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Spettacoli

Morto attore Malcolm-Jamal Warner, fu Theo ne I Robinson

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Malcolm-Jamal Warner, l’attore noto per aver interpretato il figlio Theodore “Theo” Huxtable nella sitcom televisiva “I Robinson”, è morto a 54 anni. Warner è annegato ieri al largo della costa del Costa Rica, ha riferito la Polizia Nazionale Costaricana ad ABC News. La causa ufficiale della morte di Warner è stata l’asfissia, ha dichiarato la polizia. L’attore è morto vicino a Cocles, una spiaggia a Limón, in Costa Rica, secondo quanto riferito dalla polizia. La polizia ha dichiarato che è stato trascinato da una forte corrente in acqua ed è stato ritrovato ieri pomeriggio.

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Spettacoli

Servillo: quando entro in scena mi sbatte ancora ‘o core

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Quella dell’attore non è una carriera facile. Tanta disciplina, tanta solitudine e silenzio, tante camere d’albergo (“i primi tempi anche piuttosto brutte”) e nel suo caso la ferma volontà di tenere fuori il mercato e quindi anche i guadagni enormi e facili. L’istrionico Toni Servillo ipnotizza la platea dei giovani di Giffoni con un racconto di vita vera, di camerini e palcoscenico, di fatica e di militanza, di scelte e di bivi. Ma alla fine strappa un applauso quando ammette che ancora adesso ogni volta che va in scena “gli sbatte o’ core'” e gli tremano le gambe proprio come diceva il suo amatissimo Eduardo De Filippo e la passione per questo mestiere li infiamma. E per chiarire ancora di più la faccenda racconta di quando “Louis Jouvet, grande uomo di teatro, dietro le quinte chiese a un ragazzo che aveva preparato per il saggio finale del corso di recitazione e che stava per entrare in scena: ‘Hai paura?’. E questo ragazzo gli rispose di no. E Jouvet gli disse: ‘Arriverà, con il talento'”.

Nel momento in cui queste condizioni non si verificano più, “entriamo nella sfera della routine – dice – e i primi ad accorgersi che un’interpretazione e il lavoro di un attore sono routine sono proprio gli spettatori. E allora forse è meglio fermarsi, ritenendo di non avere più nulla da dire”. “Sono felice di tornare qui Giffoni, è uno dei festival del cinema più belli del mondo, non solo d’Italia” dice ancora ai ragazzi che si dimostrano curiosi anche sul lungo sodalizio con Paolo Sorrentino che arriverà nella Multimedia Valley mercoledì. “Abbiamo appena girato il settimo film assieme (La Grazia, che aprirà in concorso la prossima Mostra del cinema di Venezia, al via il 27 agosto, ndr) e sul set l’entusiasmo era immutato. Una volta un produttore amico ci disse che ci eravamo fatti del bene reciproco. Aveva ragione, perché tra di noi esiste un profondo legame umano oltre che professionale. Gli devo moltissimo: è stato il primo regista a concedermi di interpretare un ruolo da protagonista a tutto tondo. Ed è soprattutto uno sceneggiatore e un dialoghista eccezionale. Evidentemente, poi, avverte anche la mia docilità ad adattarmi ai suoi ruoli e posso dire che ci soccorriamo a vicenda”.

Servillo aggiunge che Sorrentino lo considera “il suo fratello maggiore. E mi ha fatto interpretare addirittura suo padre. Il nostro segreto è probabilmente la capacità di rinnovare sempre la curiosità”. E sull’Uomo in più, esordio di Sorrentino, dice che “fin dall’inizio manifestava l’interesse a raccontare personaggi che stanno per raggiungere il successo e poi conoscono il declino”. E proprio su questa fragilità, ma anche sulla necessità dell’essere umani Sorrentino regala un bellissimo messaggio ai giffoner: “Dovete coltivare il valore della vita. Una vita che è continuamente oltraggiata. Si uccide per nulla e questo è uno scempio. Ricordate, il cinema non deve raccontare solo buone favole, ma anche i valori che vengono vilipesi”.

L’attore racconta come proprio al teatro debba gran parte della sua umanità: “L’esperienza dello spettacolo dal vivo – ahimè – si va sempre più riducendo perché qualcuno, che non ci passa neanche per un luogo come Giffoni, ha interesse che tutti stiano nelle case da soli a guardare cose inframmezzate da spot pubblicitari. Quello ci allontana dalla dimensione dell’umano ci fa sembrare anche la tragedia di una guerra come qualcosa che appartiene al mondo della rappresentazione. Non è reale e quindi non è umano e quindi ci lascia indifferenti”. Tante le domande sui molti personaggi, anche reali e famosi, a cui ha dato vita. “Ogni personaggio – dice – è una sfida diversa e ognuno ti lascia qualcosa dentro. Io penso si debba guardarli dal basso all’alto, sia buoni che cattivi, come se fosse qualcuno più affascinante di te per cui devi metterti al suo servizio”. Servillo crede sia più difficile interpretare persone realmente esistite, “perché devi trovare una strada originale che non corrisponda all’idea del pubblico. Non mi è mai piaciuta l’idea dell’imitazione del biopic. Certi film, come Il Divo, colgono un aspetto di un personaggio in un momento particolare del nostro Paese. Ho cercato di intensificare la realtà per offrire una figura simbolica che non fosse una banale copia”.

Ma è anche molto interessante vestire i panni di un personaggio “che è frutto della poetica di un autore che si impone allo spettatore. Pensare che per tantissimi Jep Gambardella sia come una figura in carne e ossa è un risultato straordinario che mi riempie di soddisfazione”. Infine chiude spiegando di aver avuto “la fortuna di scegliere sempre i film che volevo fare, privilegiando il legame umano e la condivisione di orizzonti intellettuali con registi e autori. Sono stato fortunato? Diciamo che non mi sono mai fatto condizionare dalle logiche di mercato”. Ma ripete che ci vogliono sacrificio, impegno costante e rinunce: “Esisterà sicuramente qualcuno che incarna il mito del genio e sregolatezza, ma non mi ha mai appassionato. Il lavoro quotidiano dell’attore sul personaggio, sulla capacità di offrire nella propria epoca la potenza simbolica di un Amleto, di un Alceste, di un’Ofelia, di una Giulietta e di un Romeo richiede quelle rinunce che sono simili a quelle di un atleta che riesce a scendere sui cento metri sotto i dieci secondi”.

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Jennifer Lopez a Lucca tra ritmo e glamour

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Una vera e propria “up all night” questa sera per Lucca che ha visto una esplosiva Jennifer Lopez esibirsi al Summer Festival nell’unica tappa italiana del suo tour internazionale. Luci, lustrini, ballerini, scenografie e coreografie da sogno per la pop star latino-americana che per più di due ore ha incantato i 16mila spettatori accorsi da ogni parte d’Italia, e non solo. Il palco del Summer Festival negli anni ha richiamato a Lucca artisti di fama internazionale incassando di anno in anno sempre più successi. E il concerto di J-Lo viene paragonato a quello del 2017 dei Rolling Stones. Prima dello show i cartelloni scandiscono il tempo che manca al 24 luglio, compleanno di Jennifer Lopez. Parte il countdown e poi, dopo i ballerini, arriva lei. Brilla, merito delle frange dorate ma anche dell’audace body argento che indossa e del suo carisma.

Saluta e ringrazia Lucca, “Siete pronti per stare svegli tutta la notte, per cantare e ballare?”, e il popolo di J-Lo impazzisce. Lei lo infiamma ancora di più con “On the Floor” il singolo di maggior successo della cantante, con più di 8 milioni di copie vendute. E’ subito delirio. Si balla e si canta ovunque sul palco, in platea, lungo le mura. Via un successo dietro l’altro Save me tonight, Booty, Ain’t your mama. Dopo oro e argento arriva il primo cambio d’abito con la travolgente Jenny from the block. Pelle nera, catene e borchie per esibirsi nella famosa hit seguita poi da tante altre. Dopo un’ora canta “Gracias a la vida” accompagnata da chitarra e percussioni in stile flamenco e il pubblico risponde cantando “sei bellissima”. Tra nuove canzoni e cavalli di battaglia lo show prosegue a ritmo serrato. Musica, emozioni e coreografie, eseguite con un’energia incredibile, per raccontare 30 anni di carriera. E in questo tempo J-Lo non ha solo cantato e ballato, ha incassato un successo dietro l’altro come attrice, produttrice televisiva e cinematografica e imprenditrice.

Senza esitazione, dopo aver trascinato il pubblico nella sue hit più coinvolgenti, con tanto di intermezzo di flamenco, la cantante racconta, accompagnata al pianoforte, la sua rinascita dopo una lunga sofferenza inviando un grande messaggio alle donne che la seguono: quello di trovare il coraggio di essere se stesse e di trovare la forza di fare le proprie scelte. Ma quello che J-Lo trasmette dal palco lucchese non è solo un messaggio di resilienza ma anche di tenacia e determinazione. Alla vigilia dei suoi 56 anni Jennifer Lopez è più in forma che mai e in quasi due ore di spettacolo non si risparmia un secondo ballando forsennatamente al fianco dell’altra star della serata, il ballerino Giuseppe Giofrè, vincitore nel 2012 del talent ideato da Maria De Filippi ‘Amici’.

Tra un cambio d’abito e l’altro, lo spettacolo è un vero e proprio omaggio alla bellezza con la cantante che ha sfoggiato body ricoperti di cristalli e tute attillatissime. Sulle note di Up all night e con un ‘thank you Lucca, I love you’ J-Lo si congeda ma poi rientra sul palco cantando El Anilo vestita d’argento (pantaloni a zampa e reggiseno) e cappellino glitterato azzurro. Chiude sventolando un tricolore urlando “I love you”. Alla fine del concerto viene proiettato un qr-code dedicato al suo compleanno, aprendolo l’annuncio della nuova canzone “Birthday”. Jennifer lascia Lucca, non prima di concedere uno scatto con lei ad una trentina di persone, il numero era limitato, che hanno pagato quasi 1.500 euro

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Spettacoli

Rita Pavone: “Pronta per gli 80 anni. Ma basta non guardarsi allo specchio”

L’icona della musica italiana si racconta a La Repubblica: l’amore per Teddy Reno, la fede, l’operazione al cuore e il premio alla carriera.

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«Sono onorata per le belle cose che mi accadono. Ho dato tanto, vissuto emozioni che mi fanno stare bene. Non sento l’età, basta non passare davanti allo specchio». Così Rita Pavone, che il 23 agosto compirà 80 anni, si racconta in una lunga intervista concessa a La Repubblica. E lo fa con la consueta ironia, la stessa grinta che da sempre l’accompagna. Il 25 luglio riceverà il Premio Lunezia alla carriera a Ulla (Massa Carrara), con una motivazione che la descrive come un’icona “che ha attraversato decenni, lingue e stili con energia ineguagliabile, senza smarrire l’identità profonda di una ragazza con cuore ardente e grinta”.

Una vita di coraggio e coerenza

«Mi fa piacere quella descrizione, è vera», dice. E si definisce sincera, fedele nelle amicizie ma anche decisa a chiudere per sempre quando qualcuno la tradisce. «Non ho una tessera di partito in tasca. Cerco di fare quello che so fare e il pubblico lo riconosce. Sono privilegiata: sono figlia di un operaio, cresciuta nelle case popolari Fiat. Ho girato il mondo. Chi l’avrebbe mai detto?»

Una donna libera, anche nelle scelte private. Sposata da 57 anni con Teddy Reno, che oggi ha 99 anni, racconta la resistenza della sua famiglia a quell’unione per la differenza d’età: «Mio padre non venne al matrimonio. Anni dopo ci disse: “Con voi due ho toppato alla grande”».

Un amore tenace e profondo

Il loro è un legame fortissimo, oggi messo alla prova dall’età: «Oggi lui è confuso, mi chiede: “Quando torni?” e poi “Vai piano”… Ma vado in aereo! È un grande amore. Ci hanno detto cose cattive, ma la gente può essere stronza. La più carina fu Patty Pravo: “Ma saranno fatti loro!”. L’amo, non ha mai giudicato nessuno».

Fede, salute e rinascita

Cattolica convinta, Pavone racconta anche la delicata operazione al cuore nel 2003: «Mi mancava il respiro. Tutti parlavano di attacchi di panico, ma io insistevo. Alla fine scoprirono tre occlusioni: mi impiantarono due bypass. Avevo paura che non si accorgessero della gravità. Ma ora sto bene».

Il compleanno, senza eccessi

Nessun evento sfarzoso per i suoi 80 anni: «Li festeggerò in famiglia, con un pranzo. Quell’80 suona forte, ma se non mi guardassi allo specchio non lo sentirei». Si sente ancora insicura, soprattutto in passato: «Scrivevano: chiedo a Rita Pavone, risponde Teddy Reno. Ho cominciato a parlare solo nel 1968». Ha trovato il suo stile, dai capelli corti ispirati ad Audrey Hepburn agli abiti maschili con bretelle e stivaletti che fecero tendenza.

La scrittura e l’amore per il racconto

Anche la scrittura è entrata nella sua vita con Gemma e le altre, grazie a Elisabetta Sgarbi. «Nel 1989 avevo inciso un disco sull’amore tra due donne. Non passò in radio, ma cantai da Corrado e dalla Carrà. Poi Sgarbi mi chiese di scrivere la storia dei personaggi. Lo faccio perché gli altri credono in me».

Un ritratto intimo e autentico di una delle voci più amate della musica italiana, capace di attraversare il tempo con sincerità, passione e forza d’animo.

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