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Cronache

Manganellate, l’inchiesta a Pisa: pm puntano su catena di comando

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I carabinieri del nucleo investigativo di Pisa hanno depositato oggi in procura un’informativa che si fonda sull’acquisizione dei video circolati sui social, ma anche sulle immagini della videosorveglianza urbana nei luoghi dove si sono verificate venerdì scorso le cariche della polizia al corteo studentesco pro Palestina. Anche a Firenze le immagini video sono già a corredo dell’inchiesta aperta oggi dalla procura per gli scontri tra la polizia e i manifestanti di un altro corteo per la Palestina, nel capoluogo toscano, più o meno nello stesso orario di Pisa; a Firenze le cariche ci sono state quando alcuni hanno tentato di forzare il tragitto regolarmente preavvisato, per andare oltre, al consolato degli Stati Uniti. Intanto a Pisa, l’attenzione della procura – che ha anche acquisito, inserendola nel fascicolo ancora senza ipotesi di reati né indagati, la relazione di servizio della questura -, in questa fase si concentra sulla catena di comando e su chi e perché abbia dato l’ordine di caricare gli studenti. Ora sarà il procuratore facente funzioni, Giovanni Porpora a decidere quali reati ravvisare e a chi assegnare l’inchiesta.

Dal governo però il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, in un’informativa al Consiglio del ministri, spiega che “durante lo svolgimento del corteo, i manifestanti non hanno voluto fornire indicazioni su dove fossero diretti e si sono sottratti ai reiterati tentativi di mediazione da parte di personale della Digos, provando, nonostante gli ammonimenti da parte del dirigente del servizio e la richiesta espressa e ripetuta di non dirigersi in piazza dei Cavalieri, di forzare il blocco delle Forze di polizia e venendo volutamente a contatto con i reparti mobili”. Comunque sia, ha detto Piantedosi, i video girati dalla Digos durante la manifestazione “al momento sono a disposizione della magistratura e non sono divulgabili”. Tesi di fatto condivisa dalla Lega con il deputato Edoardo Ziello e l’europarlamentare Susanna Ceccardi la quale dice che esistono immagini precedenti da descretare. Il primo, che è capogruppo in consiglio comunale a Pisa, ha preso le distanze dal sindaco leghista Michele Conti, che nel suo intervento aveva parlato di “pagina buia” e che la “polizia si può criticare”.

Ziello ha difeso le forze dell’ordine spiegando “che le cariche di alleggerimento sono state decise per difendersi dal tentativo di forzare un presidio statico e che un periodo buio è anche rappresentare una realtà strumentalizzata per denigrare la polizia che ha usato il manganello come strumento di difesa”. Ceccardi ha chiesto apertamente alla procura di “desecretare video e immagini precedenti alle cariche che dimostrerebbero gli attacchi e le provocazioni di persone dei centri sociali infiltrate in testa a un corteo studentesco”. Per il consigliere comunale Pd, Enrico Bruni “invece il comportamento della polizia è stato illegale e auspico che si faccia giustizia nelle sedi opportune”.

Infine, secondo l’avvocato Andrea Callaioli, che coordina un team di legali incaricato di rappresentare le famiglie di sette-otto ragazzi contusi che partecipavano al corteo studentesco “le parole del Capo dello Stato sono state chiarissime e impediscono che questa vicenda possa chiudersi con scorciatoie di qualunque tipo: sarà necessario fare chiarezza e ci aspettiamo che la procura la faccia”. Poi, ha spiegato che “prima di procedere attendiamo di conoscere la linea della magistratura per capire quali saranno i reati ipotizzati, ma non c’è dubbio che il monito di Mattarella necessita di risposte anche dal punto di vista investigativo, anche se ci aspettiamo che qualcuno dei ragazzi che rappresentiamo e che è stato identificato nell’immediatezza dei fatti possa assumere la veste di indagato”.

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Sophie Codegoni: «Ho denunciato il mio ex compagno, ma sto vivendo un inferno»

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Sophie Codegoni, 23 anni, influencer da oltre un milione di follower e volto noto del Grande Fratello Vip, racconta per la prima volta con dolore e coraggio il suo calvario. Una storia di violenza psicologica, controllo ossessivo e minacce che l’ha portata a denunciare l’ex compagno Alessandro Basciano, oggi indagato per stalking aggravato.

Un amore nato sotto i riflettori, finito nel terrore

«Tante volte ho pensato: ma chi me l’ha fatto fare di denunciare? È tostissimo. So di aver fatto la cosa giusta, ma sto vivendo un inferno», dice Sophie tra le lacrime. La relazione con Basciano era nata nel 2021 all’interno della casa del GF Vip. Lei aveva 19 anni, lui 31. Dopo il reality, la convivenza a Roma e la nascita della figlia Celine Blue sembravano coronare una storia d’amore. Ma dietro la facciata, si nascondeva un incubo.

La denuncia e il dispositivo anti-stalker

«A dicembre 2023 ho ricevuto l’orologio anti-stalker dai carabinieri. Basta un tasto e arrivano le pattuglie», racconta. Prima, Sophie aveva persino assunto una guardia del corpo per tutelarsi. Ma il vero spartiacque è arrivato con la decisione di tornare dalla sua famiglia, dopo aver scoperto numerosi tradimenti.

Da lì, minacce continue: «Ovunque andassi, lui lo sapeva. Mi scriveva: “Put***, ti tolgo la bambina”». E quando tentava di allontanarsi, le rispondeva con messaggi in cui minacciava il suicidio. Fino all’episodio culminante: «Ha aggredito i miei amici, ha spaccato la loro macchina, poi mi ha chiamata dicendo che avrebbe ammazzato anche me». È stato allora che Sophie ha sporto una seconda denuncia.

Le misure del giudice: divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico

Il 30 aprile 2025 la Corte di Cassazione ha confermato il divieto per Basciano di avvicinarsi a meno di 500 metri da Sophie e dalla figlia, e gli ha imposto il braccialetto elettronico. L’inchiesta è ancora in fase preliminare, ma le prove raccolte — comprese tre anni di chat fornite da Sophie — hanno mostrato, secondo la Procura, un quadro «più infernale di quanto sembrava».

La solitudine dopo la denuncia

Nonostante le misure di protezione, Sophie si dice distrutta: «Mi sento svuotata, piango sempre. Devo mostrarmi forte per mia figlia e per il mio lavoro, ma ogni parola è una ferita». Dopo la scarcerazione di Basciano nel novembre scorso, Sophie ha sentito su di sé lo sguardo del sospetto: «È stato durissimo. Ma ora ho trovato la forza di parlare».

Un messaggio alle donne

«Non ero più io, non sono più io», confessa. Il percorso è ancora lungo, ma Sophie Codegoni — con il sostegno dell’avvocata Jessica Bertolina — ha deciso di non rimanere in silenzio. Una testimonianza potente, che contribuisce a rompere il muro dell’indifferenza e dell’incredulità intorno alla violenza domestica.

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Archiviata l’inchiesta sull’aggressione a Iovino: cadono le accuse contro Fedez

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Il gip ha archiviato l’indagine sull’aggressione al personal trainer Cristiano Iovino, avvenuta nell’aprile 2024, scagionando definitivamente il rapper Fedez. Lo ha reso noto la Procura di Milano, che ha chiesto l’archiviazione per assenza di prove a sostegno dell’ipotesi di una rissa.

Nessuna prova, niente rissa

Secondo quanto stabilito dal giudice, non esistono elementi sufficienti a sostenere l’accusa, e la vicenda non può essere qualificata come una rissa, né tantomeno attribuita con certezza a responsabilità personali del cantante.

Il personal trainer Cristiano Iovino non aveva presentato querela e aveva accettato una transazione economica da 10 mila euro, chiudendo così la vicenda in sede civile.

La reazione della difesa

Soddisfatti gli avvocati di Fedez, Gabriele Minniti e Andrea Pietro-lucci, che in una nota dichiarano: «Viene finalmente esclusa ogni responsabilità del nostro assistito. È la miglior risposta al pesante processo mediatico a cui è stato sottoposto da un anno».

Con questa decisione si chiude ufficialmente un capitolo controverso che ha coinvolto il nome dell’artista per mesi, oggetto di speculazioni e attenzione mediatica, senza che vi fosse mai stata una denuncia da parte della persona coinvolta.

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Se non rispetti l’ordinanza del giudice, paghi ogni giorno: a Verona scatta la linea dura nelle cause di separazione

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Una svolta significativa nei casi di separazione e affidamento dei figli arriva da Verona, dove la sezione Famiglia del Tribunale civile ha cominciato ad applicare una misura finora poco utilizzata, prevista dalla riforma Cartabia: sanzioni pecuniarie giornaliere, anche d’ufficio, per i genitori inadempienti.

La novità introdotta dalla riforma Cartabia

La norma, contenuta nell’articolo 473-bis.39 del Codice di procedura civile, permette al giudice di disporre, anche senza richiesta della parte lesa, una somma da versare per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione di un provvedimento che riguarda il benessere dei figli, sia sul piano economico che relazionale. È uno strumento pensato per garantire l’effettività delle decisioni giudiziarie in materia familiare, contrastando inadempienze gravi.

Due i casi applicati a Verona

Nel primo caso, un padre che si rifiutava di pagare i 300 euro mensili stabiliti per il mantenimento dei figli, sostenendo di avere già sostenuto altre spese, è stato condannato a pagare 100 euro per ogni giorno di ulteriore inadempienza. La minaccia ha funzionato: dopo cinque giorni, e quindi dopo una multa complessiva di 500 euro, l’uomo ha versato quanto dovuto.

Nel secondo caso, ancora più delicato, una madre che tiene il figlio all’estero impedendo gli incontri con il padre è stata condannata a pagare 200 euro al giorno finché non rispetterà l’ordinanza di far collocare il minore anche presso il padre. A nulla sono valse finora una condanna a 3.000 euro di risarcimento e una sentenza del tribunale stranieroche le intima di rimpatriare il figlio: la donna, pur rientrando saltuariamente in Italia, continua a ignorare l’ordinanza del settembre 2024.

Un cambio di passo nei tribunali

Queste misure — spiega il giudice Massimo Vaccari, estensore di una delle ordinanze — servono a tutelare i minori e a far rispettare l’autorità giudiziaria. Non si tratta di strumenti nuovi in assoluto: già esistevano, ma erano applicabili solo su richiesta delle parti. Con la riforma, invece, il giudice può intervenire direttamente quando ravvisa danni o pregiudizi per i figli.

Il messaggio ai genitori separati è chiaro: disattendere le decisioni del giudice costa caro, giorno dopo giorno. E ora il sistema giudiziario sembra pronto a far valere davvero queste regole.

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