Morte Belardinelli, indagato un napoletano per omicidio volontario. Ultras interista Da Ros spiega il piano per l’imboscata ai tifosi del Napoli e inguaia Piovella
Omicidio volontario. È l’accusa pesante, anche se come ipotesi tecnica “a garanzia” per svolgere tutti gli accertamenti, contestata ad un tifoso napoletano di 25 anni e che verra’ presto formalizzata a carico anche degli altri tre ultras che erano con lui a bordo della Volvo V40 che avrebbe travolto e ucciso Daniele Belardinelli, il tifoso morto a Milano negli scontri del 26 dicembre prima di Inter-Napoli. I quattro, da quanto si e’ saputo, saranno ascoltati domani, alla presenza dei loro avvocati, dalla Digos nel capoluogo campano e gli inquirenti stanno ancora lavorando per capire chi fosse davvero alla guida della macchina e la dinamica dell’investimento. Nel frattempo, nell’inchiesta coordinata dall’aggiunto Letizia Mannella e dai pm Michela Bordieri e Rosaria Stagnaro, gli accertamenti proseguono anche per ricostruire le fasi di quell’agguato “militare” degli ultras interisti ai napoletani in via Novara, poco distante da San Siro.
Marco Piovella. Capo della Curva Nord
E anche su questo fronte ha continuato a collaborare Luca Da Ros, il 21enne che gia’ subito dopo essere stato arrestato, assieme ad altri due, davanti al gip Guido Salvini ha indicato “il Rosso”, ossia Marco Piovella, capo dei Boys della curva nord, come uno dei presunti organizzatori dell’assalto e finito in carcere, poi, anche lui. Da Ros, difeso dal legale Alberto Tucci, ha riconosciuto in un album fotografico mostratogli dai pm alcuni ultras presenti al pub ‘Cartoons’ dove si radunarono prima del blitz. E ha ribadito di aver ricevuto “precisi ordini” da Piovella per la guerriglia, “mi è stato dato – ha aggiunto – un bastone”. Piu’ grave, pero’, rispetto a quella di Piovella e dei tanti altri indagati per rissa aggravata, un numero che aumenta di giorno in giorno, e’ la posizione degli ultras napoletani che erano sulla macchina sequestrata ieri a Napoli. Auto intestata in leasing al padre 60enne del tifoso 25enne che ha tentato di negare di essere stato a Milano a Santo Stefano, ma e’ stato poi inchiodato da testimonianze e immagini. Non e’ chiaro ancora chi dei quattro fosse alla guida, ma la macchina sarebbe stata lavata per far sparire le tracce e determinanti saranno le analisi della polizia scientifica.
Il tifoso rimasto ucciso. Daniele Belardinelli
Altre due macchine, inoltre, sono state gia’ individuate e la Digos di Napoli lavora su una decina di vetture in totale che facevano parte della ‘carovana’ che si dirigeva verso lo stadio e che e’ stata bloccata dall’assalto degli interisti, oltre un centinaio ‘gemellati’ con gli ultras del Varese, tra cui Belardinelli, e del Nizza. Resta l’ipotesi che ‘Dede’, il 39enne morto, possa essere stato colpito da una prima auto e schiacciato da una seconda. “L’investimento non l’ho visto, ma si e’ verificato prima degli scontri quando le prime auto sono passate, erano berline non suv, mi hanno detto che erano due, io ho visto un’auto che si e’ spostata dalla colonna delle altre”, avrebbe riferito ai pm Da Ros, raccontando anche che furono i tifosi napoletani i primi a “soccorrerlo, spostandolo dalla carreggiata”. I pm hanno dato parere favorevole alla scarcerazione e ai domiciliari per il 21enne, dopo l’istanza della difesa e il gip potrebbe decidere domani. “Non e’ un pentito e non ha paura”, ha detto il legale.
Un carabiniere della Stazione di Briatico, nel Vibonese, era finito nel mirino del locale clan degli Accorinti-Melluso e la consorteria criminale aveva pianificato sin nei dettagli il suo omicidio. A svelarlo è stato oggi il collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, dell’omonimo clan di Briatico, deponendo dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel maxiprocesso nato dalle operazioni della Dda di Catanzaro denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.
Il militare dell’Arma, ad avviso del collaboratore, sarebbe stato inviso al clan poiché troppo ligio al proprio lavoro e doveva essere ucciso mentre era solito fare pesca subacquea in luoghi appartati della scogliera di Briatico. Un uomo del clan doveva immergersi in acqua ed eliminarlo, mentre successivamente un gommone con a bordo altri esponenti della consorteria criminale doveva prelevare il corpo e farlo sparire. “Ho poi riflettuto attentamente su tale programmato omicidio – ha dichiarato in aula il collaboratore Accorinti – e ho desistito poichè avendo già dei procedimenti penali in corso per aver offeso e minacciato in un’occasione tale carabiniere, in caso di un suo omicidio i sospetti delle forze dell’ordine sarebbero ricaduti subito su di me”.
Potrebbe chiudersi nel giro di poco tempo l’udienza preliminare che si aprirà dopodomani a Milano in cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè con altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società rispondono di truffa aggravata all’Inps sul caso Visibilia. La procura contesta presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale che, in assenza di risarcimento, dovrebbe chiedere di essere parte civile e quindi presentare il conto.
Quello che prenderà il via tra due giorni è il secondo procedimento istruito dai pm milanesi Marina Gravina e Luigi Luzi e l’aggiunto Laura Pedio (ora procuratrice a Lodi) in cui la senatrice di Fdi rischia di finire a dibattimento. La scorsa settimana è cominciata l’udienza preliminare per false comunicazioni sociali a carico della parlamentare e altri 19 persone, anche giuridiche, e che pur procedendo spedita, dovrebbe terminare alla fine di novembre Il caso della presunta truffa, salvo imprevisti, avrà tempi più rapidi. Da quanto si è saputo la gup Tiziana Gueli, salvo particolari questioni o eccezioni, dovrebbe fissare un paio o forse tre udienze, essendo gli imputati in tutto cinque.
Quindi la decisione se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio della procura ed eventualmente, tramite il suo legale, di Inps non dovrebbe arrivare tra molto. Secondo la ricostruzione l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti. Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva.
Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.
Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio'”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio. Per novembre è atteso il deposito della relazione del curatore fallimentare, dopo di che i pubblici ministeri decideranno come muoversi.
Giudizio immediato per il tenente colonnello Sergio Turini, ex comandante dei carabinieri di Prato, l’imprenditore pratese Riccardo Matteini Bresci, ad dell’azienda “Gruppo Colle”, e Roberto Moretti, titolare di un’agenzia investigativa a Torino. Per i tre, accusati, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine il processo si aprirà il prossimo 9 dicembre al tribunale di Prato, sede ritenuta competente dal gip perché nel Pratese sarebbero avvenuti i reati i reati più gravi contestati dalla procura di Firenze.
Il giudice ha accolto la richiesta della procura tuttavia gli imputati, che da giugno sono sottoposti alla misura cautelare attualmente degli arresti domiciliari, potranno chiedere di essere ammessi al patteggiamento o al rito abbreviato. Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire loro informazioni.
Almeno 99 gli accessi individuati, nel corso delle indagini. Avrebbe fornito a Matteini Bresci anche notizie su indagini, coperte da segreto, relative a dipendenti. In cambio, l’imprenditore avrebbe pagato un viaggio negli Usa al figlio del tenente colonnello e interceduto con il sottosegretario agli affari esteri Giorgio Silli (non indagato) perché si attivasse con il comando generale dell’Arma dei carabinieri per garantire la permanenza di Turini a Prato. Sempre il tenente colonello, secondo l’accusa, avrebbe procacciato clienti all’amico Roberto Moretti fornendogli informazioni ricavate abusivamente dalla banca dati in uso alle forze dell’ordine in cambio di vini pregiati.
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