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Migliaia protestano ai concessionari Tesla, ‘Musk via’

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Migliaia di attivisti scendono in piazza per protestare contro Elon Musk e i suoi tagli al governo. Davanti a oltre 200 concessionari Tesla negli Stati Uniti e in varie città europee, molti manifestanti hanno chiesto che il miliardario lasci l’incarico all’interno dell’amministrazione Trump, dove con il suo Dipartimento per l’Efficienza del Governo punta a ridurre gli sprechi e gli abusi e tagliare il deficit di 1.000 miliardi. Il movimento ‘Tesla Takedown’, nato per protestare contro il first buddy, ha indetto il giorno di protesta con l’obiettivo di raggiungere 500 manifestazioni in tutto il mondo. La campagna avviata punta a convincere i proprietari di Tesla a cedere i loro veicoli e agli azionisti a vendere le loro azioni nel colosso delle auto elettriche, da cui Musk trae la maggior parte della sua ricchezza.

“E’ un peccato che Musk abbia deciso di usare il suo potere e la sua ricchezza per portare avanti sforzi negativi”, ha detto Austin Naughton, che gestisce la pagina Facebook di una delle organizzazioni che ha promosso la protesta a Washington. “Sono stanca di miliardari che calpestano la classe operaia”, ha detto Alainn Hanson ai microfoni di Cnn mentre protestava contro Musk in Minnesota. Davanti al concessionario Tesla di New York tra le 500 e le 1.000 persone si sono riunite rispondendo all’appello degli ambientalisti di Planet Over Profit, convinti che “fermare Musk aiuterà a salvare vite umane e a proteggere la nostra democrazia”. Secondo diversi manifestanti, convinti che Musk debba lasciare il suo incarico all’interno dell’amministrazione, il miliardario sta “tagliando i dipendenti federali per arricchirsi, non per aiutare gli americani”. La ministra della Giustizia Pam Bondi e il direttore dell’Fbi Kash Patel hanno definito nei giorni scorsi gli atti di protesta contro Tesla come “terrorismo domestico”. L’Fbi si è spinta fino a creare una task force per “reprimere gli attacchi violenti” contro Tesla dopo che diversi incidenti si sono succeduti nelle ultime settimane.

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Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

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Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

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Il deputato Chiquinho Brazão accusato dell’omicidio di Marielle perde il mandato

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La Camera dei deputati del Brasile ha dichiarato giovedì 24 aprile la perdita del mandato del deputato federale Chiquinho Brazão, uno dei rinviati a giudizio accusati di aver agito come mandante dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, nel 2018. Lo rende noto Agência Brasil. La decisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Camera ed è stata giustificata sulla base dell’articolo della Costituzione che determina la perdita del mandato del parlamentare che “non si presenti in ogni sessione legislativa a un terzo delle sessioni ordinarie della Camera”.

Brazão è stato arrestato nel marzo dello scorso anno ma ha lasciato il carcere all’inizio di aprile di quest’anno dopo che il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, ha concesso gli arresti domiciliari all’oramai ex deputato. Nella sua decisione, Moraes ha concordato con il bollettino medico presentato dal carcere di Campo Grande dove era recluso secondo il quale, Brazão ha una “delicata condizione di salute” con “alta possibilità di soffrire un malore improvviso con elevato rischio di morte”.

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Lavrov, Trump ha ragione su direzione Russia-Usa su Ucraina

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“Donald Trump ha ragione ad affermare che Stati Uniti e Russia si stanno muovendo nella giusta direzione per quanto riguarda la risoluzione del conflitto ucraino”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista alla Cbs, riporta la Tass. “Il presidente degli Stati Uniti crede, e ritengo a ragione, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Le forze armate russe – ha detto ancora Lavrov – stanno conducendo attacchi in Ucraina solo contro obiettivi militari o siti utilizzati dall’esercito ucraino. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già ribadito in più occasioni”.

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