Collegati con noi

Esteri

Mea culpa a Stanford, discriminò ragazzi ebrei

Pubblicato

del

L’Università di Stanford ha fatto mea culpa per aver intenzionalmente limitato l’ingresso di studenti ebrei negli anni Cinquanta. Il presidente dell’ateneo, Marc Tessier-Lavigne, ha definito le restrizioni “vergognose attivita’ antisemitiche” in un messaggio diretto a tutto il campus, aggiungendo che “questa brutta parte della storia di Stanford ci rattrista e ci preoccupa profondamente”. Le discriminazioni nei confronti dei ragazzi ebrei sono state portate in luce dallo storico Charles Petersen e confermate da una task force interna all’universita’ californiana. Punto di partenza e’ stata una lettera del 1953 all’allora presidente, J.E. Wallace Sterling, del direttore delle ammissioni Rixford Snyder in cui si notava che tra gli iscritti del primo anno c’era “una alta percentuale di maschi ebrei”. Snyder aveva pensato di avvertire Sterling: “Pensavo che dovete saperlo perche” ha implicazioni problematiche”. Il tema delle quote nelle universita’ e’ di grande attualita’ negli Usa. Nei prossimi giorni la Corte Suprema decidera’ sul ricorso presentato da studenti di origine asiatica contro Harvard e l’Universita’ della North Carolina a Chapel Hill. Nel memo alla presidenza di Stanford, Snyder si lamenta che l’Universita’ della Virginia e’ diventata “una istituzione ebrea” e che anche Cornell “ha un numero molto alto di iscritti di origine ebraica”. Il direttore delle ammissioni punta i riflettori su due licei di Los Angeles “frequentati al 95-98 per cento” da studenti ebrei. “Se dovessimo accettare anche pochi studenti da questi due due licei, l’anno successivo finiremmo per vedere un’alluvione di domande da parte di ebrei”, proseguiva il direttore delle accettazioni. Il memo aveva avuto effetto: Peterson ha scoperto che tra 1949 e 1952 Stanford accetto’ 87 studenti dai due licei – la Beverly Hills High e Fairfax High – scesi ad appena 14 nei tre anni successivi. “Nessuna altra scuola pubblica aveva visto nello stesso periodo un calo analogo delle ammissioni”. Gli sforzi di Stanford di limitare le iscrizioni sulla base di religione o etnia risalgono a decenni fa, ma il tema continua a dividere. Nella loro causa davanti alla Corte Suprema, gli studenti asiatici di Harvard hanno citato le restrizioni imposte dall’ateneo decenni fa alle domande di studenti ebrei come prova per dimostrare le accuse di discriminazione.

Advertisement

Esteri

Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

Pubblicato

del

È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

Continua a leggere

Esteri

Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

Pubblicato

del

E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

Continua a leggere

Esteri

Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

Pubblicato

del

La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto