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Merci emozionali, capitalismo degli affetti e shopping natalizio ai tempi della pandemia

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Nulla accade per caso, con questo va e vieni dei picchi epidemici. E d’altra parte, mica siamo diventati tutti sdolcinati e magari un po’ matti, così, all’improvviso. Sì, con questo Natale che arriva e siamo tutti qui afflitti da questo spasmo di “vedere” i nostri familiari. Di vederli incontrandoli (cosa che possiamo fare sempre, in realtà e non in occasioni comandate) e, si capisce, di recare loro doni. 

Il Natale sono i regali? È ciò che da 50 anni almeno la critica del consumismo, sviluppata da destra come da sinistra, ha lucidamente criticato, qualche volta ha messo sotto accusa, ha stigmatizzato con veemenza.

Ora, questa bolla affettiva in cui incapsuliamo “la famiglia” e “lo shopping”, diventa l’avversario dialettico più potente, a quanto pare, delle politiche di sanità pubblica contro il Covid 19. Ci piangono sopra tutti. La destra, all’opposizione in quest’anno di coronavirus, è stata ed è priva di qualsiasi proposta alternativa all’azione di governo: ed eccola pronta a cavalcare qualunque tigre le passa accanto. La sinistra, figlia di mamma, tenerona pure lei, alla fine, come fa ad opporsi a questo “sentire popolare”? Poi c’è qualcuno che, incredulo, si chiede: ma come si fa a buttarla su questa vertiginosa ipocrisia, secondo cui la famiglia non può essere vilipesa con questa insopportabile limitazione di shopping, questo furto del cenone? Come dite? Quale cenone? Di Natale, di Capodanno…uno qualunque e meglio se tutti, pranzi compresi! Come si fa, spiega sempre qualcuno, a sbandierare come “diritti umani” la frequentazione di negozi addobbati a festa e tavole imbandite fino all’inverosimile? Come si fa con un bollettino quotidiano di centinaia di morti,  con 10.000 nostri cari –nostri familiari- scomparsi in meno di un mese? Con un contagio galoppante, gli ospedali debordanti, i pronti soccorsi allo stremo, le terapie intensive incapaci di funzionare per mancanza di personale specializzato? Con vaccini che attendiamo con ansia, ma su cui dobbiamo fare ancora qualche cruciale verifica medica e logistica?

Ma nulla accade per caso. E allora? Intanto, il capitalismo, la scatola in cui viviamo liberi e disuguali, è assai di più che un fatto tecnici, economico, politico e quant’altro ci hanno mille volte spiegato coloro che non avevano in realtà molto interesse a farci capire. Di fatto, la cornice concettuale essenziale alla comprensione del nostro tempo, è intriso di sentimenti. Li pone alla base di se stesso, della sua origine, del suo funzionamento, della sua ontologia. Basta leggere Max Weber e il suo grande libro su “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” per capire che la “macchina” per eccellenza della modernità, il capitalismo appunto, si muove e funziona per via dei sentimenti: negativi, nella sua analisi, come l’angoscia per l’inattingibilità di Dio. Ma ben prima di Weber, il grande analista della “macchina” che funziona con la benzina dei sentimenti è stato Marx, si capisce: il plusvalore, d’accordo, e i calcoli razionali dell’esproprio padronale. Ma tutto questo ha bisogno dell’altra faccia della medaglia per essere compreso nella sua valenza storica e sociale: l’alienazione, che è una faccenda personale del lavoratore prima di essere uno stigma della coscienza di classe (ulteriore sentimento).

Ma ora c’è altro, come va mostrando con i suoi studi la sociologa israeliana Eva Illouz. Ora in ballo c’è la felicità, nientemeno! No, no, non quell’idea astratta e un po’ bizzarra iscritta nella Costituzione americana. Non quella. Dico proprio l’Happycracy, il potere di chi reclama e di chi promette la felicità come un diritto: non già di cercare, ma di avere, di ricevere, di “possedere”. E poco male se questo “diritto” viene strumentalizzato: anzi, reinterpretato come potere, è ovvio che sia così. Strategia di potere, la felicità viene ridotta, da alta e faticosa conquista umana, a qualunque piccola e facile cosa. Happycracy, dateci un’occhiata: è pubblicato in Italia da Codice (2019).   

Se torniamo alla Natività, capiamo che non siamo diventati tutti matti. Semplicemente, siamo dentro la scatola. E tuttavia, ecco, la questione non riguarda più le forze della produzione, bensì quelle del consumo. Sicché, ad essere trasformate in sentimenti sono esattamente loro, le merci, gli oggetti da comprare e da vendere. Ma attenzione: non solo e non tanto il processo riguarda “le cose” –che desideriamo, che ci piacciono, che vogliamo possedere, ai quali ci affezioniamo- quanto piuttosto, all’inverso, esso investe le emozioni che vengono trasformate in merci. E proprio “Le merci emotive” si chiama uno dei libri più recenti e più noti di Eva Illouz, che speriamo di vedere presto tradotto in italiano. Ed è grazie all’emozionalità mercificata che si rende possibile questo scambio simbolico paradossale, di un atto di consumo (cenone, shopping) che viene percepito come una perdita grave, irreparabile e, trattandosi di religione, persino blasfema. Rispetto al cenone, rispetto ai regali, Gesù Bambino e la famiglia diventano più che occasioni, moventi, “più che pensieri d’amore, pretesti”.  Ho sentito dire, da compassati commentatori televisivo: “Gli italiani sono pronti a tutto”. E’ il capitalismo degli affetti bellezza! E la politica dei sentimenti, nel suo furore parassitario, è a caccia di voti per le elezioni prossime venture, ancora una volta, e non si cura della pandemia. 

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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