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Cronache

Minacce e richieste estorsive via Whatsapp alle vittime, arrestati sette ragazzi a Baiano: sembra Gomorra o la Paranza dei bambini in salsa irpina

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Dalle prime ore della mattinata odierna, i Carabinieri della Compagnia di Baiano sono impegnati nell’esecuzione di misure cautelari emesse dall’Ufficio del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Avellino nei confronti di sette persone ritenute responsabili, in concorso, di “Tentata estorsione”, “Porto e detenzione illegale di armi” “Lesioni personali aggravate” e, per uno di essi, in concorso con altri due in corso di identificazione, anche di “Sequestro di persona”.  Il nome in codice dell’operazione è “Whats App” perché i giovani criminali spesso usavamo questo sistema di messaggistica social per minacciare punizioni o ritorsioni se i coetanei non avessero pagato il pizzo per stare tranquillo. Uno spaccato inquietante della società della provincia irpina, normalmente tranquilla operosa e serena che sembra invece ricalcare per effetto di una perversa emulazione le ombre di una Gomorra o dell’ultima fiction La Paranza dei bambini. E però non è la fiction e non siamo in una area preferita degradata e abbandonata di una grande metropoli ma nella provincia irpina. A Baiano.

Gli accadimenti oggetto del provvedimento si riferiscono ad una sequenza di allarmanti azioni violente perpetrate in brevissimo lasso di tempo dagli indagati, in particolare nei confronti di un commerciante di Monteforte Irpino (AV). 

Tutto ha inizio con un tentativo di affermazione di predominio di un gruppo di soggetti residenti sul territorio di Monteforte Irpino, attuato attraverso una richiesta estorsiva, ovvero la pretesa del 20 % degli incassi della giornata, in cambio di “protezione” rivolta alla vittima che, rifiutando di aderire al versamento delle somme di denaro, a quelli che, di lì a poco, sarebbero diventati i suoi aguzzini, diveniva bersaglio di un’escalation di violenze. 

L’attività investigativa, svolta dai Carabinieri della Stazione di Monteforte e del Nucleo Operativo della Compagnia di Baiano,  coordinata dalla Procura della Repubblica di Avellino, è iniziata nel settembre 2018  ed ha avuto origine da una richiesta estorsiva, in puro stile “camorristico”,  avanzata da uno degli indagati, 26enne del luogo, il quale, pochi giorni dopo l’apertura di un’attività commerciale da parte della compagna di un cittadino pakistano, si presentava con fare arrogante presso il suo negozio, destando l’allarme della titolare e dei suoi genitori.  Di lì a poco, il giovane, informato di quanto avvenuto, riusciva a contattare il “malvivente” a pochi passi dall’esercizio commerciale, per chiedergli spiegazioni in merito al suo comportamento, ricevendo a quel punto una richiesta inequivoca, profferita con tono minaccioso: “Devi darmi il 20% degli incassi dell’attività perché qui comando io!”. Lo stesso, nell’occorso, era costretto a salire a bordo della propria autovettura con il giovane estorsore a cui lungo il tragitto percorso si sono aggiunti altri due complici e obbligato dapprima a dirigersi verso Napoli, per poi invece obbligarlo a fermarsi in una zona isolata del Comune di Monteforte, ove veniva minacciato con una pistola, dopo che l’utilizzatore aveva scarrellato, che gli veniva continuamente puntata contro. Minacce, consistite nel prospettare danni alla persona e ai beni della vittima, alludendo alla capacità di garantire a lui ed all’attività commerciale della compagna la “protezione”, nonché invitandolo reiteratamene ad andare via dal territorio, implicitamente alludendo a possibili conseguenze dannose in caso di mancata adesione all’invito.

Quindi, dopo aver subito un vero e proprio sequestro di persona ed essere stato percosso alla testa con schiaffi e pugni, temendo per la propria incolumità, dopo essere stato “liberato”, anziché cedere alle richieste, decideva, in preda al terrore, di allertare il 112, richiedendo l’intervento dei Carabinieri e riferendo quanto accaduto nonché di temere per la propria incolumità.

La mancata immediata adesione all’illecita pretesa da parte del cittadino pakistano, induceva l’aguzzino a dare avvio ad una vera e propria escalation criminale che, sulla spinta della richiesta iniziale, si tramutava in poche ore in manifestazioni di sopraffazione verso quella che oramai era una vittima da piegare a tutti i costi al suo volere. 

Vengono a questo punto direttamente coinvolti nelle azioni criminose la sorella del 26enne ed il compagno di quest’ultima 45enne, oltre alla cerchia di amici legati da consolidati rapporti di frequentazione.

E, difatti, l’aguzzino insieme alla sua cerchia di amici ed al “cognato”, organizzavano e realizzavano,  la sera del 17 settembre 2018, armati di spranghe, bastoni, coltelli (poi rinvenuti nascosti in una siepe dai Carabinieri intervenuti), ed utilizzando anche un taser, una vera e propria spedizione punitiva, recandosi presso l’esercizio commerciale, un feroce pestaggio avvenuto selvaggiamente con calci pugni schiaffi,  procurando loro policontusioni in diverse parti del corpo, che solo grazie all’intervento di altri cittadini pakistani, presenti nel locale, non sortiva più gravi conseguenze. Tutti gli indagati agivano supportati:” dalla deprecabile forza del gruppo, con premeditazione ed armati, con suddivisione di ruoli, in modo preordinato, concorrendo nelle condotte delittuose finalizzate a realizzare l’attività estorsiva ai danni dei cittadini pakistani”. 

L’A.G., concordando con le risultanze dell’attività investigativa svolta dai Carabinieri ha quindi disposto, per i sette indagati, l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, in considerazione della gravità del movente dell’azione, finalizzala a realizzare attività di estorsione ai danni di cittadini che da poco avevano avviato un’attività commerciale sul territorio di Monteforte Irpino.

 

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Sophie Codegoni: «Ho denunciato il mio ex compagno, ma sto vivendo un inferno»

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Sophie Codegoni, 23 anni, influencer da oltre un milione di follower e volto noto del Grande Fratello Vip, racconta per la prima volta con dolore e coraggio il suo calvario. Una storia di violenza psicologica, controllo ossessivo e minacce che l’ha portata a denunciare l’ex compagno Alessandro Basciano, oggi indagato per stalking aggravato.

Un amore nato sotto i riflettori, finito nel terrore

«Tante volte ho pensato: ma chi me l’ha fatto fare di denunciare? È tostissimo. So di aver fatto la cosa giusta, ma sto vivendo un inferno», dice Sophie tra le lacrime. La relazione con Basciano era nata nel 2021 all’interno della casa del GF Vip. Lei aveva 19 anni, lui 31. Dopo il reality, la convivenza a Roma e la nascita della figlia Celine Blue sembravano coronare una storia d’amore. Ma dietro la facciata, si nascondeva un incubo.

La denuncia e il dispositivo anti-stalker

«A dicembre 2023 ho ricevuto l’orologio anti-stalker dai carabinieri. Basta un tasto e arrivano le pattuglie», racconta. Prima, Sophie aveva persino assunto una guardia del corpo per tutelarsi. Ma il vero spartiacque è arrivato con la decisione di tornare dalla sua famiglia, dopo aver scoperto numerosi tradimenti.

Da lì, minacce continue: «Ovunque andassi, lui lo sapeva. Mi scriveva: “Put***, ti tolgo la bambina”». E quando tentava di allontanarsi, le rispondeva con messaggi in cui minacciava il suicidio. Fino all’episodio culminante: «Ha aggredito i miei amici, ha spaccato la loro macchina, poi mi ha chiamata dicendo che avrebbe ammazzato anche me». È stato allora che Sophie ha sporto una seconda denuncia.

Le misure del giudice: divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico

Il 30 aprile 2025 la Corte di Cassazione ha confermato il divieto per Basciano di avvicinarsi a meno di 500 metri da Sophie e dalla figlia, e gli ha imposto il braccialetto elettronico. L’inchiesta è ancora in fase preliminare, ma le prove raccolte — comprese tre anni di chat fornite da Sophie — hanno mostrato, secondo la Procura, un quadro «più infernale di quanto sembrava».

La solitudine dopo la denuncia

Nonostante le misure di protezione, Sophie si dice distrutta: «Mi sento svuotata, piango sempre. Devo mostrarmi forte per mia figlia e per il mio lavoro, ma ogni parola è una ferita». Dopo la scarcerazione di Basciano nel novembre scorso, Sophie ha sentito su di sé lo sguardo del sospetto: «È stato durissimo. Ma ora ho trovato la forza di parlare».

Un messaggio alle donne

«Non ero più io, non sono più io», confessa. Il percorso è ancora lungo, ma Sophie Codegoni — con il sostegno dell’avvocata Jessica Bertolina — ha deciso di non rimanere in silenzio. Una testimonianza potente, che contribuisce a rompere il muro dell’indifferenza e dell’incredulità intorno alla violenza domestica.

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Archiviata l’inchiesta sull’aggressione a Iovino: cadono le accuse contro Fedez

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Il gip ha archiviato l’indagine sull’aggressione al personal trainer Cristiano Iovino, avvenuta nell’aprile 2024, scagionando definitivamente il rapper Fedez. Lo ha reso noto la Procura di Milano, che ha chiesto l’archiviazione per assenza di prove a sostegno dell’ipotesi di una rissa.

Nessuna prova, niente rissa

Secondo quanto stabilito dal giudice, non esistono elementi sufficienti a sostenere l’accusa, e la vicenda non può essere qualificata come una rissa, né tantomeno attribuita con certezza a responsabilità personali del cantante.

Il personal trainer Cristiano Iovino non aveva presentato querela e aveva accettato una transazione economica da 10 mila euro, chiudendo così la vicenda in sede civile.

La reazione della difesa

Soddisfatti gli avvocati di Fedez, Gabriele Minniti e Andrea Pietro-lucci, che in una nota dichiarano: «Viene finalmente esclusa ogni responsabilità del nostro assistito. È la miglior risposta al pesante processo mediatico a cui è stato sottoposto da un anno».

Con questa decisione si chiude ufficialmente un capitolo controverso che ha coinvolto il nome dell’artista per mesi, oggetto di speculazioni e attenzione mediatica, senza che vi fosse mai stata una denuncia da parte della persona coinvolta.

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Se non rispetti l’ordinanza del giudice, paghi ogni giorno: a Verona scatta la linea dura nelle cause di separazione

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Una svolta significativa nei casi di separazione e affidamento dei figli arriva da Verona, dove la sezione Famiglia del Tribunale civile ha cominciato ad applicare una misura finora poco utilizzata, prevista dalla riforma Cartabia: sanzioni pecuniarie giornaliere, anche d’ufficio, per i genitori inadempienti.

La novità introdotta dalla riforma Cartabia

La norma, contenuta nell’articolo 473-bis.39 del Codice di procedura civile, permette al giudice di disporre, anche senza richiesta della parte lesa, una somma da versare per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione di un provvedimento che riguarda il benessere dei figli, sia sul piano economico che relazionale. È uno strumento pensato per garantire l’effettività delle decisioni giudiziarie in materia familiare, contrastando inadempienze gravi.

Due i casi applicati a Verona

Nel primo caso, un padre che si rifiutava di pagare i 300 euro mensili stabiliti per il mantenimento dei figli, sostenendo di avere già sostenuto altre spese, è stato condannato a pagare 100 euro per ogni giorno di ulteriore inadempienza. La minaccia ha funzionato: dopo cinque giorni, e quindi dopo una multa complessiva di 500 euro, l’uomo ha versato quanto dovuto.

Nel secondo caso, ancora più delicato, una madre che tiene il figlio all’estero impedendo gli incontri con il padre è stata condannata a pagare 200 euro al giorno finché non rispetterà l’ordinanza di far collocare il minore anche presso il padre. A nulla sono valse finora una condanna a 3.000 euro di risarcimento e una sentenza del tribunale stranieroche le intima di rimpatriare il figlio: la donna, pur rientrando saltuariamente in Italia, continua a ignorare l’ordinanza del settembre 2024.

Un cambio di passo nei tribunali

Queste misure — spiega il giudice Massimo Vaccari, estensore di una delle ordinanze — servono a tutelare i minori e a far rispettare l’autorità giudiziaria. Non si tratta di strumenti nuovi in assoluto: già esistevano, ma erano applicabili solo su richiesta delle parti. Con la riforma, invece, il giudice può intervenire direttamente quando ravvisa danni o pregiudizi per i figli.

Il messaggio ai genitori separati è chiaro: disattendere le decisioni del giudice costa caro, giorno dopo giorno. E ora il sistema giudiziario sembra pronto a far valere davvero queste regole.

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