che era in compagnia di Durov sul volo privato atterrato a Parigi sabato scorso. Yulia Vavilova, influencer investitrice russa in criptovalute indicata come fidanzata del patron di Telegram, è scomparsa subito dopo il fermo di Durov e la sua famiglia non riesce a ritracciarla, come scrive il tabloid britannico Daily Mail.

Secondo il quale la ragazza potrebbe aver facilitato l’arresto attraverso informazioni inviate via Istagram. Il Times of India riferisce anche di teorie dei complottisti secondo i quali sarebbe stata proprio la giovane a giocare un ruolo nella cattura del miliardario in quanto legata a servizi segreti stranieri, in particolare all’israeliano Mossad. Tra ipotesi fantasiose e fascinose sedicenti spie, a tenere banco rimangono nella realtà le accuse al centro della vicenda giudiziaria di Pavel Durov, sempre più ricca di colpi di scena e misteri.

Advertisement

Esteri

Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

Pubblicato

del

È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

Continua a leggere

Esteri

Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

Pubblicato

del

E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

Continua a leggere

Esteri

Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

Pubblicato

del

La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto