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Mafia dei Nebrodi, al via il processo sulla truffa dei fondi Ue. Beppe Antoci: è una vittoria dello Stato

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Novantasette imputati fra boss, affiliati e insospettabili professionisti dovranno difendersi a vario titolo dall’accusa di associazione mafiosa e truffa aggravata. Oggi si apre il processo alla mafia dei Nebrodi nell’aula bunker di Messina sulla truffa milionaria all’Unione Europea che ha portato nelle casse delle famiglie mafiose del messinese milioni di euro di contributi europei per l’agricoltura. Il procedimento nasce da un’inchiesta della Dda di Messina guidata dal procuratore Maurizio de Lucia. L’accusa in aula è rappresentata dall’aggiunto Vito Di Giorgio e dai pm Fabrizio Monaco, Francesco Massara e Antonio Cerchietti . A fiutare il business dei fondi Ue sono stati i clan storici di Tortorici, paese dei Nebrodi, i Batanesi e i Bontempo Scavo, che, anche grazie all’aiuto di un notaio compiacente e di funzionari dei centri commerciali agricoli che istruiscono le pratiche per l’accesso ai contributi europei per l’agricoltura, hanno incassato fiumi di denaro.  

Il libro verità. Tutte le tecniche truffaldine dei mafosi smascherate dal Presidente onorario della Fondazione Caponnetto

“Oggi lo Stato dimostra che quando si unisce, quando le norme vengono applicate, quando nella lotta alla mafia si fanno i fatti attraverso un impegno costante, si da’ la possibilita’ alle forze dell’ordine e alla magistratura di d’intervenire”. A dirlo Giuseppe Antoci, presidente onorario della Fondazione Caponnetto, davanti all’aula bunker del carcere di Gazzi dove si celebra la prima udienza del processo dell’operazione antimafia “Nebrodi” contro la mafia dei campi. “L’attivita’ di oggi – prosegue l’ex presidente del Parco dei Nebrodi, padre del ‘Protocollo Antoci – dimostra che in tutti questi lunghi anni nessuno provava a entrare in questo meccanismo per paura e per connivenze, molti hanno perso la vita, ci sono tanti omicidi non risolti nel territorio dei Nebrodi ed è chiaro che abbiamo iniziato questa attivita’ per difendere la brava gente, tutto nasce per difendere un gruppo di agricoltori, non pensavamo che da li si potesse scoperchiare un vaso di Pandora che rappresenta un enorme finanziamento alle mafie nel nostro paese” .” A poco a poco – aggiunge – abbiamo capito l’importanza del nostro lavoro, la scelta era di cambiare strada, abbassare gli occhi e piegare la schiena o continuare con forza pensando che come dico sempre ci sono tanti modi per morire: si puo’ morire in attentati di mafia come sono morti tanti valorosi uomini dello Stato ma si puo’ anche morire di silenzio pensando che anche tu sei vittima e connivente di un meccanismo di silenzio che arma le mani della mafia. Oggi con me ci sono il senatore Giarrusso e l’onorevole Piera Aiello della commissione nazionale antimafia , l’onorevole Di Pasquale della commissione regionale antimafia. Tante persone ieri mi hanno telefonato per dire andiamo avanti. Oggi siamo qua per guardare negli occhi coloro che hanno tenuto in ostaggio un territorio e ai nostri occhi sono uniti quelli delle brave persone che per anni hanno subito vessazioni, impoverimento, umiliazioni. Quegli occhi porteremo nell’aula bunker del carcere di Messina , e lo dedicheremo a coloro che non ci sono piu’ che per la lotta alla mafia hanno perso la vita e vorrei dedicare anche ai valorosi uomini della mia scorta che quella notte mi hanno salvato la vita”.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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