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Mafia e riciclaggio su prodotti petroliferi: sequestro beni per un miliardo e tutti i nomi dei 70 arrestati

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Dalle prime ore del giorno i Comandi Provinciali della Guardia di Finanza di Napoli, Roma, Catanzaro e Reggio Calabria, unitamente ai finanzieri dello S.C.I.CO. e ai Carabinieri del R.O.S., coordinati dalle rispettive Direzioni Distrettuali Antimafia e dalla Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, stanno dando esecuzione a provvedimenti cautelari a carico di una settantina di persone responsabili di associazione di tipo mafioso, riciclaggio e frode fiscale di prodotti petroliferi. Contestualmente sono in corso sequestri di immobili, società e denaro contante per un valore di circa 1 miliardo di euro.

L’integrazione delle mafie nel mercato delle imprese è un processo emerso da tempo nelle più importanti indagini sulla criminalità organizzata, tanto che ormai è divenuto sistematico e globale il riciclaggio di denaro, frutto di traffici illeciti, non solo nella economia legale per “ripulirlo”, ma anche nell’economia criminale per produrre ulteriori proventi illeciti, in questo caso attraverso frodi fiscali nel settore degli oli minerali.

Le frodi nel settore degli oli minerali sono sempre più spesso oggetto di attenzione da parte dell’opinione pubblica, soprattutto per gli importi milionari sottratti a tassazione. Tuttavia, quest’ultimo sembrava finora un campo criminale riservato a “specialisti” delle cartiere e delle frodi carosello, non necessariamente legati a clan della criminalità organizzata.

Ne è derivata una nefasta sinergia tra mafie e colletti bianchi, senza l’apporto dei quali le prime ben difficilmente avrebbero potuto far fruttare al massimo quel tipo di frodi fiscali.

L’operazione PETROL-MAFIE SPA rappresenta l’epilogo di indagini condotte su una duplice direttrice investigativa dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Napoli, Roma, Reggio Calabria e Catanzaro – con il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e di Eurojust – che hanno fatto emergere la gigantesca convergenza di strutture e pianificazioni mafiose originariamente diverse nel business della illecita commercializzazione di carburanti e del riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società petrolifere intestate a soggetti insospettabili, meri prestanome.

Sul campo oltre mille militari dei rispettivi Nuclei PEF e dello SCICO della Guardia di Finanza, nonché su Catanzaro dei ROS dei Carabinieri. Mentre sul fronte camorristico risulta la centralità del clan MOCCIA nel controllo delle frodi negli oli minerali oggetto delle misure odierne, sul versante della ‘ndrangheta i clan coinvolti sono PIROMALLI, CATALDO, LABATE, PELLE e ITALIANO nel reggino e BONAVOTA di S. Onofrio, gruppo di San Gregorio, ANELLO di Filadelfia e PISCOPISANI a Catanzaro.

 Le indagini sull’infiltrazione camorristica: DDA Napoli e Roma.

Sul fronte anti-camorra hanno operato le DDA di Napoli e Roma, a mezzo di indagini rispettivamente sul clan MOCCIA e sulla Max Petroli SRL.

Il sodalizio criminale denominato “clan MOCCIA” costituisce una tra le più potenti e pericolose organizzazioni camorristiche del panorama nazionale ed è notorio per l’abilità nello stringere patti con esponenti di rilievo dei settori pubblico e privato per agevolare profittevoli investimenti di capitali illeciti nell’economia, legale e illegale.

Tra le indagini condotte dalla DDA di Napoli negli ultimi 15 anni sui MOCCIA, quella odierna mette in luce le più attuali evidenze degli interessi dei MOCCIA nell’Economia legale, in particolare nel “settore strategico dei petroli”. Questa attività prende le mosse nel 2015 da una indagine del GICO della Guardia di Finanza di Napoli – su delega della DDA partenopea – che riguardava inizialmente rilevanti investimenti del clan MOCCIA nei settori dell’edilizia e del mercato immobiliare.

A conferma dell’importanza attribuita al nuovo canale “legale” di investimento, se ne occupa personalmente un esponente di vertice del clan, Antonio MOCCIA attraverso contatti, ampiamente intercettati, con l’imprenditore di settore Alberto Coppola, coi commercialisti Claudio ABBONDANDOLO e Maria Luisa DI BLASIO e col faccendiere Gabriele COPPETA. Infatti COPPOLA utilizzava nelle proprie relazioni commerciali la sua parentela con MOCCIA Antonio, presentandosi all’occorrenza come suo cugino; lo stesso MOCCIA qualificava il COPPOLA pubblicamente come suo “cugino”.

Attraverso una serie di operazioni societarie, il gruppo entra in rapporti con la Max Petroli SRL – ora MADE PETROL ITALIA SRL – di Anna BETTOZZI, che aveva ereditato l’impero di Sergio DI CESARE, noto petroliere romano.
La BETTOZZI, trovandosi a gestire una società in grave crisi finanziaria, grazie alla conoscenza di Coppola era riuscita a ottenere forti iniezioni di liquidità da parte di vari clan di camorra, tra cui quelli dei MOCCIA e dei casalesi, che le avevano consentito di risollevare le sorti dell’impresa, aumentando in modo esponenziale il volume d’affari, passato da 9 milioni di euro a 370 milioni di euro in tre anni, come ricostruito dal III Gruppo Tutela Entrate della GDF di Roma su delega della DDA capitolina, anche grazie alla trasmissione da parte della Procura di Napoli delle proprie risultanze investigative, in totale osmosi informativa.

Risulta che la BETTOZZI avrebbe sfruttato non solo il riciclaggio di denaro della camorra, ma anche i classici sistemi di frode nel settore degli oli minerali, attraverso la costituzione di 20 società “cartiere” per effettuare compravendite puramente cartolari in modo tale eludere con la MADE PETROL le pretese erariali, potendo così rifornire i network delle c.d. “pompe bianche” a prezzi ancor più concorrenziali.

Il successo imprenditoriale consentiva inoltre agli indagati di mantenere un elevato tenore di vita, fatto di sontuose abitazioni, gioielli, orologi di pregio e auto di lusso.
Nel mese di maggio 2019, ad esempio, la BETTOZZI fu fermata a bordo di una Rolls Royce alla frontiera di Ventimiglia (IM), mentre si recava a Cannes per partecipare all’omonimo festival del cinema, e trovata in possesso di circa € 300.000 in contanti. I successivi accertamenti presso il lussuoso albergo a Milano dove soggiornava, consentirono di rinvenire altri 1,4 milioni di euro, sempre in contanti, poi sottoposti a sequestro.

Nel frattempo, i MOCCIA ponevano la base logistica per lo svolgimento delle attività fraudolente negli uffici napoletani di COPPOLA da dove venivano coordinate le commesse di materiale petrolifero e organizzato il vorticoso giro di fatturazioni per operazioni inesistenti e i movimenti finanziari (esclusivamente on-line). Per il gruppo criminale, infatti, una volta disposti i bonifici relativi al formale pagamento del prodotto energetico sorgeva la necessità di monetizzare in contanti le somme corrispondenti all’IVA non versata all’erario dalle società cartiere.

Per la raccolta delle ingenti somme liquide derivanti dalla frode, il clan MOCCIA si avvaleva di una vera e propria organizzazione parallela, autonoma e strutturata, atta al riciclaggio di elevate risorse finanziarie, gestita da “colletti bianchi”, attiva sia sul territorio partenopeo che su quello romano. In pratica, le società “cartiere” gestite dal gruppo COPPOLA, una volta introitate le somme a seguito delle forniture di prodotto petrolifero, effettuavano con regolarità ingenti bonifici a società terze, simulando pagamenti di forniture mai avvenute. Quest’ultimo, mediante la propria organizzazione territoriale, provvedeva ai prelevamenti in contanti e allerestituzioni tramite “spalloni”. Nello svolgere tale attività, questo gruppo tratteneva per sé una percentuale su quanto incassato.

Si trattava in buona sostanza di soldi provenienti dalle attività illecite dei clan reinvestiti in un settore economico legale, quello dei petroli, per produrre altri proventi illeciti attraverso le frodi fiscali: un effetto moltiplicatore dell’Illecito che finisce per annichilire la concorrenza, sia per i prezzi alla pompa troppo bassi per gli operatori onesti, sia perché questi ultimi indietreggiano quando capiscono che hanno di fronte imprenditori mafiosi.

Per il territorio di Roma, quella struttura professionale si avvaleva di altri soggetti che gestivano piccoli gruppi di persone, le cui mansioni erano quelle di effettuare continui prelievi di contanti (in misura frazionata) su conti correnti postali intestati a società cartiere e/o a soggetti prestanome. Tali risorse finanziarie in contanti, una volta raccolte, venivano concentrate nell’area napoletana, e fatte pervenire, tramite “spalloni”, agli stessi riciclatori romani, che successivamente provvedevano alla consegna ai “clienti”, tra i quali come detto figurava proprio il gruppo societario facente capo ad Alberto COPPOLA e Antonio MOCCIA, a perfetta chiusura del riciclo di denaro sporco.

Riassumendo, quindi, Antonio MOCCIA, Alberto COPPOLA e Anna BETTOZZI risultano gravemente indiziati di aver stretto un accordo societario di fatto per la commissione di illeciti di cui hanno beneficiato praticamente tutti i soggetti coinvolti; il rapporto con COPPOLA Alberto è stato fondamentale per la BETTOZZI in quanto l’uomo è subentrato nell’azienda in un momento di evidenti difficoltà economiche e gestionali dovute anche ai problemi di salute del marito Sergio DI CESARE. La BETTOZZI, infatti, è risultata donna scaltra e molto ben inserita negli ambienti del potere imprenditoriale (e non solo) capitolino, e tuttavia non all’altezza di sostituire da sola il coniuge, petroliere di collaudata esperienza: il patto con COPPOLA e MOCCIA, dunque, ha apportato agli affari comuni la competenza “specialistica” del COPPOLA e soprattutto le provviste finanziare e il sostegno del potere mafioso del MOCCIA, le une e l’altro non soltanto ben accetti ma anche ricercati dal mondo affaristico romano.

Come emerso dalle indagini napoletane, la rilevanza dell’incipiente business dei MOCCIA nel settore degli oli minerali, nel quale quel clan era diventato egemone proprio grazie ai prezzi super-competitivi ottenuti grazie alle frodi, provoca reazioni anche violente da parte di altri clan della camorra. Alberto COPPOLA subisce due attentati con esplosione di colpi di pistola, a seguito dei quali non esita a chiedere aiuto al suo referente e parente Antonio MOCCIA che si attiva. Ne consegue una pax mafiosa, imposta dai MOCCIA e suggellata con la cessione di una quota dell’impianto di carburanti al clan MAZZARELLA.

Le indagini sulla ‘ndrangheta: DDA Catanzaro.

Sul versante delle indagini sulla ‘ndrangheta, l’indagine, avviata nel giugno 2018 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro – Direzione Distrettuale Antimafia, quale naturale prosecuzione dell’operazione “Rinascita-Scott”, si è incentrata sulle figure di taluni imprenditori vibonesi, attivi nel settore del commercio di carburanti, ritenuti espressione della cosca MANCUSO di Limbadi, nonché collegati alle articolazioni ‘ndranghetistiche sia della Provincia di Vibo Valentia (BONAVOTA di S. Onofrio, gruppo di San Gregorio, ANELLO di Filadelfia e PISCOPISANI) che del “reggino” (cosca PIROMALLI, cosca ITALIANO diDelianuova, cosca PELLE di S. Luca).

In particolare, sono stati accertati due sistemi di frode, riguardanti il commercio del gasolio, attraverso il coinvolgimento di 12 società, 5 depositi di carburante e 37 distributori stradali, elaborati, organizzati e messi in atto proprio dagli indagati.

La lunga attività investigativa ha fatto emergere gravi indizi a carico di soggetti mafiosi che, grazie alla collaborazione di imprenditori titolari e gestori di attività economiche ubicate in Sicilia, operanti nel medesimo settore, avrebbero costituito, organizzato e diretto un’associazione per delinquere, con base in Vibo Valentia, finalizzata alla evasione dell’IVA e delle accise su prodotti petroliferi.

L’associazione avrebbe commesso innumerevoli reati fiscali ed economici: contrabbando di prodotti petroliferi, l’emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, l’interposizione di società “cartiere”, la contraffazione e utilizzazione di Documenti di Accompagnamento Semplificati (DAS), il riciclaggio, il reimpiego in attività economiche di proventi illeciti, l’auto-riciclaggio, il trasferimento fraudolento di valori e altri.

Il sistema di frode consisteva nell’importazione, perlopiù dall’est-Europa, di prodotti petroliferi artefatti (miscele) e oli lubrificanti, successivamente immessi in commercio come gasolio per autotrazione, con conseguenti cospicui guadagni dovuti al differente livello di imposizione. I prodotti venivano, quindi, trasportati, con documentazione di accompagnamento falsa, presso i siti di stoccaggio nella disponibilità dell’associazione, ubicati in Maierato (VV) e Santa Venerina (CT), pronti per essere immessi sul mercato (sia fatturato che completamente in nero) come “gasolio per autotrazione”, categoria merceologica di maggiore valore, soggetta ad un’accisa superiore, con notevole margine di guadagno.

In tal modo, dal 2018 al 2019, sono stati movimentati circa 6.000.000 di litri di gasolio per autotrazione di provenienza illecita, cui corrisponde un’evasione di accisa pari ad euro 5.766.018,60. Inoltre, sono stati accertati episodi di omessa dichiarazione dell’IVA, con un’evasione pari ad euro 661.237,86, di emissione di fatture per operazioni inesistenti per euro 1.764.022,27, nonché di omesso versamento di IVA per euro 1.729.586,00.

Altra tipologia di frode, riconducibile a una seconda associazione per delinquere, contemplava lo strumentale ricorso al deposito fiscale romano dalla società MADE PETROL ITALIA S.r.l. e sarebbe stata anch’essa promossa e organizzata a Vibo Valentia, con il contributo dei medesimi imprenditori vibonesi e con la partecipazione di indagati (soprattutto) romani e napoletani – a loro volta intranei ad associazioni camorristiche napoletane.

In questo caso, gli associati acquistavano, dal suddetto deposito, ingenti quantitativi di prodotto petrolifero, formalmente riportato sui documenti come “gasolio agricolo” e, quindi, soggetto ad imposizione di favore, movimentando in realtà vero e proprio “gasolio per autotrazione”, con consistente fraudolento risparmio di spesa ed elevatissimi margini di guadagno.

Ancora una volta, i sodali perseguivano l’obiettivo di evadere le imposte e, quindi, di lucrare illecitamente su tali commerci, emettendo fatture per operazioni inesistenti, simulando la titolarità/gestione di società “cartiere” in capo terzi, utilizzando documentazione mendace, riciclando/reimpiegando, in attività economiche, denaro provento di attività illecita e così via.

Anche in questo ulteriore canale di contrabbando, peraltro, è risultata coinvolta una compagine catanese, facente capo a soggetti già implicati in precedenti attività investigative, quali imprenditori di riferimento delle famiglie mafiose di Catania dei clan MAZZEI e PILLERA.

In concreto, negli anni 2018 e 2019, mediante il citato sistema illecito, sono stati movimentati, rispettivamente, oltre 2.400.000 litri e oltre 1.900.000 litri di prodotto petrolifero, con un’evasione di accisa per euro 1.862.669,29 e un’evasione di IVA per euro 618.589,68 per omessa dichiarazione, oltre alla emissione di fatture per operazioni inesistenti per euro 249.826,97.

In tale frangente, inoltre, sarebbe emerso il solido collegamento tra i prevenuti vibonesi e i gestori di un deposito fiscale, sito in Locri, ove i sodali campani e siciliani avevano interesse ad avviare stabili commerci, al fine di sviluppare ulteriori e parimenti remunerative forme di frode.

Nella rete di contrabbando di prodotti petroliferi e conseguente riciclaggio, poi, gravi indizi convergono sul coinvolgimento anche di esponenti di primo piano della cosca MANCUSO, quali gestori (seppure per interposta persona) di impianti di distribuzione di carburante.

Ulteriore conferma della diffusività del fenomeno criminale investigato e della capacità di propagazione dello stesso si rinvengono nel segmento investigativo che ha messo in luce il tentativo, sempre ad opera degli imprenditori vibonesi, congiuntamente agli esponenti apicali della famiglia MANCUSO, di aprire nuovi canali di importazione di carburante direttamente in Calabria, mediante l’avvio di trattative col rappresentante di un importante gruppo petrolifero internazionale, appositamente giunto in Calabria.

È stato possibile, infatti, monitorare l’incontro, tra tutti i predetti, nel corso del quale si trattava della realizzazione di un ambizioso progetto ingegneristico e commerciale, consistente nella realizzazione di un deposito fiscale-costiero di prodotti petroliferi, nell’area industriale di Portosalvo (VV), da collegare, attraverso una condotta sottomarina, ad una grande cisterna galleggiante, da collocare al largo della costa vibonese.

In ultimo, ma non meno rilevante, l’indagine ha permesso di far luce sugli interessi della criminalità organizzata vibonese nel settore edile, nel quale sono forti gli indizi del totale controllo mafioso, da parte delle maggiori consorterie attive sul territorio (MANCUSO, BONAVOTA, FIARE’-RAZIONALE-GASPARRO, ANELLO), soprattutto nelle forniture di calcestruzzo, per i maggiori cantieri all’opera nel territorio della provincia di Vibo Valentia.

Le indagini sulla ‘ndrangheta: DDA Reggio Calabria.

A Reggio Calabria, infine, sempre oggi, sono giunte a epilogo complesse indagini condotte dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria e dal Servizio Centrale I.C.O. di Roma, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che hanno riguardato una struttura organizzata, attiva nel commercio di prodotti petroliferi, gravemente indiziata di aver utilizzato sistemi di frode allo scopo principale di evadere le imposte, in modo fraudolento e sistematico, attraverso l’emissione e l’utilizzo (improprio) delle c.d. “Dichiarazioni di Intento”, sotto la direzione strategica di un commercialista e con la compiacenza di soggetti esercenti depositi fiscali e commerciali, con un controllo capillare dell’organizzazione criminale di tutta la filiera della distribuzione del prodotto petrolifero, dal deposito fiscale ai distributori stradali.

Le investigazioni puntavano a far emergere gli interessi della ‘ndrangheta, della mafia siciliana e della camorra, nella gestione del business del commercio di prodotti petroliferi sull’intero territorio nazionale.

Tra i principali membri apicali del sodalizio spiccano:

 RUGGIERO Vincenzo cl ‘35 e RUGGIERO Gianfranco cl’ 61, espressione imprenditoriale della cosca di ‘ndrangheta “PIROMALLI” operante nel mandamento tirrenico della provinciale di Reggio Calabria e, segnatamente, nel locale di Gioia Tauro;

  •   CAMASTRA Giovanni cl’ 64 e CAMASTRA Domenico cl’ 71 e le entità giuridiche agli stessi riconducibili, espressione imprenditoriale della cosca di ‘ndrangheta “CATALDO” operante nel mandamento ionico della provinciale di Reggio Calabria e, segnatamente, nel locale di Locri; gli stessi sono stati, nel tempo, anche al servizio di varie cosche di ‘ndrangheta (PELLE di San Luca, AQUINO di Gioiosa Ionica, CORDI’ di Locri e FICARA- LATELLA di Reggio Calabria);
  •   DEL LORENZO Giuseppe cl’ 75, contiguo alla cosca “LABATE” dominante nella zona sud di Reggio Calabria.

    Le società investigate (“cartiere”), affermando fraudolentemente di possedere tutti i requisiti richiesti al fine di poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, presentavano alla ITALPETROLI S.p.A. di Locri – volano della frode – la relativa dichiarazione di intento per l’acquisto di prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’IVA; il prodotto così acquistato, a seguito di diversi (e cartolari) passaggi societari, veniva poi ceduto, a prezzi concorrenziali, ad individuati clienti. In sostanza:

 la frode si innescava attraverso le forniture di prodotto (in regime di non imponibilità) effettuate dal deposito fiscale (nonché deposito IVA), consapevole e promotore del sistema fraudolento; l’acquisto veniva effettuato, senza applicazione dell’IVA, da imprese cartiere che, prive dei requisiti richiesti dalla normativa di settore per assumere la qualifica di esportatore abituale, presentavano false dichiarazioni d’intento; tali operatori,formalmente amministrati da prestanome nullatenenti, erano riconducibili e gestiti direttamente dall’organizzazione criminale;

 le società “cartiere”, attraverso broker operanti sul territorio calabrese, campano e siciliano, vendevano ai clienti finali a prezzi assolutamente concorrenziali, al di sotto del valore di mercato, sfruttando indebitamente il vantaggio economico dell’IVA non versata.

In merito, l’organizzazione investigata, a seguito di un controllo fiscale nei confronti dell’ITALPETROLI S.p.A., ha adottato una serie di accorgimenti che hanno portato ad un mutamento del sistema fraudolento optando per la drastica soluzione di omettere il versamento dell’imposta sul valore aggiunto e sulle accise e, di conseguenza, mandare il deposito definitivamente in default.

Nel corso delle indagini è stato ricostruito:

  •   un giro di false fatturazioni per un ammontare imponibile complessivo pari ad oltre 600

    milioni di euro e IVA dovuta pari ad oltre 130 milioni di euro;

  •   l’omesso versamento di accise per circa 31 milioni di euro; al riguardo le investigazioni hanno consentito di accertare che i membri del sodalizio, nella fase di default, formavano e trasmettevano all’Agenzia delle Dogane un fittizio (con attestazione falsa di “pagato”) modello F24 attestante il pagamento delle accise dovute dalla ITALPETROLI S.p.A. per il mese di marzo 2019 – per un importo di circa 11 milioni di euro – col duplice fine di scongiurare eventuali controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria e, di conseguenza, proseguire con il disegno illecito.

    Nel mese di maggio del 2019, a riscontro all’attività investigativa, è stata sequestrata la somma contante di 1.086.380,00 di euro, occultata all’interno di un’autovettura appositamente modificata per l’occultamento e il trasporto della valuta.

    I proventi illeciti, così ripartiti dai membri dell’organizzazione, sarebbero stati in quota parte, reinvestiti nel medesimo circuito criminale e/o impiegati in altre attività finanziarie/imprenditoriali così determinando un giro di riciclaggio – autoriciclaggio, per un importo complessivo pari ad oltre 173 milioni di euro; quota parte di detto importo (pari ad oltre 41 milioni di euro) veniva riciclato su conti correnti esteri riconducibili a società di comodo bulgare, rumene, croate e ungheresi, per poi rientrare nella disponibilitàdell’organizzazione medesima.

Riepilogo dei reati contestati e dei provvedimenti eseguiti

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TOTALE COMPLESSIVO MISURE PERSONALI: N. 71 (56 OCC + 15 FERMI) TOTALE SEQUESTRI: 946.500.000 euro

DDA NAPOLI
Misure cautelari personali nei confronti di n. 10 soggetti (6 arresti in carcere, 4 arresti domiciliari). Sequestri per circa 4.500.000 euro.
Reati ipotizzati: artt. 416 bis (associazione di tipo mafioso), 416 bis 1. (circostanza aggravante per reati connessi ad attività mafiose), 512 bis (trasferimento fraudolento di valori), 513 bis (illecita concorrenza con minaccia o violenza), 629 (estorsione) in relazione al 628 comma nn.1 e 3, 648 bis (riciclaggio), 648 ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita), 648 ter.1 (auto- riciclaggio), 240 bis (confisca per sproporzione), 110 (concorso nel reato), 56 (tentativo) e 81 c.p.v. c.p. e artt. 10, 12 e 14 L. 497/74 (detenzione e porto illegale di armi).
Hanno operato 220 Finanzieri del Comando Provinciale Napoli.
Destinatari dei provvedimenti cautelari:

  •   CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE
    1. COPPETA Gabriele, nato ad Afragola il 04.04.1965;
    2. COPPOLA Alberto, nato a Napoli il 19.07.1967;
    3. D’AMICO Salvatore alias “O’ Pirata”, nato a Napoli il 01/08/1973;
    4. LIBERTI Domenico, nato a Napoli il 26.03.1969;
    5. MAZZARELLA Francesco, nato a Napoli il 14.05.1971;
    6. VIVESE Giuseppe, nato a Napoli il 06.08.1983.
  •   ARRESTI DOMICILIARI
    1. ABBONDANDOLO Claudio, nato a Napoli il 22.12.1972;
    2. COPPOLA Silvia, nata a Torre del Greco (NA) il 23.02.1995;
    3. DI BLASIO Maria Luisa, nata a Napoli il 21.11.1950;
    4. FIANDRA Aldo, nato a Casoria (NA) il 20.04.1960;

    DDA ROMA
    Misure cautelari personali nei confronti di n. 23 persone (10 in carcere e 13 agli arresti domiciliari). Sequestri per oltre 200 milioni di euro.
    Reati ipotizzati: associazione per delinquere costituita per la commissione di plurimi reati tributari, illecita commercializzazione di prodotti petroliferi, riciclaggio nonché autoriciclaggio, anche al fine di agevolare le attività di associazioni di tipo mafioso.
    Hanno operato 200 Finanzieri del Comando Provinciale Roma.
    Destinatari dei provvedimenti cautelari:

  •   CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE
    1. AURIEMMA Ferdinando, nato a Caserta il 19.02.1979;
    2. BETTOZZI Anna, nata a Roma il 27/07/1958;
    3. BETTOZZI Filippo Maria, nato a Roma il 02/09/1987;
    4. COPPOLA Alberto, nato a Napoli il 19.07.1967;
    5. D’AGOSTINO Felice, nato a Terlizzi (BA) il 3.02.1982;
    6. MERCADANTE Giuseppe, nato a Caserta il 13.01.1979;
    7. MOCCIA Antonio, nato ad Afragola (NA) il 13.06.1964;
    8. STRINA Roberto, nato il 20.12.1980;
    9. SCHIAVONE Armando, nato a Capua (CE) il 07.12.1974.
    10. VIVESE Giuseppe, nato a Napoli il 06.08.1983;
  •   ARRESTI DOMICILIARI
    11. CIUCCIO Raffaele, nato ad Afragola (NA) il 19.06.1964;
    12. COPPOLA Eduardo, nato Napoli il 16.12.1962;
    13. COPPOLA Roberta, nata a Torre del Greco (NA), il 02.03.1998; 14. COPPOLA Silvia, nata a Torre del Greco (NA) il 23.02.1995;
    15. DEL BENE Vittorio, nato a Nocera Inferiore (SA) il 05.02.1981;
    16. DI CESARE Virginia, nata a Roma il 25.09.1993;
    17. D’APOLITO Ilario, nato a Vallo della Lucania (PZ) il 13.07.1982; 18. DI FENZA Luigi, nato a Napoli il 22.02.1954;
    19. LIBERTI Domenico, nato a Napoli il 26.03.1969;
    20. LIONE Marco, nato a Napoli il 31.07.1973;
    21. SALVI Stefano, nato a Roma il 08.10.1979.
    22. SPADAFORA Gennaro, nato a Torre del Greco (NA) il 28.10.1974; 23. TOSCANO Claudio, nato a Napoli il 13.02.1966.

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Cronache

I principali ‘papabili’ successori di Papa Francesco: Zuppi e Parolin hanno chance importanti

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Di seguito presentiamo una panoramica dei cardinali comunemente ritenuti più papabili per succedere a Papa Francesco in caso di morte del pontefice. Per ciascuno vengono descritti il profilo biografico, le posizioni teologiche, la rilevanza geografica e geopolitica, nonché le esperienze pastorali e in Curia. Segue poi un’analisi complessiva sulla distribuzione geografica dei cardinali elettori e sulle possibili dinamiche di alleanze nel futuro Conclave.

Cardinale Pietro Parolin (Italia) – Segretario di Stato Vaticano

Pietro Parolin, 70 anni, è dal 2013 Segretario di Stato della Santa Sede (il “primo ministro” vaticano) ed è spesso considerato un candidato di compromesso tra le correnti progressiste e conservatrici​. Nato in Veneto nel 1955, è stato ordinato sacerdote a 25 anni e ha intrapreso la carriera diplomatica: ha servito come nunzio apostolico in Nigeria e Messico, poi come Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati​. Grande esperto di politica internazionale, ha avuto un ruolo cruciale nelle relazioni con il Medio Oriente e soprattutto nel dialogo con la Cina, culminato nello storico accordo provvisorio del 2018 sulla nomina dei vescovi (rinnovato più volte)​.

Parolin è considerato un moderato dal punto di vista teologico – apertamente progressista ultra-conservatore – e per questo potrebbe fungere da ponte tra le due principali correnti del Collegio. Vicino allo stile pastorale di Francesco (attenzione ai poveri, visione “globalista” della Chiesa)​, porterebbe avanti molte riforme di Francesco ma con un approccio più discreto e diplomatico. Grazie alla vasta esperienza di governo e alla stima trasversale di cui gode tra i confratelli cardinali, Parolin viene spesso indicato come un “naturale successore” se il Conclave cercasse stabilità e continuità nella linea di Bergoglio​.

Cardinale Matteo Maria Zuppi (Italia) – Arcivescovo di Bologna

Matteo Zuppi (foto Imagoeconomica in evidenza), 69 anni, è arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana). Romano di nascita, proviene dalla comunità di Sant’Egidio, con un passato da sacerdote di frontiera nelle periferie romane. Molto amato per lo stile semplice e dialogante, incarna il profilo del “prete di strada” vicino ai poveri nello spirito francescano​. Durante gli anni ’90 ha partecipato come mediatore a importanti processi di pace (Mozambico, Burundi, Guatemala) insieme alla Comunità di Sant’Egidio​. Nominato vescovo ausiliare di Roma nel 2012, è stato scelto da Francesco come arcivescovo di Bologna nel 2015 e creato cardinale nel 2019​. Zuppi è considerato un esponente di punta dell’ala progressista: attento ai temi sociali (migranti, emarginati) e aperto nel dialogo ecumenico e interreligioso, in sostanziale continuità con l’impostazione di Papa Francesco. Dal 2022 guida l’episcopato italiano e nel 2023 è stato inviato da Francesco come mediatore nella guerra in Ucraina, incontrando leader a Kiev, Mosca, Washington e Pechino​. La sua nomina a Pontefice rappresenterebbe una chiara scelta di continuità “francescana”, sebbene con un temperamento mite e conciliante. C’è da aspettarsi che i settori più conservatori della Chiesa lo guarderebbero con una certa sospettosità per le sue posizioni aperte​, ma molti lo vedono come una figura capace di unire spiritualità e attenzione pastorale sul campo.

Cardinale Luis Antonio G. Tagle (Filippine) – Pro-Prefetto di Evangelizzazione

Luis Antonio “Chito” Tagle, 67 anni, filippino, è spesso citato tra i papabili più accreditati fuori dall’Europa. Arcivescovo di Manila dal 2011 al 2019, è stato chiamato da Papa Francesco a Roma come Prefetto (ora Pro-Prefetto) del Dicastero per l’Evangelizzazione – uno degli incarichi più importanti – dopo aver guidato Caritas Internationalis per diversi anni​. Tagle unisce una solida formazione teologica (dottorato negli USA, docente e poi vescovo relativamente giovane) a un carisma comunicativo che gli ha valso il soprannome di “Francesco asiatico”​. Come Papa Francesco, infatti, è noto per la vicinanza ai poveri e l’attenzione alla giustizia sociale​. Se eletto, sarebbe il primo pontefice dell’Asia in duemila anni di storia, segnalando quella “svolta Global South” a lungo attesa​. Teologicamente Tagle è considerato un progressista moderato: ha difeso con fermezza la dottrina pro-life (si è opposto ad aborto ed eutanasia nelle Filippine) ma al contempo ha invocato maggiore misericordia pastorale verso le coppie omosessuali e le situazioni familiari irregolari​. Inoltre, ha svolto un ruolo chiave nel dialogo segreto con la Cina riguardo alla nomina dei vescovi, forte anche delle sue origini cinesi da parte di madre​. Negli ultimi anni alcune difficoltà gestionali emerse in Caritas (commissariata nel 2022) hanno forse leggermente offuscato la sua immagine, ma resta uno dei candidati di peso con rilevanza geopolitica: darebbe voce alla crescente Chiesa asiatica​.

Cardinale Fridolin Ambongo Besungu (Rep. Dem. Congo) – Arcivescovo di Kinshasa

Fridolin Ambongo, 63 anni, è l’arcivescovo di Kinshasa (Capitale della RD Congo) e uno dei leader più in vista della Chiesa africana contemporanea. Cappuccino, con studi in teologia morale a Roma, è stato professore e ha guidato diocesi minori prima di essere promosso alla sede primaziale del Congo nel 2018 da Papa Francesco​. Creato cardinale nel 2019, Ambongo è diventato nel 2023 Presidente del SECAM, l’associazione delle Conferenze Episcopali di tutta l’Africa​. Nel suo paese è noto per l’impegno sociale e politico: ha denunciato corruzione, sfruttamento neocoloniale delle risorse e ingiustizie, divenendo di fatto anche una voce critica verso il potere politico locale​. Su questi temi mostra un volto progressista e attento all’ecologia e ai diritti dei più deboli. Allo stesso tempo, sul piano dottrinale e morale Ambongo mantiene posizioni piuttosto ortodosse: ad esempio, ha guidato la fronda dei vescovi africani contro l’ipotesi di benedizione delle coppie omosessuali emersa in Vaticano nel 2023​. Questa apparente contraddizione – progressista sui temi sociali, conservatore su quelli etici – rende incerto il suo effettivo peso in Conclave​. Tuttavia, molti osservatori lo indicano da anni come papabile, poiché l’elezione di un papa africano (sarebbe il primo nella storia moderna) invierebbe un segnale forte a una Chiesa sempre più globale​. Ambongo potrebbe catalizzare il voto di molti porporati del Sud del mondo desiderosi di rappresentanza, a patto di rassicurare i settori più tradizionalisti sulla continuità dottrinale.

Cardinale Péter Erdő (Ungheria) – Arcivescovo di Esztergom-Budapest

Péter Erdő, 72 anni, arcivescovo di Budapest, è da tempo considerato il candidato di punta dei conservatori​. Teologo e canonista di fama (autore di centinaia di saggi accademici), ha una lunga esperienza ecclesiale: vescovo dal 1999, cardinale dal 2003 (fu uno dei più giovani porporati nominati da Giovanni Paolo II)​. Ha guidato per un decennio le Conferenze Episcopali Europee, costruendo contatti in tutto il continente e in Africa​. Erdő è un uomo di profonda cultura e di marcata sensibilità tradizionale: difende con forza le radici cristiane dell’Europa, è fermamente pro-vita, contrario al celibato opzionale dei preti e all’apertura verso le unioni omosessuali​. Pur essendo nel campo conservatore, ha mantenuto un atteggiamento pragmatico e non si è mai scontrato frontalmente con Papa Francesco​. Anzi, per molti rappresenta una figura di possibile compromesso, un conservatore dialogante che potrebbe essere accettabile anche ai moderati​. La stampa cattolica internazionale lo cita spesso tra i papabili: Catholic Herald ha scritto che un conclave orientato a destra potrebbe sceglierlo per dare un messaggio chiaro sulla direzione dottrinale della Chiesa​. La sua padronanza delle lingue (parla italiano, tedesco, francese, spagnolo, russo) potrebbe persino agevolare rapporti ecumenici delicati, ad esempio con il mondo ortodosso russo​. Se eletto, Erdő sarebbe il primo papa originario dell’Europa orientale dai tempi di Giovanni Paolo II e porterebbe l’esperienza di una Chiesa, quella ungherese, vissuta a lungo ai margini sotto i regimi comunisti.

Cardinale Jean-Marc Aveline (Francia) – Arcivescovo di Marsiglia

Jean-Marc Aveline, 66 anni, è arcivescovo di Marsiglia e uno dei teologi più apprezzati tra i nuovi cardinali creati da Francesco. Nato in Algeria da famiglia francese pied-noir, incarna nel suo vissuto personale il dialogo tra culture e religioni del Mediterraneo​. La sua formazione comprende un dottorato in teologia e una laurea in filosofia; ha servito a lungo nella pastorale e nell’insegnamento in Francia, diventando vescovo ausiliare nel 2013 e poi arcivescovo nel 2019​. Francesco lo ha creato cardinale nel 2022, facendone uno dei volti della Chiesa europea attenta alle periferie: Aveline infatti è molto impegnato sul tema dei migranti e nel dialogo con l’Islam, data la particolare realtà multireligiosa di Marsiglia​. Ideologicamente è vicino alla linea di Papa Francesco, tanto che in Francia qualcuno lo chiama con affetto “John XXIV” per la somiglianza col papa riformatore Giovanni XXIII​. Aveline unisce uno stile pastorale popolare e gioviale a un solido spessore intellettuale. La sua ascesa è stata rapida sotto il pontificato attuale e il successo dell’Incontro ecclesiale del Mediterraneo da lui organizzato nel 2023 (con la presenza di Francesco) ne ha accresciuto la statura internazionale. Come papa sarebbe il primo francese dal XIV secolo​. Un possibile handicap è la scarsa dimestichezza con l’italiano​, lingua che tuttavia comprende: elemento non secondario dovendo governare la diocesi di Roma. Ciononostante, il suo nome figura tra i papabili soprattutto per chi auspica un pontefice europeo pastoralmente progressista ma radicato nella tradizione teologica.

Cardinale Pierbattista Pizzaballa (Italia) – Patriarca di Gerusalemme

https://it.euronews.com/my-europe/2025/04/22/il-collegio-dei-cardinali-chi-sono-i-papabili-in-conclave-dopo-la-morte-di-papa-francesco

Pierbattista Pizzaballa, 60 anni, è Patriarca Latino di Gerusalemme dal 2020 e uno dei più recenti cardinali italiani (creato da Francesco nel concistoro del 30 settembre 2023). Francescano, originario della provincia di Bergamo, ha vissuto gran parte della sua vita in Terra Santa, dove è stato a lungo Custode di Terra Santa (superiore dei francescani nei Luoghi Santi) dal 2004 al 2016​. La sua profonda esperienza in Medio Oriente lo ha visto spesso operare come mediatore tra comunità in conflitto: parla correntemente l’ebraico (è stato il primo cristiano a studiare la Bibbia all’Università Ebraica di Gerusalemme)​ e l’arabo, ed è una voce ascoltata sia da israeliani che palestinesi​. Pizzaballa condivide con Papa Francesco l’attenzione ai migranti, il rifiuto del clericalismo e l’apertura al dialogo interreligioso​. Allo stesso tempo tiene a sottolineare la fedeltà alla tradizione: pur aperto alla modernità, ritiene che una Chiesa “aperta a tutti” non significhi una Chiesa “di tutti” senza regole​. Questa duplice natura – pastore accogliente ma saldo nelle radici – lo rende un possibile profilo di sintesi. Viene talvolta indicato come figura di collegamento tra progressisti e conservatori​: un italiano fuori dagli schemi curiali, giovane rispetto alla media (sarebbe uno dei papi più giovani degli ultimi decenni), con visione globale. La sua elezione porterebbe per la prima volta un Patriarca di Gerusalemme sul soglio di Pietro, sottolineando l’attenzione al Medio Oriente e alle sfide del dialogo con l’ebraismo e l’Islam.

Cardinale Juan José Omella (Spagna) – Arcivescovo di Barcellona

Juan José Omella, 79 anni, è l’arcivescovo di Barcellona e una figura vicina allo stile pastorale di Papa Francesco. Ha una lunga esperienza missionaria e di carità: da giovane sacerdote ha trascorso un periodo come missionario in Zaire(odierna RD Congo) e per anni è stato responsabile di Manos Unidas, l’organizzazione cattolica spagnola per la lotta alla fame​. Vescovo dal 1996, ha guidato diverse diocesi minori prima di essere nominato alla importante sede di Barcellona nel 2015 da Francesco, che lo ha creato cardinale nel 2017​. Dal 2020 è presidente della Conferenza Episcopale Spagnola. Omella è descritto come un pastore umile e bonario, di vita semplice, dedito al servizio degli ultimi – caratteristiche che ricordano da vicino lo stile “della porta accanto” di Bergoglio​. In termini teologici è annoverato tra i moderati-progressisti: attento al sociale, ma senza strappi clamorosi alla tradizione. Proprio questa sua vicinanza al “cuore” del pontificato attuale e l’età avanzata lo rendono talvolta paragonato a un possibile papa di transizione, qualora i cardinali cercassero un pontificato breve in continuità con Francesco. Va detto che 79 anni sono un’età molto elevata per un candidato (sarebbe uno dei papi eletti più anziani), e ciò potrebbe ridurre le sue chances. Tuttavia, Papa Francesco ha scherzato una volta dicendo che il suo successore potrebbe chiamarsi Giovanni XXIV, e alcuni in Spagna hanno affibbiato ad Omella proprio l’appellativo di “Juan XXIV” per la sua somiglianza spirituale col papa buono​. Seppure meno citato di altri, il suo nome resta sullo sfondo come papabile di consenso per il fronte bergogliano.

Cardinale Blase J. Cupich (Stati Uniti) – Arcivescovo di Chicago

Blase Cupich, 76 anni, arcivescovo di Chicago, è uno dei principali esponenti dell’ala progressista della Chiesa statunitense. Papa Francesco lo ha voluto a Chicago nel 2014 e creato cardinale nel 2016, rompendo con tradizioni di nomine più conservatrici in quella sede. Cupich si è distinto per posizioni coraggiose in difesa dei migranti e delle minoranze: celebre il suo intervento alla vigilia dell’insediamento di Donald Trump, quando dichiarò che la Chiesa si sarebbe opposta ad ogni piano di deportazione di immigrati e a eventuali incursioni delle autorità nei luoghi di culto​. Sul fronte degli abusi ha avviato una difficile opera di risanamento quando era vescovo a Spokane. Teologicamente, Cupich è allineato con l’agenda di Papa Francesco su temi come ambiente, giustizia sociale e un approccio pastorale inclusivo. La sua elezione sarebbe epocale in quanto significherebbe il primo papa nordamericano, anche se tradizionalmente i cardinali sono riluttanti a scegliere un pontefice dagli Stati Uniti. Geopoliticamente, infatti, un papa americano potrebbe essere visto come troppo legato alla superpotenza mondiale​. Ciò rende Cupich un papabile di minoranza, ma il suo nome potrebbe emergere come riferimento per un gruppo di porporati riformisti. Nel caso remoto di un papa statunitense, la sua figura (insieme a quella del connazionale Tobin) appare la più quotata per incarnare la continuità con Francesco in terra americana​.

Cardinale Joseph W. Tobin (Stati Uniti) – Arcivescovo di Newark

Joseph Tobin, 72 anni, arcivescovo di Newark (New Jersey), è un altro cardinale USA in sintonia con la linea di Papa Francesco. Redentorista, già superiore generale del suo ordine, ha lavorato alcuni anni a Roma come segretario del dicastero per la Vita Consacrata, prima di tornare negli Stati Uniti come arcivescovo (prima a Indianapolis, poi a Newark)​. Francesco lo ha creato cardinale nel 2016, preferendolo ad altre sedi più tradizionali (come quella di Philadelphia) e segnalando così il suo apprezzamento. Tobin è noto per il suo impegno a favore dei migranti e per la vicinanza pastorale: ha denunciato con forza le politiche di separazione delle famiglie migranti e proposto iniziative concrete per accompagnare e difendere gli immigrati vulnerabili​. Caratterialmente cordiale e alla mano, rappresenta bene l’episcopato “di periferia” valorizzato da Francesco. Anche per Tobin valgono le considerazioni geopolitiche fatte per Cupich: un papa statunitense sarebbe una novità storica e non è tra gli scenari più probabili​. Tuttavia, se mai i cardinali volessero rompere questo tabù, Tobin – insieme a Cupich – “sarebbe il candidato più probabile”​. La sua elezione porterebbe sulla Cattedra di Pietro una sensibilità pastorale nordamericana attenta ai problemi sociali, ma potrebbe incontrare resistenze presso alcuni settori più tradizionalisti della Chiesa USA.

Distribuzione geografica dei cardinali elettori

I cardinali che eleggeranno il prossimo papa provengono da tutti i continenti, riflettendo la natura universale della Chiesa Cattolica. Su un totale attuale di 135 cardinali elettori (cioè sotto gli 80 anni)​, la ripartizione per provenienza geografica è la seguente:

  • Europa: 53 elettori, pari a circa il 39% del totale​. L’Europa, pur rappresentando ormai una minoranza dei cattolici mondiali, continua ad avere il gruppo più numeroso di cardinali con diritto di voto.

  • Asia: 23 elettori (17,4%)​. Notevole è la crescita della componente asiatica, incrementata significativamente da Papa Francesco con porpore a Paesi come India, Filippine, Thailandia, Mongolia e altri.

  • Africa: 18 elettori (13%)​. Anche l’Africa ha visto aumentare il proprio peso nel Collegio; molti di questi cardinali provengono da nazioni dell’Africa subsahariana in forte crescita demografica.

  • Americhe: 38 elettori in totale, di cui 20 dall’America del Nord (14,5%) e 18 dall’America del Sud (13%)​. Se considerati congiuntamente, i porporati delle Americhe costituiscono circa il 28% degli elettori, con una presenza significativa sia dagli Stati Uniti e Canada sia da America Latina e Caraibi.

  • Oceania: 4 elettori (circa 3%)​, provenienti essenzialmente da Australia, Nuova Zelanda e isole del Pacifico.

Questa distribuzione riflette lo spostamento del baricentro cattolico verso il Sud globale: circa il 62% degli elettori viene ormai da fuori dell’Europa (in particolare da Americhe, Africa, Asia e Oceania) Va anche notato che quasi l’80% dei cardinali elettori sono stati creati da Papa Francesco stesso​. Di conseguenza, il prossimo Conclave rispecchierà una Chiesa dal volto sempre più planetario, con 71 Paesi rappresentati complessivamente dai porporati votanti​.

Il peso dei continenti e le possibili influenze sull’elezione

L’equilibrio geopolitico sopra delineato giocherà un ruolo importante nelle dinamiche del Conclave. In linea generale, i cardinali europei – pur essendo numericamente il gruppo maggiore – sono assai eterogenei per sensibilità teologiche e nazionalità, e difficilmente voteranno in blocco. La loro preminenza (39%) garantisce comunque un’influenza notevole: ad esempio, molti papabili di spicco (Parolin, Zuppi, Erdő, Aveline, Pizzaballa, Omella) provengono dall’Europa e potrebbero inizialmente raccogliere consensi nelle rispettive aree linguistiche o culturali. Tuttavia, l’epoca in cui i conclavi erano dominati dai “blocchi” italiani ed europei è finita – come dimostra l’elezione di due papi non europei di seguito (uno sudamericano, Francesco, e prima di lui un nordamericano, Benedetto XVI di origine tedesca, benché europeo).

I cardinali delle Americhe rappresentano insieme più di un quarto dei votanti. L’America Latina, forte di 18 elettori, vorrà certamente far sentire la propria voce: benché abbia già dato un papa recentemente, potrebbe spingere per un successore che mantenga alta l’attenzione alle periferie e alla giustizia sociale che ha caratterizzato il pontificato di Francesco (molti latinoamericani appoggiano candidati progressisti come Tagle, Zuppi o altri di simile sensibilità). I nordamericani (20 elettori, di cui 11 dagli USA) storicamente non riescono a convergere su uno di loro – e spesso preferiscono appoggiare candidati di altre regioni vicini alle loro vedute. Nel Conclave 2025, i porporati statunitensi più conservatori potrebbero sostenere figure come Erdő o altri di linea tradizionale, mentre quelli progressisti (come Cupich e Tobin) sarebbero orientati verso un successore in continuità con Francesco. In ogni caso, l’ipotesi di un Papa proveniente dagli Stati Uniti rimane remota, quindi il peso nordamericano verrà probabilmente speso per influenzare l’elezione di un candidato di un’altra area.

L’Africa con 18 voti (13%) è per dimensioni paragonabile all’America Latina. Gli africani, pur provenendo da varie nazioni, tendono ad avere preoccupazioni pastorali simili – soprattutto sul fronte di famiglia e morale sessuale dove sono generalmente più conservatori. È plausibile che i cardinali africani cerchino di sostenere un candidato che garantisca continuità dottrinale sui valori tradizionali (ad esempio potrebbero guardare con favore a un Erdő, o a un moderato come Parolin, piuttosto che a candidati percepiti come troppo liberali sulle questioni etiche). D’altro canto, l’orgoglio di vedere finalmente un Papa africano potrebbe portarli a convergere inizialmente su uno dei loro, come Ambongo o eventualmente un Turkson (Ghana, 76 anni) – candidature simboliche che però potrebbero servire da ago della bilancia nelle trattative: ad esempio, spingendo altri papabili a impegnarsi ad ascoltare di più le istanze del continente in cambio di appoggio. In Africa inoltre gode ancora di prestigio il cardinale guineano Robert Sarah (79 anni), figura conservatrice di spicco; sebbene le sue chance di essere eletto siano minime per via dell’età e delle posizioni rigide, la sola presenza di personalità come Sarah nel Conclave può influenzare parte dell’elettorato verso opzioni più tradizionali​.

L’Asia con 23 voti (17%) avrà un ruolo determinante come kingmaker. I cardinali asiatici formano un gruppo diversificato (dalle Filippine all’India, dalla Corea al Medio Oriente); molti di essi sono stati nominati da Francesco e ne condividono la visione pastorale. È diffusa la speranza che l’Asia possa esprimere il prossimo papa – speranza incarnata soprattutto da figure come Tagle. In Conclave, i voti asiatici potrebbero inizialmente convergere proprio sul cardinale filippino. Se però Tagle non ottenesse un consenso sufficiente nei primi scrutini, è probabile che gli asiatici dirottino i loro voti su candidati affini per sensibilità (ad esempio un Zuppi o Parolin, o eventualmente un altro non europeo). Anche il cardinale maltese Mario Grech, sebbene europeo, è benvoluto da molti asiatici per il suo ruolo nel Sinodo e le idee riformatrici; ma il suo profilo resta secondario rispetto ai nomi già citati.

Infine, l’Oceania con soli 4 voti ha un peso marginale, ma simbolicamente importante. I due elettori australiani, in particolare, potrebbero appoggiare un candidato più conservatore dato che la Chiesa in Australia è stata scossa da sinodi e dibattiti interni (l’arcivescovo di Sydney è su posizioni tradizionali). Tuttavia, questi pochi voti difficilmente saranno decisivi se non in uno scenario di spaccatura estrema.

In sintesi, nessun continente da solo può “decidere” il Papa, ma ciascuno potrà influenzare orientando consensi verso candidati graditi. L’ampia rappresentanza di Africa, Asia e America Latina – frutto del pontificato di Francesco – rende il Conclave assai più imprevedibile e aperto a possibili sorprese rispetto al passato​. Come notava un analista, questo assetto pluralistico rende più difficile individuare un favorito di cartello prima del voto​, aumentando la necessità di dialogo e alleanze trasversali fra i cardinali.

Dinamiche teologiche e alleanze informali nel Conclave

Oltre ai fattori geografici, un ruolo cruciale sarà giocato dalle correnti teologiche e dai gruppi di interesse che attraversano il Collegio cardinalizio. Già da tempo si parla di un fronte progressista (o riformatore) e di un fronte conservatore (o tradizionalista) che cercheranno entrambi di orientare la scelta del successore di Francesco.

Va detto che circa l’80% dei elettori è stato nominato dal Papa uscente​ e molti di essi ne condividono l’impostazione pastorale: per questo motivo i progressisti appaiono in vantaggio numerico. Figure come Zuppi, Tagle, Aveline, Grech, Hollerich (cardinale lussemburghese, 66 anni, gesuita e relatore generale del Sinodo sulla sinodalità) sono esponenti di questa corrente che vorrebbe proseguire – o persino approfondire – le riforme avviate da Bergoglio (sinodalità, attenzione inclusiva a divorziati risposati e persone LGBT, maggiore ruolo ai laici e alle donne, dialogo ecumenico). Tuttavia, i progressisti non sono monolitici: potrebbero dividersi inizialmente fra più candidati di loro gradimento. Uno scenario possibile è una prima convergenza dei riformatori su qualcuno come Zuppi o Tagle; se nessuno dei due riuscisse a raggiungere rapidamente la soglia dei due terzi, parte di questi voti potrebbero spostarsi su un terzo nome di compromesso (ad esempio Parolin, considerato accettabile anche dai moderati). In questa fase iniziale sarà importante l’azione di kingmaker di alcuni cardinali influenti del gruppo progressista – ad esempio il cardinale brasiliano Cláudio Hummes (francescano, molto vicino a Francesco) avrebbe potuto esserlo, ma è scomparso nel 2022; altri come il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga (Honduras) hanno superato gli 80 anni e non votano. Quindi la leadership del fronte riformatore spetterà probabilmente a una rete di porporati più giovani e dinamici, coesi nel sostenere la linea di Francesco.

Dal lato opposto, il fronte conservatore è minoritario ma ben determinato a far sentire la propria voce. Negli ultimi anni i tradizionalisti si sono sentiti emarginati dalle politiche di Francesco, e vedono nel Conclave l’occasione per una sorta di “rivincita”​. I nomi di riferimento di quest’ala includono il cardinale americano Raymond Leo Burke (75 anni) e il guineano Robert Sarah (79 anni) – entrambi noti critici del pontificato di Francesco​. Questi due, presenti in Conclave come elettori, difficilmente potranno ambire essi stessi al papato (Burke ha relazioni tese con molti confratelli e Sarah è molto anziano e di orientamento considerato divisivo). Ma potrebbero fungere da portavoce di un gruppo di cardinali (forse 15-20) desiderosi di un netto cambiamento di rotta. Tale gruppo cercherà inizialmente di coagulare voti su un candidato conservatore “papabile”. Il più accreditato, come visto, è l’ungherese Péter Erdő, che unisce profilo dottrinale sicuro e capacità di governo. Altri nomi in quest’area potrebbero essere il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller (76 anni, già Prefetto della Dottrina della Fede con Benedetto XVI, anche lui critico di alcune innovazioni di Francesco)​, oppure – in misura minore – figure come l’americano Timothy Dolan (arcivescovo di New York, 75 anni, noto per posizioni tradizionali su etica e liturgia)​. I conservatori sanno di non avere i numeri per imporre un loro candidato da soli, ma puntano a essere ago della bilancia: potrebbero sostenere compatti Erdő o un altro nome affine e, se costateranno l’impossibilità di vincere, spostare i voti su un candidato di compromesso meno sgradito (ad esempio Parolin o Pizzaballa) per evitare l’elezione di un progressista puro. È significativo che persino il cardinale Pizzaballa venga citato dal fronte tradizionalista come figura di collegamento tra progressisti e conservatori, con “buone possibilità” di essere eletto​: ciò indica che i conservatori potrebbero accontentarsi di un moderato pur di bloccare un riformatore radicale.

Un altro raggruppamento trasversale nel Conclave potrebbe essere quello dei cosiddetti moderati/centristi o “continuisti pragmatici”. Questo non è un blocco formalmente organizzato, ma include quei cardinali che, pur nominati da Francesco, appartengono all’ala moderata della Chiesa e desiderano una continuità temperata, senza polarizzare. In questo gruppo rientrano molti europei e nordamericani che apprezzano sia le riforme di Francesco sia la solidità dottrinale: per loro candidati ideali sarebbero Parolin o anche il cardinale Jean-Claude Hollerich (sebbene più progressista su alcuni temi). Gli accordi informali tra centristi e progressisti saranno decisivi per raggiungere la quota di 2/3. È plausibile che dopo qualche scrutinio esplorativo, si formi un’alleanza tra la maggioranza dei votanti – provenienti dal mondo in via di sviluppo e dall’Europa riformatrice – attorno a un nome condiviso, per evitare stalli prolungati.

In conclusione, il Conclave che si profila appare assai più complesso e sfaccettato rispetto al passato. La combinazione di una composizione geografica diversificata e di una pluralità di correnti teologiche renderà necessarie trattative intensenelle congregazioni generali e nei colloqui riservati tra cardinali​. Le “alleanze informali” potranno formarsi sulla base di affinità regionali e di visione ecclesiale: ad esempio, i cardinali dell’America Latina e dell’Africa potrebbero convergere se individuano un candidato che garantisca sia la continuità pastorale sia la tenuta sulla dottrina; oppure, progressisti europei e asiatici potrebbero unirsi per sostenere un papabile globalista e inclusivo. Come ricorda un vecchio adagio vaticano, «chi entra papa in Conclave, ne esce cardinale»: nessun esito è scontato​. I “favoriti” della vigilia dovranno trovare conferme nello scrutinio segreto, e non si esclude l’emergere di una sorpresa, frutto di un equilibrio nuovo tra i blocchi. Ciò che è certo è che il prossimo papa sarà scelto in un ambiente ecclesiale profondamente segnato da Francesco, ma al tempo stesso attraversato dal desiderio di imprimere una direzione chiara per il futuro su questioni chiave come il ruolo della donna, la sessualità, la sinodalità e la tradizione​. Il risultato finale dipenderà dall’abilità dei cardinali di costruire ponti tra di loro almeno quanto da quella di scegliere l’uomo giusto da mettere sul trono di Pietro.

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Cronache

Sparatoria a Monreale, fermato 19enne

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I carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno eseguito un provvedimento di fermo emesso dalla Procura del capoluogo nei confronti di un 19enne palermitano accusato dei reati di strage, porto abusivo e detenzione illegale di arma da fuoco. Il ragazzo è sospettato di aver ucciso a colpi di pistola Andrea Miceli, Massimo Pirozzo e Salvo Turdo durante una rissa scoppiata a Monreale sabato notte. Il provvedimento è nato dagli esiti delle prime indagini.

Il ragazzo fermato si chiama Salvatore Calvaruso e ha piccoli precedenti penali. E’ stato portato nel carcere Pagliarelli di Palermo. Nella sparatoria sono rimasti feriti anche un 16enne e un 33enne che, secondo quanto accertato, non avrebbero preso parte alla rissa, ma sarebbero passati sul luogo della sparatoria per caso.

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Cronache

Oggi ripresa delle lezioni in gran parte delle scuole italiane

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Oggi gli studenti italiani tornano in classe dopo le vacanze di Pasqua che per molte scuole si sono agganciate al ‘ponte’ del 25 aprile. Un altro stop alle lezioni si avrà in occasione della Festa del 1 maggio che cade quest’anno di giovedì e consentirà ad alcune scuole di tenere chiusi i plessi anche venerdì 2 e sabato 3, secondo la programmazione decisa dalle Regioni ma anche dai singoli istituti.

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