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“Multe demenziali sull’occupazione di suolo pubblico”, NoiConsumatori in difesa dei commercianti

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CECO è il nome del neonato comitato. Riunisce buona parte degli esercenti il commercio (bar, edicole, ristoranti soprattuto) di Vomero/Arenella, zona collinare di Napoli, dove si vive bene e si sta anche abbastanza tranquilli. Che cosa spinge una caterva di imprenditori, piccoli e grandi, sopratutto nel settore della ristorazione o bar, che lavorano a contatto col pubblico e spesso sono anche il biglietto da visita di una città fortunatamente tornata ad essere meta turistica? “Non ne possiamo più di uno stillicidio di multe senza senso. Non ce la facciamo più a sopportare angherie e vessazioni” ci dice un barista. E ci sta che uno non sopporti una multa. La questione è perché questo barista ci chiede di non comparire, di non metterci la faccia. “Guardi l’unico motivo è che ho paura che poi i vigili urbani si accaniscano contro di me” dice a sua giustificazione. Ma perché mai dovrebbero accanirsi? Lei rispetta le regole? “Il problema è proprio questo. Le regole per i dehors, i gazebo, per l’occupazione del suolo pubblico in questa città sono demenziali. A Napoli – spiega il barista che ha paura dei vigili urbani – invece di aiutare le imprese, le trattano mediamente come criminali. Se chiedo l’occupazione del suolo pubblico e pago tanto al Comune, ho diritto ad usufruire della concessione?” domanda il barista. Domanda retorica, ovviamente. Certo che ha diritto. Ma non ad occuparne di più di quello che paga e le viene concesso. “Il problema non è questo, infatti. Per me chi occupa di più è giusto che paghi di più e che venga multato” spiega il barista.

Angelo Pisani. Il presidente di NoiConsumatori

E allora, qual è il problema? “Se piove non posso abbassare una piccola tenda trasparente per evitare ai clienti che stanno prendendo il caffè di dover andar via. Perchè se abbasso la tenda, commetto una infrazione e dunque mi multano. E se mi multano devo pagare. E se lo fanno tre volte, oltre a pagare devo anche osservare un giorno di chiusura che è una pena aggiuntiva. E questo è demenziale oltre che ingiusto” conclude il barista che ancora una volta ci prega di non fare il suo nome (che non conosciamo) e di non fotografare il suo bar (che invece vediamo ma per serietà non fotografiamo). E ci dice che quelli del Comitato hanno dato mandato ad un legale, Angelo Pisani, che è anche presidente della battagliera associazione NoiConsumatori, per provare a capire come coniugare il rispetto delle regole con certe regole che sono astruse e demenziali. Come si fa? Lo abbiamo chiesto proprio all’avvocato Pisani. “Napoli è una città strana. Davvero non si finisce mai di imparare” dice Pisani al telefono quando gli chiediamo conto della petizione firmata da tanti esercenti il commercio. Perchè è strana? “Perchè – argomenta l’avvocato – se tu Comune mi punisci quando occupo più spazio pubblico di quello che mi concedi, va bene. Ma quando piove mica mi restituisci i soldi per il mancato utilizzo di quegli spazi? E poi, diciamola tutta, a chi danno fastidio questi imprenditori se quando piove abbassano delle tende trasparentissime per proteggere i loro clienti che spesso sono turisti, dunque anche ospiti della città? Che cosa dovrebbero fare? Cacciarli?” dice con un filo di amara ironia il legale che si è preso l’incarico di occuparsi di questo caso. “La giunta comunale dovrebbe farsi carico di questo problema e cambiare la delibera che è demenziale sul fatto che se abbassi una tenda trasparente quando piove ti arriva puntuale il vigile urbano per multarti” argomenta l’avvocato. “Anche perchè così facendo elimini anche il possibile arbitrio di chi deve fare i controlli che smette di perdere tempo su queste sciocchezze e si occupa di cose più importanti” conclude Pisani. Mentre l’avvocato parla gli mostriamo un giornale dove campeggia la figura di un vigile urbano, è il  nuovo comandante dei pizzardoni del Vomero, che si vanta di aver fatto in un anno 68 mila multe per infrazioni al codice della strada e 3mila controlli con sanzioni a raffica agli esercizi commerciali. Gli diciamo: avvocato, sembra un po’ troppo. Troppe multe, no? “Sono cose che dovreste chiedere ai vigili. Comunque non è in discussione l’operato dei vigili, che pure potrebbero essere più elastici e dare priorità ad altre questioni.  Io vorrei provare a capire se la Giunta comunale vuole cambiare questa parte del regolamento. Così si evitano contenziosi legali inutili e costosi e si tutelano gli interessi di una categoria che può aiutare il Comune a tenere in ordine le strade e ad accogliere degnamente i turisti che sono tornati” conclude Pisani. Non prima di lasciarci con una battuta, tipicamente napoletana. “Perchè se non siamo capaci di farlo, cioè di cambiare questa delibera demenziale in certi punti, dobbiamo cambiare il nome del Comitato da CECO (comitato esercenti il Commercio del Vomero) a CoCoMa” dice Pisani. E che vuol dire? “Comitato Cornuti e Mazziati visto che questi poveri cristi devono pagare sempre, tacere e prendersi multe per regole assurde” chiosa Pisani.

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Uccisero il padre violento, nuova condanna per i figli

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Sono stati condannati di nuovo i fratelli Scalamandrè per l’omicidio del padre Pasquale, indagato per maltrattamenti nei confronti della madre, avvenuto il 10 agosto del 2020 al culmine di una lite nella loro abitazione a Genova. La Corte d’Assise d’appello di Milano, davanti alla quale si è celebrato il processo di secondo grado ‘bis’, ha confermato la sentenza di primo grado: 21 anni di reclusione per Alessio e 14 per Simone. I due uomini, che oggi hanno 32 e 24 anni, sono accusati di avere ucciso il genitore 63enne colpendolo diverse volte con un mattarello dopo che lui si era presentato a casa loro per chiedere al maggiore di ritirare la denuncia nei suoi confronti. I giudici genovesi, in appello, avevano confermato i 21 anni di pena per Alessio, decidendo invece di assolvere Simone.

La Corte di Cassazione, però, lo scorso novembre aveva annullato con rinvio entrambe le sentenze, stabilendo che il nuovo processo si sarebbe svolto a Milano in quanto a Genova esiste una sola Corte d’Assise d’appello e gli imputati non possono essere giudicati due volte dagli stessi giudici. Per il caso del fratello maggiore, nell’annullare la decisione, gli Ermellini avevano tenuto conto della decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato l’illegittimità dell’articolo del Codice Rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sull’aggravante di un delitto commesso in ambito familiare, e del ricorso dei difensori che invocavano l’attenuante della provocazione.

Nell’annullamento del verdetto nei confronti di Simone, invece, la Cassazione aveva invitato i giudici meneghini a motivare adeguatamente un’eventuale nuova sentenza di assoluzione. La Procura generale di Milano aveva chiesto 8 anni e mezzo per il fratello più giovane e una pena a 11 anni per l’altro, concordata con la difesa. Per quest’ultimo gli avvocati Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca avevano invece chiesto l’assoluzione perché, a quanto hanno detto in aula, il ragazzo “non è l’autore materiale, assieme al fratello, dell’omicidio”.

“È un momento difficile, molto negativo”, ha osservato fuori dall’aula l’avvocato Lamonaca, sottolineando che “sicuramente” non sono state riconosciute l’attenuante della provocazione né la prevalenza di quelle generiche. “Le sentenze non si commentano, ma si impugnano. Cercheremo di cambiare ancora una volta questa sentenza. Non è ancora quella definitiva”. Entrambi i fratelli erano presenti alla lettura del dispositivo. Il giorno dell’omicidio erano stati i due fratelli a chiamare la polizia e raccontare l’accaduto, spiegando che i colpi mortali erano arrivati al culmine di una lite che si era trasformata in colluttazione. Alessio lo aveva infatti denunciato per maltrattamenti e minacce nei confronti della madre, che era stata costretta a trasferirsi in una comunità protetta.

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Test omosessualità a poliziotto della penitenziaria, ministero condannato

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Prima un procedimento disciplinare con una serie di “domande ambigue” sul suo orientamento sessuale. Poi addirittura un test psichiatrico per verificare se fosse o non fosse gay. È il calvario denunciato da un agente di polizia penitenziaria che alcuni giorni fa, dopo più di un anno di battaglie a colpi di carte bollate, ha vinto una causa dal Tar del Piemonte ottenendo un risarcimento di 10 mila euro per “danno morale”.

La somma è stata messa in carico al ministero della Giustizia. A originare il caso fu la segnalazione di due detenuti: “quel poliziotto fa le avances”. Era tutto falso. Ma nel frattempo l’agente venne spedito alla Commissione medica ospedaliera di Milano per sottoporsi a controlli psichiatrici: l’obiettivo era accertare la sua idoneità al servizio. Ed è qui il punto: l’amministrazione, che nel corso del procedimento giudiziario si è giustificata sostenendo che il dipendente manifestava “stati di ansia”, secondo i giudici “operò una sovrapposizione indebita” fra omosessualità (effettiva o meno non ha importanza) e “disturbo della personalità”. Una decisione “arbitraria e priva di fondamento tecnico-scientifico”.

Alla fine l’agente fu prosciolto in sede disciplinare e, dopo i test, dichiarato perfettamente in grado di svolgere il proprio lavoro. Ma per l’Osapp, il sindacato di polizia penitenziaria che gli ha fornito l’assistenza legale, resta la gravità di accuse “ingiuste, anacronistiche e degne di un clima da Santa inquisizione”. “Alle tante incongruenze e incapacità constatate negli organi dell’amministrazione – dice il segretario generale, Leo Beneduci – non credevamo di dover aggiungere l’omofobia”.

Secondo il senatore Ivan Scalfarotto (Italia viva) la vicenda “illustra meglio di mille trattati l’idea strisciante, e assai più diffusa di quel che si creda, che le persone gay e lesbiche non siano proprio come le altre, non propriamente degne come tutte le altre”. I giudici ricordano che nel ricorso (depositato il 27 dicembre 2022) l’agente lamentò di “essere stato deriso ed emarginato dai colleghi, per lo più uomini, in ragione delle proprie vicissitudini”, tanto che chiese e ottenne il trasferimento in un altro carcere, dal Piemonte alla Puglia. Ma per questo capitolo non hanno riconosciuto il diritto a un risarcimento.

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Mattarella, storia ci chiede Ue che respinga aggressioni

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La storia, con le sue tensioni e gli inimmaginabili venti di guerra, ci chiede un’assunzione di responsabilità che fino a pochi anni fa era imprevedibile: deve sapersi dotare di istituzioni nuove e della capacità di rispondere alle aggressioni che già oggi minacciano i suoi confini. Sergio Mattarella appare sempre più preoccupato per i focolai di guerra che si moltiplicano – tutti vicini al vecchio Continente – ed ancora una volta si spende per stimolare l’Europa a svegliarsi. “Il momento storico che attraversiamo richiede – ha detto il presidente della Repubblica – che le istituzioni Europee assumano responsabilità e si dotino degli strumenti necessari per consentire all’Unione di continuare a rappresentare una realtà di stabilità e progresso, in grado di influenzare positivamente il contesto internazionale e di contrapporsi con efficacia a ogni tentazione autocratica e illiberale che fosse presente nel continente e alle politiche di aggressione contro altri Stati”. Il capo dello Stato ne ha parlato in Bulgaria, uno degli Stati al confine orientale dell’Unione che più è preoccupato per le minacce russe. Per questo Mattarella, nel brindisi alle cena offerta dal presidente bulgaro Rumen Radev offre un esempio forte paragonando la Ue all’Alleanza atlantica: “oggi la NATO sta confermando la lungimiranza di un’architettura di sicurezza immaginata in un’epoca ormai lontana, che si dimostra pienamente attuale.

L’Unione Europea deve saper manifestare analoga volontà politica”. Il presidente nei suoi colloqui politici ha parlato anche di flussi migratori che tanto preoccupano anche la Bulgaria: “La nuova intesa europea su asilo ed immigrazione supera Dublino e apre la porta di una collaborazione maggiore tra i Paesi europei per affrontare un fenomeno crescente che può essere governato con ordine e non in maniera scomposta come avviene oggi”. Sergio Mattarella ha quindi aperto al nuovo Patto dell’Europa sui migranti che effettivamente supera l’accordo di Dublino – l’ultima versione era stata siglata nel lontano 2013 – ma che tante polemiche aveva scatenato a Bruxelles con diversi partiti che, pur per motivi a volte opposti, hanno votato contro il testo. Ma il piatto forte dei colloqui con il presidente bulgaro Rumen Radev è stato l’Europa e la sicurezza continentale. Ed oggi il capo dello Stato ha ribadito quanto sia importante che l’Unione europea vada avanti nel processo d’integrazione ma è anche entrato nel merito parlando di un tema emergente che sta portando avanti per la Commissione Ue l’ex premier Draghi, la competitività. “Le scelte che la Ue dovrà compiere per essere più coesa – ha spiegato il capo dello Stato – sono scelte importanti per essere sempre più protagonista. Nel prossimo vertice Ue si parlerà di competitività, un elemento che consentirà opportunità maggiori per il futuro dei nostri giovani”.

Mattarella non ha mai citato il nome di Mario Draghi, ma le consonanze sono chiare. Proprio ieri l’ex premier aveva sottolineato l’urgenza di una maggiore e rapida integrazione con queste parole: “non abbiamo il lusso di poter rinviare le decisioni, per assicurare coerenza tra i diversi strumenti per rilanciare la competitività della Ue occorre un nuovo strumento strategico per coordinare le politiche economiche”. Nei suoi colloqui in Bulgaria il presidente ha ovviamente potuto confrontarsi sui principali dossier di crisi trovanodo piena sintonia nella leadership bulgara. Ne è emersa un’analisi molto preoccupata della crisi mediorientale tanto che Mattarella non ha nascosto che “il rischio che il conflitto si allarghi è drammaticamente presente”. Per questo i due presidenti hanno voluto ricordare che l’unica soluzione di lungo periodo rimane quella dei “due popoli due Stati”. Con Sofia infine cresce la collaborazione economica (l’anno scorso l’interscambio è stato di 7 miliardi) e si rafforza anche la cooperazione militare. “Abbiamo deciso di aumentare la sicurezza del fianco orientale della Nato e abbiamo progetti comuni nell’industria bellica”, ha confermato il presidente bulgaro Rumen Radev che ha lodato anche la grande collaborazione con l’Italia in ambito Nato per difendere i confini orientali dell’Europa.

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