In un’intervista al Corriere della Sera, Monica Maggioni(foto Imagoeconomica in evidenza) racconta la sua carriera, dagli esordi in Rai fino ai ruoli di direttrice del Tg1 e presidente della Rai. Figlia di un operaio sindacalista della Pirelli e di una madre impiegata al Giorno, la sua infanzia è stata segnata dall’impegno politico del padre e dall’influenza del giornalismo vissuto attraverso i racconti materni.
L’infanzia segnata dall’impegno sindacale del padre
Monica Maggioni ricorda con emozione il padre, sindacalista della Cisl e figura chiave nelle lotte operaie della Milano degli anni Sessanta e Settanta. Racconta un episodio mai svelato prima: il giorno in cui il padre subì un processo politico da parte delle Brigate Rosse dentro casa loro.
“Ero una bambina, avrò avuto nove o dieci anni, quando una sera sentimmo bussare violentemente alla porta. Mio padre, intuendo la situazione, mi afferrò e mi trascinò in camera da letto. Curiosa com’ero, mi affacciai di nascosto e vidi questi ragazzi con l’eskimo e la barba lunga che lo chiudevano in salotto per sottoporlo a una sorta di processo del popolo. Per loro, i sindacalisti erano avversari più pericolosi dei padroni delle fabbriche”.
Nonostante la paura di possibili ritorsioni, il padre mantenne la sua posizione e continuò il suo impegno sindacale.
MONICA MAGGIONI GIORNALISTA (foto Imagoeconomica)
L’eredità materna e la passione per il giornalismo
Se l’impegno sociale e politico arrivava dal padre, la passione per il giornalismo nasce invece dalla madre, segretaria al Giorno e in contatto con grandi firme come Tiziano Terzani, Giampaolo Pansa e Marco Nozza.
“Il sogno di fare la giornalista è maturato ascoltando per interposta persona le loro storie, respirando quell’aria. Ricordo ancora il primo libro che mia madre mi regalò: Penelope alla guerra di Oriana Fallaci. Forse senza di lei non avrei mai scelto questa carriera”.
Gli studi e il primo contatto con il giornalismo
Dopo un liceo scientifico durissimo a Lecco e una laurea in lingue alla Cattolica di Milano, Maggioni rifiutò l’idea di rimanere all’università come ricercatrice. Il giornalismo era la sua strada, ma iniziò da zero, lavorando in piccole tv locali e scrivendo per riviste di moda.
“Un giorno, mia madre sentì alla radio che la Rai stava per bandire un concorso per giovani giornalisti. Ne parlammo e litigammo. Le dissi: ‘Ma davvero credi che alla Rai aspettino me? È pieno di raccomandati!’. Lei, senza dirmi nulla, mi iscrisse. Superai tutte le selezioni, e più andavo avanti più me la prendevo con lei. Alla fine, però, quel concorso mi cambiò la vita”.
Dalla guerra in Medio Oriente alla direzione del Tg1
Dopo un periodo a Euronews, Maggioni entrò definitivamente in Rai e iniziò la carriera da inviata.
“Nel 2000, quando Ariel Sharon fece la famosa passeggiata sulla spianata delle Moschee, il direttore del Tg1, Gad Lerner, mi chiese se me la sentissi di partire per raccontare la Seconda Intifada. Dissi subito di sì. Da lì non mi sono più fermata: Medio Oriente, Iraq, Africa”.
Successivamente, dopo un periodo come conduttrice del Tg1, divenne direttrice di RaiNews e poi, inaspettatamente, presidente della Rai.
“Ero in viaggio con il ministro Gentiloni in Iran quando iniziarono ad arrivarmi messaggi: ‘Sei in corsa per la presidenza della Rai?’. Pensavo fosse uno scherzo, invece era tutto vero. Partii per Teheran da giornalista, tornai a Roma da presidente della Rai”.
Newsroom, il nuovo progetto e il futuro del giornalismo
Oggi Monica Maggioni è tornata alla conduzione con il programma Newsroom su Rai 3, che definisce la sua “creatura prediletta”.
“Newsroom è giornalismo puro, con un tocco che ricorda i film di Guy Ritchie, il mio regista preferito”.
Riguardo alle difficoltà incontrate nella sua carriera, Maggioni ammette di essersi fatta dei nemici, ma dice di non portare rancore:
“Molti mi considerano una nemica, ma io non ho mai odiato nessuno perché non invidio nessuno. Lavoro per i miei obiettivi e sono felice per i successi degli altri. Se proprio devo ammettere un’invidia… è per chi fa bellissime vacanze!”.
La Guardia di Finanza di Napoli ha eseguito un sequestro preventivo nei confronti di otto elicotteri riconducibili a quattro soggetti residenti a Pompei, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla procura di Torre Annunziata. Le indagini hanno rivelato che, fino a novembre 2024, gli indagati avrebbero svolto attività di air taxi e voli panoramici senza le necessarie autorizzazioni, configurando l’impiego abusivo di aeromobili a scopo di lucro.
Lanci di petali e voli tra ostacoli
Tra gli episodi più eclatanti finiti sotto la lente degli investigatori figura il lancio di petali di rose in volo dopo un matrimonio, un’attività non solo scenografica ma anche potenzialmente pericolosa. Gli elicotteri, secondo gli inquirenti, non risultavano sottoposti ad ispezioni periodiche e le procedure di manutenzione non rispettavano gli standard europei previsti per i mezzi adibiti a scopi commerciali.
Turisti con bagagli sui comandi di volo
Ancora più gravi le irregolarità riscontrate a bordo: in diversi casi i piloti avrebbero trasportato turisti con i bagagli appoggiati sui comandi di volo o non correttamente stivati. Inoltre, le aree di decollo e atterraggio erano spesso collocate in prossimità di ostacoli pericolosi, come scuole, ferrovie e tratte autostradali, con gravi rischi per la sicurezza pubblica.
Tre elicotteri già sequestrati
Le operazioni di sequestro sono ancora in corso. Al momento, sono tre gli elicotteri già posti sotto sequestro, mentre proseguono le attività di accertamento e perquisizione nei confronti degli indagati e delle società riconducibili a loro.
(La foto in evidenza ha solo uno scopo illustrativo ed è stata realizzata con sistemi di intelligenza artificiale)
Settembre 2022: Anm sostituisce la fune di trazione della funicolare Centrale, operazione che richiese la chiusura dell’impianto per un solo giorno. Il cavo, in acciaio, lungo 1,5 chilometri e del peso di 13 tonnellate, era stato installato nell’ambito della manutenzione straordinaria ventennale eseguita da Leitner. Tutto regolare, con un intervento rapido che sembrava garantire sicurezza e durata.
Un nuovo problema dopo due anni e mezzo
Sono passati poco più di due anni e mezzo e la funicolare ha nuovamente chiuso per motivi tecnici. Alle 7 del mattino, gli utenti hanno trovato le porte delle stazioni chiuse con un cartello che parlava di «verifiche tecniche inderogabili fino a cessate esigenze». Nessuna spiegazione precisa, né tempistiche sul ripristino. Chi si trovava all’Augusteo ha dovuto ripiegare sulla metropolitana, mentre altri hanno usato la funicolare di Chiaia o affrontato a piedi i 500 scalini del Petraio.
Il silenzio di Anm e la reazione della politica
Per ore, nessuna comunicazione ufficiale da Anm. Solo nel pomeriggio, intorno alle 16, è arrivata una nota: «Durante le operazioni di manutenzione ordinaria si è rilevata la necessità di approfondire alcuni aspetti tecnici dell’impianto». Non un cenno alla fune, elemento invece al centro del confronto con Ansfisa, l’agenzia del ministero dei Trasporti per la sicurezza degli impianti a fune.
La fune da sostituire: spunta un’anomalia
Secondo quanto trapelato da fonti sindacali, durante gli esami strumentali sono emerse possibili criticità nella fune installata nel 2022. Nessun rischio imminente, ma la decisione è stata quella di sostituirla per precauzione, forse anche sull’onda emotiva della recente tragedia della funivia del Faito. L’origine del deterioramento così rapido non è ancora chiara.
Riapertura prevista il 30 aprile
La funicolare resterà chiusa fino a mercoledì 30 aprile. Tempi lunghi, probabilmente legati all’arrivo del nuovo cavo da fuori Italia. Intanto, per alleviare i disagi, la funicolare di Montesanto prolungherà gli orari di esercizio: venerdì e sabato fino alle 2, domenica fino a mezzanotte e trenta.
Anche la Linea 6 in tilt
Nella stessa giornata, disagi anche sulla linea 6 della metropolitana, chiusa per oltre un’ora a causa di una verifica urgente al software di gestione.
Nessun ragazzo è perduto. Il cambiamento è sempre possibile. Vietato arrendersi. Sono le tre regole non scritte che guidano da anni il lavoro instancabile di Eugenia Carfora (foto Imagoeconomica in evidenza), dirigente dell’Istituto superiore “Francesco Morano” di Caivano, nel cuore del Parco Verde, una delle realtà più difficili della provincia di Napoli. Da quando è arrivata, nel 2007, ha fatto della scuola un presidio di legalità, bellezza e speranza.
La sfida iniziata dai banchi
All’arrivo della preside, il “Morano” era una scuola dimenticata, con uscite di sicurezza ostruite, aule fatiscenti e strutture abbandonate. Eugenia Carfora ha ripulito muri e coscienze, ha coinvolto genitori, professori e studenti in una grande operazione di rigenerazione. Oggi l’istituto è un modello: ha una palestra funzionale, un orto per l’indirizzo agrario, laboratori moderni per informatica e meccatronica, una cucina per l’alberghiero. E soprattutto ha ritrovato la dignità.
Una serie tv per raccontare la sua storia
La sua vicenda sarà al centro di una serie tv Rai1 intitolata “La preside”, diretta da Luca Miniero e interpretata da Luisa Ranieri, che ha conosciuto personalmente la dirigente. «Non pensavo di dovermi esporre così per salvare un ragazzo o dire che la scuola è bella», ha commentato Carfora, commossa ma determinata. La fiction punta a raccontare la forza della scuola pubblica e il valore della cultura in territori difficili.
Una vocazione totale
Instancabile, sempre presente, la preside Carfora vive la scuola come una missione assoluta. «Sono malata di scuola», ammette. Anche a scapito della famiglia: «Ho un marito meraviglioso che è una mia vittima. Non sono stata una buona madre, ma i miei figli oggi sono come me». Non si è mai fermata davanti alle difficoltà: ha affrontato i pregiudizi, è andata a cercare i ragazzi casa per casa, ha sognato l’impossibile.
“Mi voglio spegnere tra i miei ragazzi”
«Mi offende sentir dire “poveri ragazzi” — spiega — perché in quell’espressione c’è già la resa. Io credo che ognuno di loro possa farcela». E quando pensa alla fine, confessa: «Non vorrei morire nel mio letto, ma fra i ragazzi, qui a scuola».