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Mattarella rassicura Usa, per Roma Nato intoccabile

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L’Alleanza atlantica non si tocca: rimane “un insuperato baluardo di pace” e soprattutto “un fondamento della politica estera italiana”. Tocca a Sergio Mattarella mettere nero su bianco un concetto che potrebbe sembrare ovvio ma che ovvio non e’. Almeno di questi tempi, con il governo del “cambiamento” che ha spericolatamente “surfato” tra posizioni filo-russe e filo-atlantiche, aprendo con decisione al progetto cinese della Via della seta che tanto preoccupa Washington. Acrobazie che hanno spinto il Quirinale a mettere un punto, almeno sulla Nato. E che fosse necessario lo confermano in serata le dichiarazioni di Mike Pompeo, segretario di Stato Usa: “C’e’ il rischio che la Nato o gli Usa non condividano piu’ le informazioni sensibili con gli alleati” che usano tecnologie cinesi come il 5G o che aprono le loro infrastrutture a Pechino, dice nella conferenza stampa conclusiva del vertice dei ministri degli esteri della Nato per i 70 anni dell’Alleanza. Nei giorni scorsi il presidente della Repubblica aveva garantito che il 5G non sarebbe entrato nel memorandum sulla Via della Seta. E proprio nell’anniversario della Nata Mattarella ha preso carta e penna per confermare in una dichiarazione alcuni principi. Le “ragioni” di un patto settantennale di sicurezza sono semplici e chiare: “salvaguardare la liberta’ dei popoli, il loro comune retaggio e la loro civilta’, fondati sui principi della democrazia, sulle liberta’ individuali e sulla preminenza del diritto”. L’Italia, ricorda Mattarella, “ha fatto di questa scelta di adesione a un patto fra Nazioni libere ed eguali un fondamento della propria politica estera”.

Dichiarazione non casuale, quindi. Anche perche’, al di la’ delle note preoccupazione dell’amministrazione americana per alcune aperture del governo italiano, Washington solo ieri ha ricordato cosa ci sia in ballo tra le due sponde dell’Atlantico: “gli Usa contano sull’Italia come uno degli alleati piu’ forti e mantengono comunicazioni aperte con un’ampio spettro di attori nel governo italiano. Noi vediamo che la Russia sta creando incursioni nel paesaggio politico italiano e incoraggiamo fortemente Roma a prendere seriamente queste attivita’”, ha avvertito ieri – senza giri di parole – Garrett Marquis, portavoce del consiglio nazionale per la sicurezza Usa. Oggi ha rincarato la dose il segretario di Stato Mike Pompeo: “la Nato deve adattare l’alleanza per fronteggiare le minacce emergenti, compresa la competizione strategica cinese”. Tradotto, attenzione alla penetrazione in Occidente di Pechino e alle implicazioni per la sicurezza digitale. Ma non solo, Pompeo, ha richiamato gli alleati agli obblighi finanziari della Nato: “bisogna convincere cittadini che bisogna aumentare le spese militari per rafforzare la Nato”. Va bene, sembra rispondergli a distanza Mattarella, ma la Nato non dimentichi di tutelare anche il fronte sud dell’Alleanza. Fronte meridionale del quale l’Italia e’ l’avamposto scoperto.

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Meloni, con morte di Ramelli tutti devono fare i conti

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I cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù ucciso a diciotto anni per una aggressione di Avanguardia operaia a Milano, sono l’occasione per invocare una memoria condivisa delle vittime degli anni di piombo. Memoria condivisa “nel tentativo di ricucire una ferita profonda che deve accomunare tutte le vittime innocenti dell’odio e della violenza politica” ha sottolineato la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio all’evento ‘Le idee hanno bisogno di coraggio’ a lui dedicato nell’auditorium di Regione Lombardia. La sua vicenda, la sua morte “tanto brutale quanto assurda” che “forse, proprio per questo, divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia”, è “un pezzo di storia con cui tutti a destra e sinistra devono fare i conti” ha ammonito.

“Ancora oggi, a cinquant’anni dalla morte – ha aggiunto Meloni – c’è una minoranza rumorosa che crede che l’odio, la sopraffazione e la violenza siano strumenti legittimi attraverso cui affermare le proprie idee. Ai ragazzi che oggi hanno l’età in cui Sergio morì, che hanno spalancata davanti a sé la strada della propria vita, che vogliono dedicarla a ciò in cui credono, voglio dire: non fatevi ingannare da falsi profeti e da cattivi maestri”. Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato del bisogno di una memoria condivisa. E come aveva già fatto ha paragonato Ramelli a Fausto e Iaio, ovvero Fausto Pinelli e Lorenzo Iaio Iannucci, esponenti del centro sociale Leoncavallo uccisi nel 1978. “Sono tra i pochi per i quali ancora non è stata fatta giustizia, non è stato scoperto chi li ha uccisi” ha ricordato.

“Questa memoria condivisa di giovani che hanno perso la vita solo perché credevano in delle idee, non importa se di destra o di sinistra, sia un insegnamento che credo debba restare forte in questa fase storica in cui vedo riaffacciarsi nei fuocherelli che non mi piacciono”. Se la memoria si fa più condivisa, resta comunque uno strascico di polemiche. Sono 38 le città che a Ramelli hanno dedicato una strada, una via o comunque un luogo. Oggi è successo anche a Sesto San Giovanni, un tempo Stalingrado d’Italia, che a Ramelli e Enrico Pedenovi, consigliere provinciale dell’Msi ucciso l’anno dopo, ha dedicato uno slargo. Inaugurazione a cui ha fatto seguito una manifestazione a cui hanno preso parte fra gli altri Anpi, Sinistra Italiana e Pd con l’idea che “è doveroso ricordare ragazzi ammazzati innocenti” ma “non può essere la scusa per riscrivere la storia e riabilitare valori neofascisti”.

Una critica alle manifestazioni con il ‘presente’ e il saluto romano (domani è in programma il tradizionale corteo per Ramelli, Pedenovi e Carlo Borsani che si conclude proprio con il ‘presente’ davanti al murale di Ramelli) è arrivata dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè: “non appartengono a Fratelli d’Italia, non è certo il nostro elemento distintivo, niente di tutto questo può essere riconducibile a noi” ha detto aggiungendo che “sbagliano e non aiutano a pacificare”. Domani la cerimonia ufficiale per Ramelli sarà comunque ai giardini a lui dedicati in un appuntamento a cui parteciperà come sempre il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Non però, come vorrebbe La Russa, con la fascia tricolore.

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Mercoledì Consiglio dei ministri, si pensa a un decreto su post alluvione e Campi Flegrei

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Potrebbe approdare mercoledì in Consiglio dei ministri un decreto con ulteriori disposizioni urgenti per affrontare gli straordinari eventi alluvionali verificatisi nei territori di Emilia Romagna, Toscana e Marche, nonché gli effetti del fenomeno bradisismico nell’area dei Campi Flegrei. Il provvedimento, a quanto si apprende, è all’ordine del giorno della riunione tecnica preparatoria convocata per domani. Il governatore dell’Emilia Romagna, Michele de Pascale, in questi giorni ha scritto alla premier Giorgia Meloni, al ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, e al capo Dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano (nella foto in evidenza), per chiedere la proroga di un anno dello stato di emergenza nazionale, in scadenza il 4 maggio, per le ondate di maltempo di settembre e ottobre 2024.

In esame anche un disegno di legge in materia di tutela del personale scolastico, e l’esame preliminare di due schemi di decreto del presidente della Repubblica, uno con modifiche in materia di valutazione degli studenti del secondo ciclo di istruzione, e l’altro che modifica e integra lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria. All’ordine del giorno, poi, un altro disegno di legge proposto dal ministero dell’Istruzione, in materia di consenso informato. In esame preliminare, inoltre, un decreto legislativo sulle politiche in favore degli anziani, in attuazione della delega. All’ordine del giorno c’è anche un disegno di legge di ratifica dell’accordo sulle misure di solidarietà volte a garantire la sicurezza approvvigionamento di gas tra Germania, Svizzera e Italia, fatto a Berlino il 19 marzo 2024.

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San Giacomo Vercellese, nove liste per meno di trecento abitanti: un paradosso vergognoso

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San Giacomo Vercellese, minuscolo paese piemontese incastonato tra le risaie della provincia di Vercelli, finirà suo malgrado sotto i riflettori nazionali. Il motivo? Alle prossime elezioni del 25 e 26 maggio, si presenteranno addirittura nove liste per scegliere il nuovo sindaco, nonostante i residenti siano meno di trecento.

Un numero che sfida ogni logica democratica e che solleva più di una perplessità sulla serietà e sulla trasparenza del voto in piccoli centri come questo.

Dopo la scomparsa del sindaco Massimo Camandona, morto a febbraio e ricordato come un amministratore radicato nel territorio, si sarebbero potute immaginare elezioni sobrie, nel rispetto della comunità. Invece, alla fine della fase di presentazione delle liste, si sono contati candidati provenienti da Napoli, Roma, Siracusa e Salerno.

Solo due liste fanno riferimento ad esponenti locali, già attivi nell’attuale Consiglio comunale. Tutte le altre sette sono spuntate in extremis, registrate da persone senza alcun legame con il territorio.

La presenza di un numero così spropositato di liste in un comune minuscolo non è un segnale di vitalità democratica, ma l’ennesima prova di come meccanismi elettorali poco vigilati possano essere strumentalizzati.

Dietro queste candidature improvvisate spesso si celano interessi diversi: tentativi di ottenere visibilità, raccolta firme utile per future candidature, o peggio, accesso a rimborsi elettorali.

È un fenomeno che mortifica i cittadini di San Giacomo Vercellese, riducendo la politica a un teatrino grottesco e offendendo chi, invece, si batte quotidianamente per rappresentare davvero il proprio territorio.

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