L’ispezione ai grossisti che avevano rifornito i negozi dove c’erano in vendita mascherine non regolamentari a prezzi spesso anche esorbitanti. La Finanza ha confermato i sospetti iniziali, ossia che numerosi imprenditori operanti nei più disparati settori commerciali, soprattutto nell’area napoletana hanno “fiutato l’affare” e si sono cimentati nell’importazione di questi articoli, senza preoccuparsi della qualità e della certificazione di sicurezza che accompagna la merce, con il solo fine di lucrare il più possibile nel momento di maggiore domanda del mercato, dovuta anche alla riapertura degli esercizi commerciali e delle imprese produttive che devono approvvigionarsi di questa specifica categoria di dispositivi di sicurezza per proteggere i propri dipendenti e rispettare gli accordi stipulati a livello centrale per la sicurezza nei luoghi di lavoro durante l’emergenza sanitaria.
In 8 accessi ispettivi, infatti, le Fiamme Gialle hanno sequestrato complessivamente più di 1,2 milioni di mascherine per la quasi totalità classificate FFP2 / KN95, ma anche 64.000 mascherine FFP3, tutte risultate prive di idonea certificazione e con marchio “CE” contraffatto in quanto accompagnate da certificati qualitativi rilasciati da enti non accreditati, ovvero relativi ad altri prodotti o, ancora, completamente falsificati.
In particolare la Compagnia di Marcianise ha individuato e sottoposto a sequestro quasi 900mila mascherine facciali con marchio “CE” falso partendo dallo sviluppo delle risultanze di un primo controllo eseguito nei confronti di una società per azioni operante come grossista di articoli da ferramenta con sede operativa in San Marco Evangelista (CE).
Presso il magazzino della società sono stati, infatti, rinvenuti numerosi pacchi contenenti complessivamente oltre 132.500 mascherine facciali di provenienza cinese con il marchio certificativo “CE”, che dovrebbe rappresentare il lasciapassare di sicurezza per la vendita di prodotti fabbricati fuori dall’Unione Europea, apposto sulla base di un “Certificate of Compliance” rilasciato da un soggetto non abilitato alla certificazione comunitaria.
Peraltro la documentazione esibita era del tutto similare a quella già presente sui siti dell’ente ufficiale nazionale di accreditamento in un apposito “warning” per prevenire la diffusione di tali sistemi di frode e dopo pochi giorni oggetto anche di uno specifico servizio giornalistico di una notissima trasmissione televisiva.
La falsa marcatura CE ingenerava infatti nei clienti l’ingannevole convinzione di utilizzare presidi capaci di filtrare con efficacia eventuali agenti patogeni e di garantire, di conseguenza, una maggiore protezione dal rischio di contagio rispetto alle ordinarie mascherine non certificate, giustificando così anche il prezzo maggiorato di questi prodotti.
Peraltro, il commerciante non si era preoccupato neanche di verificare se la merce fosse stata importata con la procedura “in deroga” prevista dalla normativa emergenziale, che prevede la possibilità di importare o produrre tali dispositivi di protezione in assenza della ordinaria certificazione comunitaria (marchio CE), ma solo se si ottiene l’autorizzazione dell’Istituto Superiore di Sanità (per le mascherine chirurgiche) o dell’INAIL (per i dispositivi di protezione individuale che vengono destinati ad uso professionale per la protezione dei lavoratori).
In realtà il grossista ispezionato, peraltro operante nello specifico settore dei dispositivi di sicurezza per i lavoratori e quindi sicuramente a conoscenza degli obblighi normativi che vincolano la produzione e la distribuzione di questa tipologia di prodotti, ha volontariamente acquistato tali prodotti su un mercato parallelo e incontrollato per eludere le limitazioni normative vigenti e assicurarsi una ingente fornitura di merce da collocare subito sul mercato.
Ulteriore conferma della spregiudicata politica di accaparramento delle mascherine si ricavava dal fatto che pur essendo un operatore professionale del settore con unità locali anche in altre regioni d’Italia, il grossista aveva acquistato la partita di merce da un importatore “improvvisato” che opera nel campo dei “bed and breakfast” e nella produzione di abbigliamento con magazzino in Palma Campania (NA).
L’immediata estensione dei controlli presso l’importatore, ha quindi permesso di rinvenire oltre 556.000 mascherine acquistate per lo più da una società con sede in Ungheria, ma provenienti direttamente dalla Cina, tutte aventi le medesime caratteristiche di quelle già sequestrate nell’ingrosso di ferramenta, ovvero accompagnate da un certificato di qualità con l’apposizione di un marchio “CE” contraffatto.
Sono state, dunque, eseguite diverse perquisizioni nelle province di Napoli, Roma e Modena presso diversi acquirenti finali delle mascherine già distribuite al dettaglio. Sono state, inoltre, intercettate presso un corriere espresso di Arzano (NA) altre due spedizioni di mascherine analoghe provenienti direttamente dalla Cina e destinate al mercato nazionale.
Contemporaneamente, la scorsa settimana la Compagnia di Caserta ha eseguito una serie di sequestri che hanno consentito di togliere dal mercato complessivamente oltre 375.000 maschere FFP2 e FFP3.
Anche in questo caso partendo da una serie di interventi eseguiti presso piccoli rivenditori al dettaglio come tabaccai e ferramenta, sono state ricostruite, attraverso un’attenta disamina della documentazione commerciale e tecnica nonché con l’esecuzione di attività di sopralluogo e pedinamento, le filiere di approvvigionamento, risalendo ai grossisti ed infine agli importatori dei prodotti, provenienti direttamente dalla Cina.
In particolare, il 19 maggio i finanzieri accedevano presso un ingrosso di articoli di elettronica di Casoria dove rinvenivano circa 21.000 mascherine FFP2 riportanti il marchio “CE” falsificato e accompagnate da una certificazione altrettanto falsa rilasciata da un ente non accreditato. Sono stati inoltre sequestrati 565 termo-scanner sprovvisti del regolare marchio CE previsto per tali dispositivi medici.
Il giorno successivo, l’intervento ha riguardato un importatore con uffici a Napoli e deposito a Casoria, operante nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, con consolidati rapporti commerciali con l’estremo oriente, che da ultimo ha deciso anche lui di investire nel redditizio “business delle mascherine”. Soltanto nell’ultimo mese aveva importato dalla Cina ben 300.000 mascherine che aveva poi rivenduto su tutto il territorio nazionale ed in particolare sul mercato campano. Nel magazzino sono stati rinvenuti oltre 221.000 dispositivi di protezione individuale, accompagnati da certificazioni di conformità che, sebbene fossero state rilasciate da enti abilitati, facevano riferimento ad altra tipologia di prodotto, sia con riguardo al produttore che al modello.
Infine, il 22 maggio, è stata la volta di un altro importatore, con sede a San Prisco, dove in un deposito della società, attiva nel settore del commercio di elettrodomestici ed elettronica, anch’essa con stretti legami con fornitori cinesi, erano immagazzinate circa 133.000 mascherine FFP2 e FFP3 scortate da certificazioni autentiche, ma riferibili a dispositivi di altra natura. In quest’ultima circostanza venivano sottoposte a sequestro anche circa 800 etichette riportanti informazioni ingannevoli.
Queste ultime operazioni delle fiamme gialle casertane hanno quindi consentito di disarticolare diverse filiere distributive di maschere professionali filtranti non a norma e di denunciare alla competente Autorità Giudiziaria per falsificazione dei marchi e frode in commercio ben 10 responsabili, tra grossisti e/o importatori, che alimentavano il mercato al dettaglio locale.
Sommando l’esito di questi ultimi sequestri ai numerosi interventi già svolti recentemente nei confronti di diverse categorie di dettaglianti, i Reparti del Comando Provinciale di Caserta dall’inizio dell’emergenza hanno tolto dal mercato oltre 1,5 milioni di mascherine FFP2 o FFP3 non certificate, a dimostrazione del costante impegno profuso nel presidiare il territorio al fine di individuare le imprese che, approfittando dell’emergenza sanitaria in corso, convertono la propria attività, dedicandosi alla importazione e al commercio illegale di questo genere di prodotti irregolari, ingenerando nel consumatore la convinzione di acquistare dispositivi con una maggiore capacità filtrante e quindi di protezione dal contagio, ma in realtà assolutamente non controllate circa la loro effettiva corrispondenza agli standard qualitativi dichiarati, e peraltro rivenduti spesso con ricarichi altissimi rispetto al prezzo originario di acquisto.
Primo maggio bollente: in arrivo la prima ondata di calore africano del 2025
Prima ondata di calore africano del 2025: temperature oltre i 30 gradi in molte città italiane per il Primo Maggio. Ma il caldo durerà poco: in arrivo temporali e aria fresca dal Nord.
Il ponte del Primo Maggio segnerà l’arrivo della prima vera ondata di calore del 2025, con temperature ben al di sopra delle medie stagionali. Dopo un mese di aprile più piovoso del solito, è in arrivo un robusto anticiclone africano che porterà picchi di calore fino a 34 gradi a Siracusa, 31 a Catania, 30 a Foggia e nel Cagliaritano.
Caldo anomalo anche al Nord
Anche Milano e il Nord Italia si preparano a un insolito caldo: venerdì il capoluogo lombardo potrebbe toccare i 29 gradi, superando il precedente record di 27,6 °C registrato nel 2000. Le temperature saranno superiori di 7-8 gradi rispetto alle medie del periodo e lo zero termico si alzerà fino a 3.800 metri di quota, come a luglio.
«L’anticiclone africano è in anticipo rispetto agli anni scorsi e si estenderà fino al cuore dell’Europa», spiega Mattia Gussoni, meteorologo di iLMeteo.it. «Stiamo assistendo a un allungamento della stagione estiva, che ormai parte da fine aprile e può arrivare a ottobre inoltrato».
Escursioni termiche e mari ancora freddi
Sebbene le temperature massime raggiungeranno valori estivi, le minime notturne resteranno più contenute, con escursioni termiche fino a 20 gradi in alcune aree, come Puglia e Sardegna. Le zone costiere adriatiche saranno in parte risparmiate dal caldo eccessivo grazie all’azione mitigatrice dei mari ancora freddi.
Ma il caldo durerà poco: da domenica tornano piogge e grandine
La stabilità atmosferica sarà di breve durata. Domenica pomeriggio si prevede un primo peggioramento con temporali sulle Alpi, innescati dalla discesa di aria fresca dal Nord Europa. Lunedì i fenomeni si estenderanno alle regioni settentrionali e, in serata, anche a quelle centrali, con possibili grandinate e rovesci intensi.
«Si tratterà di una fase rapida», precisa ancora Gussoni. «Da martedì il tempo migliorerà, ma i contrasti tra masse d’aria calda e fredda potrebbero generare fenomeni violenti, anche se non paragonabili a quelli estremi verificatisi due settimane fa in Piemonte».
Intervista al Corriere della Sera. Dopo il video virale che l’ha travolta, l’imprenditrice torinese racconta come ha trasformato l’umiliazione pubblica in una forza interiore e personale. Ora pubblica un libro e rilancia: “Non mi sono reinventata, sono sempre stata questa”
La notte che cambiò tutto
Era la sera del suo 47esimo compleanno, il 27 luglio 2023. Cristina Seymandi, imprenditrice nota nella Torino bene, attendeva l’annuncio del matrimonio da parte del suo compagno, Massimo Segre, banchiere e commercialista. Invece, lui la lasciò pubblicamente davanti a tutti gli invitati, accusandola di infedeltà. Il video della scena diventò virale e fece il giro del mondo. Oggi Seymandi racconta quella notte e tutto ciò che è seguito in un’intervista al Corriere della Sera.
«Mi sono rivista nel film La donna della domenica», confessa. «Una villa in collina, gli abiti estivi, e tutti che si chiedono: chi è il colpevole?».
Il libro e la scelta del titolo
A un anno da quell’episodio, Cristina pubblica un libro: Antifragile si diventa. Verso una libertà autentica (Cairo Editore). Una risposta ai tanti che le hanno chiesto: come hai fatto a reggere l’onda d’urto?
«Antifragile è la parola giusta. Non sono mai andata contro le cose con violenza, ma non ho mai ceduto. Ho sempre cercato la sfida. Anche quando lavoravo in Comune non mi sono limitata al ruolo: ho creato un tavolo con i cittadini, prendendomi insulti ma lasciando un segno».
Dai sogni spezzati alla rinascita
Il primo gesto antifragile della sua vita? «Scegliere Lettere invece di Giurisprudenza. Mio padre smise di parlarmi e non mi pagò gli studi. Ho iniziato a lavorare, diventando autonoma: cameriera, promoter, baby sitter, ripetizioni… è lì che ho iniziato a costruirmi».
Nel celebre video, Seymandi rimane in silenzio. Era torinesità o lucidità? «Non ho parlato perché ero preoccupata per lui, non per me. Non credevo alle mie orecchie. Non era il luogo per rispondere. Il dialogo mancato? Se l’altro non si apre, il dialogo non può esserci».
La violenza del web e la forza del silenzio
«Quel video ha attivato la magistratura, che ha riconosciuto nelle offese ricevute discriminazioni di genere. Le parole feriscono più delle botte. Io ho retto, ma c’è chi crolla. Ho ricevuto messaggi terribili, ma anche richieste di aiuto e sostegno. Per questo ho scritto il libro: per condividere strumenti di resistenza».
Alla richiesta di archiviazione dei pm, che sostenevano che «sui social non si può pretendere eleganza», risponde: «È stata la conferma che stavo combattendo una battaglia che non era solo mia».
Consigli e nuove consapevolezze
«Cosa fare davanti a un’ondata di odio? Spegnere il cellulare, farsi una passeggiata. I social sono vetrine temporanee. Le persone che giudicano non sanno nulla. Io non ero io, per loro. E poi ho una figlia, Ginevra, da proteggere: ho pensato a lei, e sono andata a lavorare».
Il libro è dedicato a lei e a Raffaella, la sorella minore morta in un incidente aereo in Ciad: «Dovevo partire io, non lei. Da allora, ogni giorno è un giorno in più per amare e imparare».
L’amore, la carriera e il presente
Ha ritrovato l’amore? «Sì, con un uomo meraviglioso. Ognuno a casa propria. Niente velleità da Grande Fratello». E sulla fiducia negli uomini: «Quando una storia finisce, le colpe sono sempre in due. Se lui era sbagliato, io l’ho scelto».
Oggi è vicepresidente del Savio Group Spa, advisor di Ward Howell International, e si occupa di progettazione europea. «Non mi sono reinventata. Sono sempre stata questa. E no, non sono fragile. Sono antifragile».
Durante una festa per un diciottesimo compleanno nella villa di famiglia, Carlo La Verde è stato colpito a morte da un proiettile esploso dalla pistola del padre durante una colluttazione. Il 62enne Natale La Verde è stato fermato con l’accusa di omicidio volontario.
Una festa trasformata in incubo
La villa l’avevano chiamata Heaven, paradiso. Una splendida proprietà con vista mare a San Gregorio, nel catanese, dove da tempo la famiglia La Verde organizzava feste ed eventi. Sabato sera, durante un diciottesimo, il paradiso si è trasformato in teatro di una tragedia.
Secondo le prime ricostruzioni, un gruppo di ragazzi non invitati si sarebbe introdotto nel locale, generando tensioni tra gli imbucati e gli invitati. Tra questi anche Carlo La Verde, 23 anni, figlio del proprietario, che insieme ad alcuni amici avrebbe provato a farli uscire.
I colpi partiti dalla pistola del padre
Allarmato dalle urla, Natale La Verde, 62 anni, padre di Carlo, avrebbe afferrato una pistola 357 Magnum appartenente alla famiglia, regolarmente denunciata, e avrebbe sparato in aria per intimidire. Ma nel tentativo di disarmarlo da parte dei presenti, è scoppiata una colluttazione. Nella confusione, sono partiti due colpi: uno ha colpito mortalmente Carlo all’addome, l’altro ha ferito lievemente a un piede un 31enne.
Carlo, studente universitario di Economia e Impresa, appassionato di sport e viaggi, è morto sul colpo. Inutili i soccorsi del 118, che hanno trovato un clima di altissima tensione.
Il fermo e le indagini
Il padre è stato fermato dai carabinieri per omicidio volontario. La pistola, appartenuta al nonno della vittima, è stata sequestrata. A condurre le indagini saranno anche gli esperti della Sezione investigazioni scientifiche del comando provinciale di Catania.
Sotto esame anche le tensioni scoppiate all’arrivo dei soccorsi: alcuni amici della vittima avrebbero aggredito il personale del 118, accusato di essere arrivato in ritardo. «Ci state impedendo di aiutare chi ha bisogno di noi», hanno replicato i sanitari.
Le reazioni e lo sciopero simbolico
Il presidente della Seus 118, Riccardo Castro, ha parlato di «un ennesimo atto di violenza che suscita preoccupazione e indignazione». Il direttivo Coes Sicilia, che rappresenta gli autisti soccorritori, ha indetto uno sciopero simbolico di tre ore per il 1° maggio: sarà affissa una locandina di protesta sui mezzi, ma il servizio di emergenza sarà comunque garantito.
Intanto, il sindaco di San Gregorio, Sebastiano Sgroi, ha definito quanto accaduto «una tragedia che lascia senza parole» e che ha colpito «una famiglia nota e perbene».