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Mondo di Mezzo, ecco le motivazioni della sentenza della Cassazione che spiega perchè non era mafia

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“Ci sono i vivi sopra e i morti sotto e noi in mezzo, un mondo in cui tutti si incontrano. Il mondo di mezzo e’ quello dove e’ anche possibile che io mi trovi a cena con Berlusconi”. E’ da una frase (intercettata dai carabinieri del Ros) dell’ex esponente dei Nar Massimo Carminati, che distingueva i colletti bianchi (Mondo di Sopra) dai criminali (Mondo di Sotto), che nasce l’inchiesta sul ‘Mondo di Mezzo’, mediaticamente piu’ conosciuta come ‘mafia Capitale’. Un’indagine, firmata dalla procura guidata all’epoca da Giuseppe Pignatone, che deflagra il 2 dicembre del 2014 con decine di arresti e centinaia di indagati e chiama in causa pezzi importanti della politica romana, sia di destra che del centrosinistra, con due personaggi principali sullo sfondo: Carminati, per l’appunto, con i suoi uomini di fiducia, e il responsabile della cooperativa ’29 Giugno’ (che da’ lavoro ad ex detenuti) Salvatore Buzzi, assieme ai suoi collaboratori. Per i pm, i due avrebbero messo in piedi un sodalizio criminoso mafioso che si accaparrava gli appalti (leciti e non) per la manutenzione urbana (come punti verdi e piste ciclabili) e per il sociale (business degli immigrati, ‘in primis’), una torta da milioni di euro ogni anno, coinvolgendo anche i vertici di Ama, l’azienda municipalizzata per i rifiuti. In primo grado, dopo 240 udienze celebrate a carico di 46 imputati nell’aula bunker di Rebibbia e diluite in 20 mesi, il tribunale fa cadere l’accusa di associazione di stampo mafioso e non riconosce l’aggravante del metodo mafioso. Per il collegio giudicante presieduto da Rosanna Ianniello, c’erano a Roma due associazioni per delinquere semplici, una capeggiata da Carminati e l’altra dallo stesso ex militante di destra assieme a Buzzi. La corte d’appello, invece, ribalta tutto e recepisce l’impostazione originaria della procura. La Cassazione, il 22 ottobre scorso, chiude ogni discorso, ‘accusando’ i giudici di merito di essersi appiattiti su quanto la Suprema Corte disse in sede cautelare. Il dibattimento, invece, come aveva capito il tribunale, ha dimostrato che il Mondo di Mezzo era tutto fuorche’ un’organizzazione mafiosa.

Queste le tappe piu’ significative:

– 2 DICEMBRE 2014 – 37 persone arrestate (28 in carcere e 9 ai domiciliari) e decine di perquisizioni ‘eccellenti’, tra cui quella nei confronti dell’ex sindaco Gianni Alemanno, indagato per associazione di stampo mafioso. E’ il primo bilancio dell’operazione ‘Mondo di Mezzo’, condotta dal Ros. Lunga la lista dei reati contestati: estorsione, corruzione, usura, riciclaggio, turbativa d’asta e trasferimento fraudolento di valori.

– 4 GIUGNO 2015 – Nuova ondata di arresti per ‘mafia Capitale’: 19 persone in carcere, 25 ai domiciliari, altre 21 indagate a piede libero e altrettante perquisizioni. Nuove misure cautelari per Carminati e Buzzi. In carcere finisce anche Luca Gramazio, ex consigliere capogruppo Pdl (poi Fi) in consiglio comunale e poi in Regione: e’ ritenuto il ‘volto istituzionale’ di mafia Capitale per aver messo le sue cariche al servizio del sodalizio criminoso con cui avrebbe elaborato “le strategie di penetrazione nella pubblica amministrazione”.

– 5 NOVEMBRE 2015 – Comincia il processo ‘mafia Capitale’ davanti alla decima sezione penale del tribunale. Autorizzate le riprese televisive in aula “alla luce dell’interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento in relazione alla natura delle imputazioni, ai soggetti coinvolti e alla gravita’ dei fatti contestati”.

– 18 DICEMBRE 2015 – Alemanno, in un procedimento stralcio, viene rinviato a giudizio per corruzione e finanziamento illecito dal gup Nicola Di Grazia. Resta indagato a piede libero per associazione di stampo mafioso.

– 18 LUGLIO 2016 – Assoluzione in primo grado per Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e condanna a un anno e 4 mesi di reclusione per Mario Monge, dirigente della cooperativa ‘Sol.Co’, ritenuto responsabile del reato di turbativa d’asta. La sentenza fa riferimento a una presunta attivita’ di interferenza durante l’iter della gara d’appalto (del valore di 90 milioni di euro) per l’assegnazione del servizio Cup (Centro unico di prenotazione), indetto e poi annullato dalla Regione stessa con i primi arresti di ‘mafia Capitale’ del dicembre 2014.

– 7 FEBBRAIO 2017 – Finiscono in archivio le posizioni di 113 indagati su 116 coinvolti per imputazioni piu’ o meno residuali, rispetto al processo principale. Accogliendo le richieste della procura, il gip Flavia Costantini ritiene che per alcune posizioni “le indagini sin qui portate avanti non hanno consentito di individuare elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio”; per tutte le altre, non sono state riscontrate o ritenute credibili le dichiarazioni accusatorie fatte da Buzzi. E cosi’, per il reato di associazione di stampo mafioso escono definitivamente di scena, ad esempio, Alemanno, gli avvocati Pierpaolo Dell’Anno, Domenico Leto e Michelangelo Curti, l’ex capo della segreteria politica di Alemanno Antonio Lucarelli, l’ex responsabile di Ente Eur Riccardo Mancini ed Ernesto Diotallevi, finito nel mirino dei pm perche’ sospettato di essere a Roma il referente di ‘Cosa Nostra’. Archiviazione anche per il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti (indagato per 2 episodi di corruzione e uno di turbativa d’asta), per il suo ex braccio destro Maurizio Venafro (che qui rispondeva di corruzione), per il presidente del Consiglio Regionale del Lazio, Daniele Leodori (turbativa d’asta).

– 27 APRILE 2017 – Nel maxi-processo di primo grado, la procura chiede la condanna di tutti e 46 imputati per complessivi 515 anni di reclusione. Le pene piu’ elevate vengono sollecitate per gli organizzatori o i semplici partecipi dell’associazione di stampo mafioso. Il primo della lista e’ Carminati (28 anni perche’ capo oltre che promotore), seguito da Buzzi (26 anni e 3 mesi), e poi da Riccardo Brugia (25 anni e 10 mesi), Fabrizio Franco Testa (22 anni), Franco Panzironi (21 anni), Matteo Calvio (21 anni), Roberto Lacopo (21 anni), Carlo Pucci (19 anni), Carlo Maria Guarany (19 anni), Paolo Di Ninno (19 anni), Claudio Caldarelli (19 anni), Luca Gramazio (19 anni e 6 mesi), Alessandra Garrone (18 anni e 6 mesi), Nadia Cerrito (18 anni) e Agostino Gaglianone (18 anni).

– 20 LUGLIO 2017 – Il maxi-processo si chiude con 41 condanne e 5 assoluzioni. Niente 416 bis e neppure l’aggravante del metodo mafioso. Per il tribunale, fino al dicembre 2014, hanno agito due associazioni per delinquere ‘semplici’: una che faceva capo a Carminati, con Brugia, Calvio e Roberto Lacopo; e un’altra riconducibile sempre agli stessi Brugia e Carminati insieme con Buzzi, Caldarelli, Cerrito, Di Ninno, Gaglianone, Garrone, Gramazio, Guarany, Cristiano Guarnera, Giuseppe Ietto, Panzironi, Pucci e Testa. Questo l’esito del primo dibattimento con l’elenco dei condannati: Claudio Bolla (6 anni), Stefano Bravo (4 anni e 6 mesi), Riccardo Brugia (11 anni), Emanuela Bugitti (6 anni), Salvatore Buzzi (19 anni), Claudio Caldarelli (10 anni), Matteo Calvio (9 anni), Massimo Carminati (20 anni), Nadia Cerrito (5 anni), Pierina Chiaravalle (2 anni e 8 mesi), Mario Cola (5 anni), Sandro Coltellacci (7 anni), Mirko Coratti (6 anni), Giovanni De Carlo (2 anni e mezzo), Paolo Di Ninno (12 anni), Antonio Esposito (5 anni), Franco Figurelli (5 anni), Agostino Gaglianone (6 anni e mezzo), Alessandra Garrone (13 anni e mezzo), Luca Gramazio (11 anni), Carlo Maria Guarany (5 anni), Cristiano Guarnera (4 anni), Giuseppe Ietto (4 anni), Giovanni Lacopo (6 anni), Roberto Lacopo (8 anni), Guido Magrini (5 anni), Sergio Menichelli (5 anni), Michele Nacamulli (5 anni), Luca Odevaine (6 anni e 6 mesi, che diventano 8 in continuazione con due precedenti patteggiamenti), Franco Panzironi (10 anni), Pier Paolo Pedetti (7 anni), Marco Placidi (5 anni), Carlo Pucci (6 anni), Daniele Pulcini (1 anno), Mario Schina (5 anni e mezzo), Angelo Scozzafava (5 anni), Andrea Tassone (5 anni), Fabrizio Franco Testa (12 anni), Giordano Tredicine (3 anni), Claudio Turella (9 anni), Tiziano Zuccolo (3 anni e mezzo). Assolti Giovanni Fiscon, Giuseppe Mogliani, Fabio Stefoni, Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero.

– 11 SETTEMBRE 2018 – La terza Corte d’appello di Roma, guidata da Claudio Tortora, ribalta la sentenza di primo grado e riconosce il carattere di mafiosita’ a 18 dei 43 imputati del ‘Mondo di Mezzo’ (sotto forma del 416 bis, o del solo concorso esterno e dell’aggravante prevista dall’articolo 7 della legge del 1991), pur infliggendo ai due principali imputati pene piu’ miti. Oltre ai nomi di Carminati (condannato a 14 anni e mezzo) e Buzzi (18 anni e 4 mesi), la lista comprende quelli di Bolla (4 anni e 5 mesi), Brugia (11 anni e 4 mesi), Bugitti (3 anni e 8 mesi), Caldarelli (9 anni e 4 mesi), Calvio (10 anni e 4 mesi), Di Ninno (6 anni e 3 mesi), Gaglianone (4 anni e 10 mesi), Garrone (6 anni e 6 mesi), Gramazio (8 anni e 8 mesi), Guarany (4 anni e 10 mesi), Giovanni Lacopo (5 anni e 4 mesi), Roberto Lacopo (8 anni), Nacamulli (3 anni e 11 mesi), Panzironi (8 anni e 7 mesi), Pucci (7 anni e 8 mesi) e Testa (9 anni e 4 mesi). Altre 15 condanne sono state inflitte per reati che vanno dalla corruzione all’estorsione, alla turbativa d’asta: Esposito (2 anni e un mese), De Carlo (2 anni), Coratti (4 anni e 6 mesi), Coltellacci (4 anni e 6 mesi), Figurelli (4 anni), Cola (3 anni), Guarnera (4 anni e 8 mesi), Magrini (3 anni), Pedetti (3 anni e due mesi), Schina (4 anni), Scozzafava (2 anni e 3 mesi), Tredicine (2 anni e 6 mesi), Zuccolo (9 mesi), Placidi (5 anni) e Tassone (5 anni). Otto in tutto gli assolti: Bravo, Chiaravalle, Ietto, Menichelli, Pulcini (per non aver commesso il fatto) e Cerrito (perche’ il fatto non costituisce reato), tutti condannati in primo grado. Assolti di nuovo Ruotolo e Salvatore, per i quali l’accusa, in entrambi i gradi di giudizio, ha sempre chiesto la condanna per associazione di stampo mafioso. Patteggiano la pena l’ex componente del Tavolo di coordinamento sugli immigrati del Viminale, Odevaine (5 anni e 2 mesi), e l’ex funzionario del X Dipartimento Turella (6 anni).

– 8 FEBBRAIO 2019 – Il pm Luca Tescaroli chiede la condanna a 5 anni di Alemanno (4 anni e mezzo per corruzione piu’ altri 6 mesi per finanziamento illecito) ritenendolo “l’uomo politico di riferimento dell’organizzazione ‘mafia Capitale’ in ragione del suo ruolo apicale di sindaco, nel periodo 29 aprile 2008-12 giugno 2013” e anche perche’ successivamente, una volta diventato consigliere comunale di minoranza in seno al Pdl, e’ rimasto “il punto di riferimento” di Buzzi.

– 25 FEBBRAIO 2019 – Alemanno viene condannato a 6 anni dalla seconda sezione penale del tribunale. – 16 APRILE 2019 – Il gup Costantino De Robbio rinvia a giudizio 13 persone accusate dalla procura di aver detto il falso o di aver taciuto in tutto o in parte quello che sapevano quando sono state convocate come testimoni durante il dibattimento nell’aula bunker di Rebibbia. Il processo, che avra’ inizio il 13 novembre davanti alla settima sezione penale del tribunale, riguardera’, tra gli altri, Antonio Lucarelli, gia’ braccio destro del sindaco Alemanno, e Micaela Campana, parlamentare Pd, gia’ responsabile nazionale per il welfare.

– 20 MAGGIO 2019 – La terza Corte d’appello di Roma infligge un anno di carcere (pena sospesa), 500 euro di multa e divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per dodici mesi a Maurizio Venafro. Confermati i 16 mesi di reclusione attribuiti all’altro imputato, Mario Monge.

– 16 OTTOBRE 2019 – La procura generale della Cassazione chiede ai giudici della sesta sezione penale di respingere i ricorsi delle difese e di confermare la sentenza di appello.

– 18 OTTOBRE 2019 – Le difese dei 32 imputati concludono i loro interventi chiedendo di annullare il giudizio di secondo grado.

– 22 OTTOBRE 2019 – La Cassazione decide che il ‘Mondo di Mezzo’ non era mafia, anche se a Roma i clan ci sono. Viene meno, dunque, il carattere mafioso dell’associazione contestata agli imputati e si riafferma l’esistenza, gia’ riconosciuta in primo grado, di due distinte associazioni per delinquere semplici: l’una dedita prevalentemente a reati di estorsione, l’altra facente capo a Buzzi e Carminati, impegnata in una continua attivita’ di corruzione nei confronti di funzionari e politici gravitanti nell’amministrazione comunale romana ovvero in enti a questa collegati.

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Il rosso e il nero, a San Pietro geografia del potere

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Il rosso porpora dei cardinali e il nero degli abiti in lutto, il bianco delle rose e il marmo bianco del colonnato. Tra cerimoniale e protocollo sul sagrato di San Pietro si è dispiegata la geografia del potere spirituale e temporale racchiusa nella regia sapiente del rito. Le spettacolari immagini dall’alto, realizzate grazie anche all’inedito utilizzo di droni, hanno trasformato piazza San Pietro in una gigantesca scacchiera dell’equilibrio mondiale: da un lato il rosso degli abiti cardinalizi, dall’altro il nero degli abiti dei capi di Stato e consorti sapientemente distribuiti in base a ruolo e peso internazionale. A seguire, in una sorta di sfumatura cromatica, il bianco dei concelebranti e i variopinti completi delle decine di migliaia di fedeli. In prima fila la delegazione italiana e quella argentina alle quali si sono affiancate, con un piccolo strappo al cerimoniale che voleva una disposizione in ordine alfabetico francese, quelle dei principali governi europei e mondiali, dalla Francia agli Stati Uniti, passando per la Spagna e l’Ucraina. L’unico outfit blu, invece del tradizionale nero, è stato quello del presidente americano, Donald Trump che, in prima fila, si trovava tra Filippo di Spagna ed Emmanuel Macron. Zelensky per un giorno ha dismesso maglietta e pantaloni tecnici in verde militare per vestire di nero. Poi le first ladies di ieri e di oggi e nobili col capo coperto da un velo nero, da Melania Trump a Jill Biden, da Silvia di Svezia a Letizia di Spagna. Victoria Starmer ha preferito però un cappello con veletta. Capo coperto anche per la figlia del presidente Mattarella, Laura. Giorgia Meloni, Ursula Von der Leyen e Brigitte Macron non hanno rinunciato allo stile rigoroso ma senza veletta. L’austerità della celebrazione a piazza San Pietro ha lasciato poi spazio alle rose bianche con cui i poveri e i migranti hanno accolto il feretro di Francesco a Santa Maria Maggiore, proprio come lui avrebbe voluto. Gli zuccotti rossi dei cardinali si confondevano con le giacche beige dei fedeli o le magliette dell’Argentina, ai jeans strappati e gli smanicati rossi. Ad accompagnare il feretro verso la cappella dove poi Bergoglio è stato tumulato prima i domenicani, con il loro tradizionale – ed umile – abito nero e bianco, e poi quattro bambini. Nelle loro mani due cesti di rose bianche offerte dai poveri davanti all’altare della Basilica tanto cara a Francesco. Lo stesso altare sul quale, dopo le dimissioni dal Gemelli, il Pontefice decise di far deporre a sorpresa i fiori gialli della signora Carmela. Che, anche oggi, immancabile, ha deciso di prender parte alle esequie, tra i Grandi della Terra e gli “ultimi del mondo”.

(Foto in evidenza di Imagoeconomica)

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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