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Cronache

Milano, uccide l’ex moglie a coltellate in strada e fugge: fermato Luigi Morcaldi, 62 anni

Luciana Ronchi, 62 anni, è stata uccisa a coltellate in strada dall’ex marito Luigi Morcaldi nel quartiere Bruzzano a Milano. L’uomo è stato fermato poche ore dopo grazie al tracciamento del suo telefono.

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Una lite finita nel sangue in una mattina di ordinaria follia a Bruzzano, periferia nord di Milano.
Luciana Ronchi, 62 anni, è stata uccisa a coltellate in strada dall’ex marito Luigi Morcaldi, suo coetaneo, che l’ha raggiunta sotto casa e l’ha colpita al volto, all’addome e al torace.

Soccorso immediatamente dai passanti e dagli agenti della Polizia locale, il corpo della donna è stato trasportato d’urgenza all’ospedale Niguarda, dove però è morta nel pomeriggio nonostante un lungo intervento chirurgico.


L’agguato e la fuga: “urlava la casa è mia”

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Morcaldi aveva atteso la ex moglie sotto casa, in via Grassini, dove da giorni la controllava.
Quando l’ha vista uscire, le si è avvicinato in sella al suo scooter Beverly, senza nemmeno togliere il casco, e ha iniziato a colpirla più volte con un coltello da cucina, urlando frasi come:

“La casa è mia!”.

Luciana ha cercato di scappare, ma l’uomo l’ha inseguita per una ventina di metri, colpendola ancora. I vicini hanno sentito le urla disperate:

“Te ne devi andare!”, avrebbe gridato la donna prima di accasciarsi tra due auto parcheggiate.


Fermato dopo ore di fuga grazie al telefono acceso

Dopo l’aggressione, Morcaldi è fuggito, ma la sua fuga è durata solo poche ore.
Gli agenti della Polizia locale, guidati dal comandante Gianluca Mirabelli, l’hanno individuato nel Parco Nord dopo aver tracciato il suo telefono cellulare, acceso per pochi istanti durante la fuga.

L’uomo è stato bloccato e portato negli uffici della Polizia locale, dove è stato interrogato dal pm Giovanni Tarzia e dal collega Leonardo Lesti, titolari dell’inchiesta.
Nei suoi confronti è scattato un provvedimento di fermo per omicidio aggravato.

In un cestino di via Grassini, gli investigatori hanno ritrovato e sequestrato il coltello usato per l’aggressione.


Un passato di tensioni e una lettera lasciata in auto

Luciana e Luigi erano separati da tre anni e avevano avuto un figlio.
Lei, dopo la separazione, lavorava in una mensa e aveva iniziato una nuova relazione “tranquilla”, secondo quanto raccontano i vicini.
Lui, invece, non si era mai rassegnato alla fine del matrimonio e aveva continuato a sorvegliarla ossessivamente, fermandosi spesso sotto casa o chiedendo informazioni ai vicini.

Nel 2022 le forze dell’ordine erano già intervenute per una lite domestica, ma nessuna denuncia era stata presentata.
Gli investigatori stanno ora verificando se vi siano stati altri episodi di violenza o minacce.

Dentro la sua auto, Morcaldi ha lasciato una lettera indirizzata al figlio, in cui denigra la ex moglie e tenta di giustificare il suo gesto.


“L’ho vista a terra, non riusciva a parlare”

Ho visto lui arrivare in moto e colpirla, pensavo la picchiasse”, racconta una vicina.
Un’altra donna, ancora sotto shock, aggiunge:

“L’ho vista sanguinante a terra, aveva il volto coperto di sangue. I vigili cercavano di soccorrerla, ma non riusciva nemmeno a parlare.”

Gli agenti della Scientifica hanno transennato la via e setacciato l’intera area alla ricerca di reperti e testimonianze.


L’ennesimo femminicidio

Con la morte di Luciana Ronchi, si allunga l’elenco dei femminicidi in Italia.
Un’altra storia di violenza e possesso, consumata in strada, sotto casa, dopo anni di separazione e di rancori mai spenti.
Un dramma che si ripete, nel silenzio di chi — ancora una volta — non è riuscito a salvarla.

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Cronache

Berlusconi e Dell’Utri, la Cassazione chiude il caso sui presunti fondi mafiosi: nessuna prova di riciclaggio

La Cassazione conferma la decisione del tribunale di Palermo: nessun legame tra Berlusconi, Dell’Utri e capitali di provenienza mafiosa. Respinta la richiesta di confisca dei beni.

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Il tribunale di Palermo, nel 2024, aveva escluso qualsiasi collegamento tra Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri (foto Imagoeconomica) e presunti flussi di denaro di provenienza mafiosa. La sentenza era arrivata al termine di un lungo procedimento che aveva al centro l’ipotesi di reinvestimenti illeciti attraverso l’opera di Dell’Utri nelle imprese riconducibili all’ex premier.

Nelle motivazioni, i giudici avevano scritto che “nulla è stato accertato circa il reinvestimento e il riciclaggio di capitali di provenienza mafiosa nelle imprese di Berlusconi attraverso l’opera di Dell’Utri”, sottolineando che nessuna delle prove acquisite aveva confermato tale ipotesi.


Nessun riscontro sulle somme versate da Berlusconi

Il tribunale ha inoltre rilevato che è rimasto indimostrato che le ingenti somme di denaro versate nel tempo da Berlusconi a Dell’Utri e ai suoi familiari fossero legate a un rapporto di gratitudine per una presunta mediazione con Cosa nostra.
Secondo la ricostruzione d’accusa, Dell’Utri avrebbe fatto da tramite in un accordo volto a evitare l’imposizione di un “pizzo” di rilevante importo, ma tale tesi non ha trovato alcun fondamento nei riscontri probatori.


La Cassazione conferma: decisione definitiva

Dopo la conferma in Corte d’appello, il caso è arrivato in Cassazione, che ha suggellato in via definitiva il verdetto, rendendo la decisione irrevocabile.
È stata dunque respinta la richiesta di confisca del patrimonio di Dell’Utri, della moglie e dei figli, ponendo fine a un procedimento che aveva attirato grande attenzione mediatica e politica.


Una vicenda chiusa dopo anni di indagini

La pronuncia della Cassazione mette la parola fine a uno dei dossier più complessi della magistratura italiana. Nessuna prova di riciclaggio, nessuna connessione tra i capitali di Berlusconi e fondi mafiosi.
La vicenda, che aveva riaperto il dibattito sul rapporto tra potere economico e criminalità organizzata, si conclude dunque con l’assoluzione piena sul piano patrimoniale e con la dichiarazione di insussistenza dei presunti legami mafiosi.

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Cronache

Omicidio di Chiara Poggi, spunta un nuovo testimone: “Lo scontrino del parcheggio non è di Sempio”

Un nuovo testimone riapre il caso dell’omicidio di Chiara Poggi. Dichiarazioni sullo “scontrino-alibi” di Andrea Sempio rilanciano dubbi e polemiche su un caso mai chiuso nella memoria pubblica.

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A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso di Garlasco torna a far parlare di sé.
Un nuovo testimone si sarebbe presentato ai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano per fornire una versione che mette in dubbio l’alibi di Andrea Sempio, l’amico storico di Marco Poggi, fratello della vittima.

Secondo quanto trapelato, la persona avrebbe dichiarato che il biglietto del parcheggio di Vigevano, datato 13 agosto 2007 — utilizzato da Sempio per dimostrare di non essere nei pressi della villetta il giorno del delitto — non sarebbe suo.


Lo scontrino conteso e le vecchie ombre dell’inchiesta

Il cosiddetto “scontrino-alibi” è da anni al centro di un acceso confronto tra accusa e difesa.
Il documento, presentato un anno dopo l’omicidio, doveva confermare la presenza di Sempio a Vigevano, lontano da Garlasco. Ma ora una nuova deposizione anonima rimette tutto in discussione.

L’inchiesta attuale è coordinata dalla Procura di Pavia, con i carabinieri di Milano impegnati a verificare l’attendibilità del testimone e la tracciabilità del documento.

Questa nuova testimonianza si aggiunge alla lunga serie di rivelazioni, ritrattazioni e correzioni che hanno costellato il caso fin dal 2007: dall’operaio che disse di aver visto una donna in bicicletta nei pressi della casa di Chiara, al contadino che giurava di aver sentito le grida di un litigio, fino al pompiere che avrebbe parlato proprio dello scontrino di Sempio.


La posizione della difesa: “Solo un indizio, non una prova”

L’avvocato Liborio Cataliotti, che insieme alla collega Angela Taccia difende Sempio, ha commentato con cautela le notizie trapelate:
Quandanche fosse un alibi, è un mero indizio e non una prova. Che valore probatorio vogliamo dare a tutto questo bailamme? Nella migliore delle ipotesi, pochissimo”.

Cataliotti ha inoltre ribadito che la difesa adotterà un approccio prudente:
Commenteremo gli atti solo quando saranno depositati ufficialmente. Non abbiamo alcuna intenzione di reagire a indiscrezioni mediatiche o di mettere in discussione verbali che non ci sono stati ancora notificati”.


Ipotesi di trasferimento dell’inchiesta

Sul piano procedurale, l’avvocato ha anche affrontato la questione del possibile trasferimento dell’indagine a Brescia, in connessione con quella che riguarda l’ex procuratore di Pavia Mario Venditti.
Non cerchiamo scorciatoie per sottrarci al giudice naturale – ha dichiarato –. Solo se emergessero motivazioni giuridiche fondate, allora la richiesta sarebbe doverosa”.


Un caso che continua a dividere

Il delitto di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007, ha già portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione, ma continua a generare nuove piste, dubbi e testimonianze.
Ogni nuova dichiarazione, come quella emersa ora sullo scontrino contestato, riaccende l’attenzione su uno dei casi giudiziari più complessi e controversi degli ultimi vent’anni in Italia, simbolo di una giustizia che, pur chiudendo i processi, non spegne mai del tutto le domande.

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Cronache

Prete e giornalista spagnolo di 81 anni accusato di violenza sessuale a Roma: avrebbe molestato un collega durante il Conclave

Un sacerdote e giornalista spagnolo di 81 anni rischia il processo a Roma per violenza sessuale. L’accusa riguarda presunte molestie ai danni di un collega di 40 anni durante i giorni del Conclave per l’elezione di Papa Leone XIV.

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Un prete e giornalista spagnolo di 81 anni rischia di finire sotto processo a Roma con l’accusa di violenza sessuale ai danni di un collega più giovane, un giornalista di 40 anni.
La vicenda, riportata dal Corriere della Sera, risale ai giorni del Conclave per l’elezione del nuovo Papa, un periodo di intensa attività per i cronisti accreditati in Vaticano.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il sacerdote — con un lungo passato da corrispondente di testate spagnole— avrebbe approfittato di un momento di amicizia e confidenza nata sul lavoro per tentare un approccio sessuale non consensuale.


L’invito a casa e la serata del presunto abuso

Il primo incontro tra i due risale al 16 aprile, quando il prete invita il collega nella propria abitazione nel centro di Romaper un aperitivo.
La serata si svolge in modo tranquillo, senza episodi particolari.
Pochi giorni dopo si apre il Conclave, e i due tornano a lavorare fianco a fianco, tra i centinaia di giornalisti impegnati a seguire l’elezione del nuovo Pontefice.

Il 23 maggio, secondo la denuncia del 40enne, il sacerdote lo invita nuovamente a casa.
Questa volta, però, la situazione cambia radicalmente: l’uomo di 81 anni avrebbe tentato più volte di molestarne il collega, cercando contatti fisici e avances esplicite.
Il giornalista si sarebbe sottratto e allontanato rapidamente dall’abitazione.


La denuncia e l’indagine della Procura

Dopo alcuni giorni di silenzio e lontananza da Roma, la vittima ha deciso di rivolgersi alla magistratura, raccontando nei dettagli l’accaduto.
La denuncia ha fatto scattare un’indagine della Procura di Roma, che ora valuta l’invio a giudizio del sacerdote con l’accusa di violenza sessuale.

Gli inquirenti stanno acquisendo ulteriori elementi a sostegno della testimonianza del giornalista, anche attraverso riscontri sulle comunicazioni tra i due nel periodo compreso tra il ricovero di Papa Francesco e la fumata bianca per Leone XIV.


Un caso che scuote il mondo del giornalismo vaticano

La vicenda ha destato forte scalpore negli ambienti giornalistici vaticani, dove il sacerdote era conosciuto come un decano della stampa spagnola accreditata presso la Santa Sede.
Se la Procura confermerà l’impianto accusatorio, per l’anziano cronista si aprirà un processo per molestie sessuali, in un caso che intreccia ancora una volta fede, media e giustizia.

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