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Cronache

Madre di Giulia: non è vendetta, miei figli segnati

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Scarpine azzurre da neonato, spille con la foto di Giulia e fiocchi rossi. Alla sentenza del processo a carico di Alessandro Impagnatiello, nella maxi aula del palazzo di Giustizia di Milano gremita di giornalisti, cameraman e curiosi, hanno voluto esserci, uno a fianco all’altro, i familiari di Giulia Tramontano e con quegli oggetti hanno voluto far sentire la presenza di lei e del piccolo Thiago. Mentre l’assassino sedeva proprio davanti a loro, vicino ai suoi legali. Alla lettura del dispositivo i genitori, il fratello e la sorella, quasi sempre presenti a tutte le udienze, sono scoppiati in lacrime e si sono abbracciati, sempre carichi di dolore, ogni giorno, anche se in quel momento giustizia era stata fatta. “Non abbiamo mai parlato di vendetta, non esiste vendetta”, ha voluto spiegare la mamma, Loredana Femiano, subito dopo la condanna all’ergastolo stabilita dalla Corte d’assise di Milano. “Abbiamo perso una figlia, un nipote, abbiamo perso la nostra vita – ha proseguito -. Io non sono più una mamma, mio marito non è più un papà, i nostri figli saranno segnati a vita da questo dolore”.

Un verdetto definito semplicemente “giusto” dalla sorella Chiara, che, insieme agli altri parenti, aveva sempre auspicato questa conclusione. “Ma quello che per voi significa ‘giustizia è stata fatta’ – ha chiarito, rispondendo alle domande dei cronisti – non è nel nostro cuore. Una famiglia non dovrebbe lottare per avere questo, non si dovrebbe arrivare in tribunale con la paura che la giustizia non venga fatta. Oggi – ha aggiunto – è stato letto il dispositivo e c’è stato un verdetto che è giusto in termini di legge. Ma per una famiglia che ha perso una figlia, niente di quello che in quest’aula è stato discusso è giusto”. Chiara ha sottolineato, poi, che oggi “nessuna donna ha vinto”, perché “noi donne potremo vincere solo quando cammineremo per le strade di questo Paese e ci sentiremo sicure o quando ci sentiremo soddisfatte della nostra vita, di quello che possiamo raggiungere e di quella che è la nostra posizione”. Giulia, ha detto ancora, “è una mamma uccisa dal suo compagno, ma per noi è anche un esempio di coraggio e determinazione che magari stimolerà le donne che vivono in circostanze di vessazione e paura ad andarsene via prima. Se da questo potrà nascere qualcosa per aiutare le altre donne noi faremo il possibile”.

Al termine dell’udienza i familiari hanno preso parte anche ad un flash-mob organizzato dal Comitato per le pari opportunità dell’Ordine degli avvocati davanti al palazzo di Giustizia milanese, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. “Mi auguro che non ci sia nessun’altra famiglia che viva questo dolore”, ha detto Chiara, prendendo la parola. “E che qualsiasi donna – ha spiegato ancora – veda l’immagine di mia sorella si ricordi che ha il diritto di vivere, di sperare, di sognare, di essere una madre e di continuare ad amare”. Per “fare la differenza” bisogna “partire da un’educazione sociale che inizi non dalle scuole, ma dalla famiglia dove si impari la base, la suddivisione dei compiti. Non lasciamo che i ragazzi diventino uomini che non conoscono il rispetto verso le donne”. La società, inoltre, ha proseguito, dovrebbe “intervenire” nei casi di donne che “vorrebbero andar via” e “far capire che se nelle mura c’è il pericolo, nella città c’è la salvezza”. In aula è stata anche consegnata una pianta di rose bianche alla madre da parte dei cancellieri della Procura di Milano. Intanto, ognuno dei familiari indossava qualcosa di Giulia: “Lei è ovunque – ha detto Chiara -. Dovunque riusciamo a trovarla, lei sarà con noi”.

(Nella foto la famiglia Tramontano, ai tempi in cui erano felici)

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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