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Minerali critici e terre rare: gli Stati Uniti trattano con il Congo per un’esclusiva sulle risorse

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L’accaparramento delle risorse minerali critiche e delle terre rare sta diventando una delle priorità dell’amministrazione Trump, che ha avviato trattative con diversi Paesi per garantirsi un’esclusiva nell’estrazione di materiali essenziali per il settore energetico, tecnologico e aerospaziale.

Tra le aree più strategiche figurano l’Ucraina orientale, la Groenlandia e la Repubblica Democratica del Congo (RDC), dove le tensioni e i conflitti armati rendono ancora più complesso il controllo delle risorse. Mentre in Ucraina la guerra continua, nel nord-est del Congo è riesploso il conflitto tra l’esercito e le milizie ribelli M23, in una battaglia che ha come posta in gioco proprio le miniere del Kivu, da cui provengono rame, nichel, cobalto e coltan, materiali indispensabili per la produzione di telefonini, auto elettriche, missili e tecnologia nucleare.

L’accordo proposto da Washington a Kinshasa

Secondo fonti di Bloomberg News e del Financial Times, gli Stati Uniti avrebbero avviato negoziati con il governo congolese per ottenere l’esclusiva nell’esplorazione e nell’estrazione delle risorse minerali strategiche in cambio di garanzie sulla sicurezza.

Il presidente della RDC, Félix Tshisekedi, avrebbe inviato una lettera al Segretario di Stato americano Marco Rubio, stimando che il valore delle risorse del sottosuolo congolese ancora da sfruttare ammonta a 24 trilioni di dollari. Tra questi, il 70% del cobalto mondiale, ma anche oro, diamanti, stagno, tungsteno, petrolio e gas naturale.

L’accordo ipotizzato prevederebbe:

  • Diritti esclusivi di estrazione per le aziende americane;
  • Controllo sulle esportazioni dei minerali;
  • Intervento degli USA per garantire la stabilità della regione e la protezione del governo di Kinshasa.

Il principio alla base della proposta di Washington è lo stesso già espresso dal vicepresidente JD Vance all’ucraino Zelensky: “La migliore garanzia di sicurezza è la presenza di aziende americane sul territorio”.

Il conflitto in Congo e l’instabilità della regione

La situazione in Repubblica Democratica del Congo è esplosiva. Dal gennaio 2025, in concomitanza con l’insediamento di Trump, il conflitto tra l’M23, una milizia filo-ruandese, e l’esercito congolese ha ripreso vigore. La regione del Nord e Sud Kivu, al confine con Uganda, Ruanda e Burundi, è teatro di una guerra che coinvolge anche le milizie locali dei Wazalendo, note per la loro ferocia nei confronti della popolazione civile.

Negli ultimi giorni:

  • I combattimenti hanno causato numerose vittime nelle città di Goma e Bukavu;
  • Sono stati segnalati scontri interni tra fazioni dei Wazalendo, che hanno provocato morti nel Nord Kivu;
  • 35 civili sono stati uccisi nel villaggio di Tambi da miliziani filogovernativi;
  • L’M23 ha assaltato un ospedale a Goma, sequestrando pazienti e infermieri e uccidendo soldati ricoverati.

Il governo congolese ha promesso una ricompensa di 5 milioni di dollari a chi fornirà informazioni utili per la cattura dei leader dell’M23:

  • Corneille Nangaa, capo dell’Alleanza del Fiume Congo;
  • Bertrand Bisimwa, presidente del movimento;
  • Sultani Makenga, capo militare.

I tre leader sono stati condannati a morte in contumacia nell’agosto 2024.

Il ruolo del Ruanda e le accuse di contrabbando di minerali

Kinshasa ha ripetutamente accusato il Ruanda di alimentare il conflitto nel Kivu per controllare illegalmente il traffico di minerali. Secondo il governo congolese, Kigali importerebbe materiali preziosi di contrabbando, sfruttando il controllo dell’M23 sull’area.

L’Unione Europea, che ha un accordo decennale da 935 milioni di dollari con il Ruanda, ha espresso la possibilità di imporre sanzioni, ma finora nessuna misura concreta è stata adottata.

Gli Stati Uniti alla conquista delle terre rare

L’azione americana in Congo fa parte di una più ampia strategia per garantire l’accesso esclusivo alle risorse strategiche, in un contesto di competizione globale con la Cina, che ha già consolidato la sua presenza nel settore minerario di diversi Paesi, tra cui il Brasile e altre nazioni africane.

Dopo lo slogan “Drill, baby, drill” (trivellare) lanciato da Trump per incentivare la produzione energetica interna, la nuova politica internazionale della Casa Bianca si potrebbe sintetizzare in “Deal, baby, deal”: accordi economico-politici per il controllo delle risorse naturali in aree strategiche.

Con il nord-est del Congo diventato un campo di battaglia per il dominio sulle miniere, il negoziato tra Washington e Kinshasa potrebbe ridisegnare gli equilibri geopolitici ed economici della regione, con il rischio di alimentare nuove tensioni e conflitti.

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Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

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Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

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Il deputato Chiquinho Brazão accusato dell’omicidio di Marielle perde il mandato

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La Camera dei deputati del Brasile ha dichiarato giovedì 24 aprile la perdita del mandato del deputato federale Chiquinho Brazão, uno dei rinviati a giudizio accusati di aver agito come mandante dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, nel 2018. Lo rende noto Agência Brasil. La decisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Camera ed è stata giustificata sulla base dell’articolo della Costituzione che determina la perdita del mandato del parlamentare che “non si presenti in ogni sessione legislativa a un terzo delle sessioni ordinarie della Camera”.

Brazão è stato arrestato nel marzo dello scorso anno ma ha lasciato il carcere all’inizio di aprile di quest’anno dopo che il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, ha concesso gli arresti domiciliari all’oramai ex deputato. Nella sua decisione, Moraes ha concordato con il bollettino medico presentato dal carcere di Campo Grande dove era recluso secondo il quale, Brazão ha una “delicata condizione di salute” con “alta possibilità di soffrire un malore improvviso con elevato rischio di morte”.

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Lavrov, Trump ha ragione su direzione Russia-Usa su Ucraina

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“Donald Trump ha ragione ad affermare che Stati Uniti e Russia si stanno muovendo nella giusta direzione per quanto riguarda la risoluzione del conflitto ucraino”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista alla Cbs, riporta la Tass. “Il presidente degli Stati Uniti crede, e ritengo a ragione, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Le forze armate russe – ha detto ancora Lavrov – stanno conducendo attacchi in Ucraina solo contro obiettivi militari o siti utilizzati dall’esercito ucraino. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già ribadito in più occasioni”.

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