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Da Iapichino a Jacobs, Italia da record con 24 medaglie

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E’ un’Italia da record quella che saluta i campionati europei di atletica e che si prende anche la passerella presidenziale. A ogni trionfo della serata, infatti, arrivano i complimenti del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, anche questa sera all’Olimpico, seppur in forma privata. Quattro le medaglie azzurre della serata conclusiva degli europei di Roma, per un totale di 24, di cui 11 ori. E l’ultimo non poteva che essere quello della 4×100 maschile, già laureatosi campione olimpico a Tokyo 2021, e argento mondiale a Eugene.

Melluzzo, Jacobs, Patta e Tortu consegnano il primo posto agli azzurri con una staffetta per tre quarti uguale a quella dell’ultima olimpiade, fatto salvo per Melluzzo al posto di Desalu nella prima frazione. E se gli esperimenti del professor Di Mulo contano qualcosa, allora questa formazione potrebbe essere anche quella di Parigi per cercare di confermarsi campioni olimpici. Ma l’Italia della velocità non ha mai avuto una squadra così forte e con oltre un mese davanti sono ancora tante le cose che possono cambiare perché a un posto in staffetta si candidano anche Ali, Simonelli, Desalu e Rigali.

Nel frattempo l’oro europeo arriva sotto lo sguardo attento di Mattarella che prima di sedersi in tribuna ha avuto modo di fermarsi a colloquio anche con Tamberi, per il quale ieri ha fatto il tifo dallo stadio e che domani ritroverà al Quirinale per la consegna della bandiera. All’Olimpico, però, non c’era solo il Presidente della Repubblica, in tribuna autorità erano presenti anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, e i ministri Giorgetti, Abodi, Santanché e Ciriani che hanno potuto esultare per il bronzo di Pietro Arese nei 1500 e per gli argenti della 4×400 uomini (Sito, Aceti, Meli, Scotti) e di Larissa Iapichino nel salto in lungo.

Una medaglia, quest’ultima, arrivata solo all’ultimo salto, quando l’azzurra si presentava in pedana con il quarto posto e una misura massima di 6.90. De Sousa e Assani erano avanti di un centimetro, ma il sesto tentativo è quello del boato dell’Olimpico perché arriva un 6.94 che regala il secondo posto all’italiana. “Sono riuscita a tirar fuori il meglio, è un argento bellissimo perché arriva davanti ai nostri tifosi – le prime parole a caldo di Iapichino -. Ho saputo ritrovare me stessa e non ho deluso le persone che erano qui con me”. Così come non ha deluso Arese col bronzo nei 1500. “Ho messo tutto – ha detto il mezzofondista – mi sono giocato le mie carte e sono quasi rammaricato per l’argento che non è arrivato. Non avrei mai pensato di dirlo, ma è così anche se sono felicissimo”.

Poi ha raccontato il siparietto con Mattarella: “Incontrare il presidente della Repubblica non capita tutti i giorni, gli ho spiegato che i miei compagni di squadra mi chiamano il presidente, così gli ho detto “da presidente a presidente la saluto””. Insomma, notti magiche che gli azzurri difficilmente dimenticheranno e che proveranno a replicare a Parigi.

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Baseball: Juan Soto ai Mets, 15 anni per 765 milioni di dollari

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La superstar del baseball dominicano Juan Soto ha accettato di unirsi ai New York Mets con un contratto record della durata di 15 anni ed un compenso di 765 milioni di dollari. Sia ESPN che il sito web ufficiale della Major League Baseball hanno riportato la notizia. E’ il contratto più ricco nella storia dello sport professionistico nordamericano. Eclissa quello da 700 milioni di dollari in 10 anni che i Los Angeles Dodgers hanno firmato con la star giapponese Shohei Ohtani l’anno scorso. Secondo ESPN il contratto di Soto con i Mets potrebbe in realtà valere più di 800 milioni, bonus compresi. Soto, nativo di Santo Domingo, segna un momento cruciale per la franchigia del Queens, che, accarezzato nella scorsa stagione il sogno di tornare alla World Series per la prima volta dal 2015, punta adesso a costruire una squadra in grado di contendere il titolo per le prossime stagioni.

Soto, 26 anni compiuti lo scorso 25 ottobre, è un battitore di straordinarie abilità e intelligenza. Dopo aver debuttato a 19 anni e 207 giorni il 20 maggio del 2018 con i Washington Nationals, Soto ha vinto 5 Silver Slugger Award, un titolo di battuta (nel 2020), e per 4 volte ha ricevuto la convocazione per l’All-Star Game. Nel 2019 ha vinto, da protagonista, una World Series con i Washington Nationals e, tra 2021 e 2024, è finito per due volte nella top-3 MVP, della National League prima e dell’American League poi. Nella stagione appena conclusa è stato determinante nel primo titolo in 15 anni conquistato dai New York Yankees (il pennant American League), piegando i Cleveland Guardians a suon di fuoricampo (3 in cinque partite), l’ultimo dei quali determinante nella decisiva gara cinque.

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Esteri

La caduta di Assad e il dilemma dell’Iran sempre piùà debole in un Medio Oriente in trasformazione

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A 1.696 chilometri di distanza, a Teheran, i mullah osservano con sgomento l’inaspettata avanzata dei ribelli di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) a Damasco. La scena dei miliziani che entrano nella residenza presidenziale di Bashar al-Assad, scattando selfie tra le sue lussuose auto sportive, è un’immagine simbolica del collasso di uno degli ultimi bastioni dell’alleanza sciita in Medio Oriente. Fonti vicine ai funzionari iraniani descrivono un’atmosfera di shock e presagio tra i leader della Repubblica Islamica.

L’Iran, che per anni ha sostenuto Assad con soldi, milizie e supporto strategico, si trova ora a fare i conti con la perdita del suo unico alleato arabo sciita. La caduta del regime di Assad rappresenta per Teheran la terza sconfitta regionale dopo il ridimensionamento di Hamas e Hezbollah da parte di Israele, un colpo pesante per l’asse della resistenza contro il nemico storico: Israele.

Il ruolo dell’Iran e il cambio di strategia

Durante il culmine della guerra civile siriana, l’Iran e la Russia hanno giocato ruoli complementari nel mantenere in vita il regime di Assad. Teheran ha inviato i suoi migliori generali, tra cui il leggendario Qassem Soleimani, e ha schierato Hezbollah per sostenere l’esercito siriano. Ma gli ultimi mesi, segnati dalla guerra a Gaza e dal crescente isolamento, hanno visto indebolirsi questo sodalizio.

Con l’avanzata dell’Hts, l’Iran ha dapprima promesso sostegno totale ad Assad, per poi cambiare tono nelle ultime ore. Il ministro degli Esteri Abbas Araqchi ha parlato di un “approccio adeguato”, segno di una possibile ritirata strategica. Secondo indiscrezioni, l’Iran avrebbe già negoziato con Hts garanzie per la protezione dei siti religiosi sciiti e un’uscita sicura delle proprie truppe dalla Siria.

Gli scenari futuri per Teheran

La caduta di Assad pone l’Iran di fronte a un bivio:

  1. Accettare un Medio Oriente senza influenza iraniana: Un simile scenario rappresenterebbe un colpo ideologico devastante per la Repubblica Islamica, ma potrebbe facilitare i negoziati con gli Stati Uniti, specialmente su questioni legate al programma nucleare.
  2. Adottare una linea radicale: La paura dell’Occidente è che l’Iran, spinto dai falchi del regime, possa rivedere la sua dottrina nucleare fino a sviluppare un’arma atomica, nel tentativo di recuperare peso geopolitico in un Medio Oriente sempre più frammentato.

Un Medio Oriente in trasformazione

La presa di Damasco da parte dell’Hts non è solo la caduta di un regime, ma anche il simbolo di un nuovo equilibrio geopolitico. Per l’Iran, significa un’erosione del suo ruolo storico nella regione. Per il mondo, è un segnale di instabilità in un’area già segnata da conflitti e rivalità secolari.

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Esteri

Siria: il ritorno di Al-Jolani e il futuro incerto di un Paese frammentato

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Un anno fa, Abu Mohammed al-Jolani si presentava al mondo come un leader trasformato, lontano dall’immagine del jihadista qaedista che inneggiava all’11 settembre. Ora, tornato nel quartiere damasceno di Mazzeh dove è cresciuto, si inginocchia e bacia la strada, ma lascia aperte molte domande: sarà un pragmatico leader locale o un ritorno al jihadismo globale?.

Il suo movimento, l’Hayat Tahrir al-Sham (Hts), si è evoluto negli ultimi anni, distanziandosi dalla retorica globale dell’Isis per concentrarsi su un’agenda locale. Tuttavia, il gruppo resta una presenza controversa, al centro di tensioni politiche e militari che attraversano la Siria.

Un puzzle di alleanze e conflitti

La Siria di oggi è una realtà frammentata, con una moltitudine di attori e interessi contrastanti:

  • Hts: Da erede di Al-Nusra, il gruppo ha cercato di rimodellarsi come una forza politica e militare pragmatica. Ha unito diverse fazioni ribelli, consolidando il controllo su territori strategici come Idlib e gestendo il confine turco di Bab al-Hawa, fondamentale per il passaggio degli aiuti umanitari.
  • Esercito Nazionale Siriano (Ens): Sostenuto dalla Turchia, l’Ens è accusato dall’ONU di crimini di guerra e continua a combattere contro Assad, i curdi siriani del Ypg e, talvolta, lo stesso Hts. Tra i suoi ranghi vi sono combattenti arabi e micro-formazioni di mercenari islamisti.
  • Forze Democratiche Siriane (Fds): Predominantemente curde, le Fds controllano il Nord-Est della Siria, con il supporto americano negli anni della lotta all’Isis. Hanno consolidato le loro posizioni in risposta all’avanzata di al-Jolani, temendo nuovi attacchi.

L’evoluzione dell’Hts e il ruolo di al-Jolani

L’Hts è riuscito a costruire un governo nei territori che controlla, il Governo di Salvezza Siriano, offrendo una relativa sicurezza e amministrazione. Grazie ai finanziamenti dei Paesi del Golfo e a una strategia politica abile, al-Jolani ha consolidato alleanze e preparato un’offensiva che ha portato il suo movimento al centro delle dinamiche siriane.

Secondo Joshua Landis, esperto dell’Università dell’Oklahoma, «al-Jolani si è dimostrato un politico abile, capace di rimodellare il suo gruppo e stringere nuove alleanze». Tuttavia, molti osservatori restano scettici, definendo il pragmatismo dell’Hts come una semplice maschera tattica.

Un futuro incerto

Dopo tredici anni di guerra, la Siria resta un puzzle difficile da comporre. Il Paese è diviso tra fazioni rivali e influenze esterne, con le minoranze cristiane, armene, alawite e sciite che temono per il loro futuro. La domanda centrale, però, resta: che ruolo giocherà al-Jolani nel destino della Siria? La sua figura, tra pragmatismo e passato estremista, continua a generare timori e speranze in un Paese lacerato dalla guerra.

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