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Politica

Manovra economica 2019, ok alla Camera alla fiducia: 327 SI e 228 NO

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La Camera, in terza lettura, ha dato l’ok alla fiducia al governo sulla manovra economica. I si’ sono stati 327, contrari 228 e un astenuto. Passa, ma è caos fino alla fine. Con accuse reciproche di insulti, bagarre e sospensioni dell’Aula. E poi proteste in piazza del Pd cui si unisce quella, inusuale, di Forza Italia, che non solo interrompe i lavori di Montecitorio, coi deputati bardati di ‘gilet azzurri’ al ‘grido’ basta tasse, ma annuncia di essere pronta a sua volta alla piazza. Il tutto a poco piu’ di 48 ore dal limite ultimo per approvarla, il 31 dicembre. E’ questa la cronaca del sofferto via libera definitivo alla prima manovra gialloverde, che – dopo il voto di fiducia ottenuto con un 327 a 228 no – arrivera’ solo domenica a un soffio dall’esercizio provvisorio. Senza contare i sindacati pronti alla mobilitazione, i pensionati arrabbiati per il ‘raffreddamento’ degli adeguamenti degli assegni e i sindaci in allarme per il rischio di dover tagliare i servizi, per evitare di alzare le tasse. Intanto il governo ha incassato l’ultima fiducia del 2018 su una manovra fatta “sapendo che non ne farete un’altra e che scarica i costi sulle generazioni future”, attacca il capogruppo Dem Graziano Delrio, mentre Forza Italia consuma l’ennesimo strappo dall’ormai ex alleato, accusato di ‘alto tradimento’. Il governo a trazione grillo-leghista ha prodotto una manovra che e’ “un mix di pauperismo e dilettantismo che l’Italia non puo’ permettersi di subire a lungo”, affonda Silvio Berlusconi mentre con una buona ora di ritardo i deputati cominciano a sfilare per la chiama davanti ai banchi del governo. Ci sono quasi tutti, ad assistere, a partire dal premier Giuseppe Conte e dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Presente Luigi Di Maio, assente (ma e’ senatore) il suo ‘omologo’, Matteo Salvini. E assistono all’escalation di tensione in Aula, e di sfoghi delle opposizioni contro Fico, accusato ad esempio dal Pd di non essere imparziale per non aver censurato le “offese” della deputata M5S Teresa Manzo, ‘colpevole’ di avere accusato i dem “di un reato, difendere i truffatori delle banche”, come dice Emanuele Fiano, uno dei piu’ accalorati in Aula. Fanno “quello che facevamo noi,e ci chiamavano squadristi e violenti”, solo che “noi difendevamo i piu’ deboli”, loro “chi e’ stato truffato dalle banche” dice ironico Di Maio, commentando su Fb gli attacchi delle opposizioni, “nervose” perche’ oggi “vedono cadere tutte le teorie con cui hanno ipnotizzato gli italiani per anni”. Il governo sta andando incontro ai bisogni di chi “si e’ sentito abbandonato fino al 4 marzo”, con una manovra, aggiunge il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, “tutta made in Italy” e non certo scritta ‘sotto dettatura’ europea. Ecco spiegato “il ritardo” con cui arriva l’approvazione. I tempi stretti, sottolinea peraltro proprio da Bruxelles Marco Buti, direttore generale della Direzione generale per gli Affari economici e finanziari della Commissione europea, vanno proprio imputati all’esecutivo italiano, visto che il primo alert era arrivato il 5 ottobre. Non solo, l’accordo in extremis e’ stato trovato sui conti del 2019, non degli anni successivi, e la Commissione, ha ricordato Buti, non tiene in considerazione nemmeno nelle stime le clausole di salvaguardia sull’Iva, che sono quindi, anche in questo caso, frutto di una scelta tutta di Roma. La Ue, insomma, ha approvato “i numeri, non i contenuti della manovra”. Che saranno comunque sotto osservazione nei prossimi mesi quando si concretizzeranno le misure ‘bandiera’ dei gialloverdi, reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni. I due interventi dovrebbero arrivare ‘a braccetto’ e anche nello stesso decreto, secondo gli orientamenti che stanno maturando nel governo, anche per evitare nuove tensioni tra i due azionisti di governo. Lega e 5 Stelle continuano a limare, separatamente, le due misure, dopo che ci sono state comunque ‘contaminazioni’, come la decisione di dirottare il reddito il piu’ possibile verso le imprese che assumono, cui andranno da tre a 18 mensilita’ (ma il numero e’ ancora in via di definizione). Altro incentivo alle assunzioni sarebbe allo studio dei leghisti, per favorire la ‘staffetta generazionale’ innescata dai pensionamenti anticipati con Quota 100.

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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