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Cronache

Luca Lucci, la “Belva” della Curva Sud: narcotraffico, ultrà e legami con la ’ndrangheta

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Luca Lucci, noto capo della Curva Sud del Milan, è al centro di una serie di indagini che ne tracciano un profilo inquietante: narcotrafficante di primo livello, leader ultrà e imprenditore nel settore di barberie e tatuaggi con la catena Italian Ink. Arrestato il 30 settembre durante l’operazione “Doppia curva” della DDA di Milano (Palazzo di Giustizia Milano nella foto Imagoeconomica in evidenza), Lucci è descritto dagli investigatori come una figura chiave nel traffico di droga e nelle infiltrazioni mafiose negli ambienti ultrà.

Una tripla vita tra calcio e criminalità

Nelle chat criptate che utilizzava per gestire i suoi traffici, Lucci si faceva chiamare “Belva”, soprannome che risale al suo passato lavorativo in Spagna. Le sue comunicazioni rivelano un personaggio spavaldo e determinato: «Sicuro avrò il mandato lì pronto. E vabbé, me ne fotto, mica prendo l’ergastolo: esco e faccio stragi».

La sua attività criminale comprendeva la gestione di un fatturato di oltre 2,7 milioni di euro in soli sei mesi (tra settembre 2020 e marzo 2021), derivante dal traffico di hashish. Utilizzava camion con doppio fondo per il trasporto della droga, spesso attraverso corrieri regolari che operavano per aziende come Amazon e Gls.

I legami con la ’ndrangheta

Lucci aveva stretto collaborazioni con cosche calabresi, tra cui quelle di Platì, rappresentate da personaggi come Rosario Calabria e Antonio Rosario Trimboli. Questi “pretoriani calabresi” lo supportavano nei piani per il controllo delle piazze di spaccio milanesi, come quelle di Prealpi e Comasina, che progettava di conquistare anche con l’uso delle armi: «Vedrai cosa combineremo a Milano. Tutti pagheranno».

Gli investigatori hanno inoltre scoperto legami diretti tra Lucci e la famiglia Barbaro, esponente di spicco della ’ndrangheta, che forniva copertura ai suoi affari nella curva e oltre.

Operazione “Doppia curva” e nuovi sviluppi

L’arresto di Lucci è stato solo l’inizio di una catena di eventi che ne hanno aggravato la posizione. In particolare:

  1. Collaborazione di Andrea Beretta: l’ex capo della Curva Nord interista sta collaborando con la giustizia, fornendo dettagli che potrebbero coinvolgere ulteriormente Lucci.
  2. Indagine sul ferimento di Enzo Anghinelli (2019): il narcos, ex alleato di Lucci, fu ferito in un agguato; secondo le indagini, Lucci sarebbe stato il mandante.
  3. Nuova ordinanza per traffico di droga: un’inchiesta della Guardia di Finanza di Pavia lo descrive come uno dei principali trafficanti di hashish sul territorio milanese.

Il legame con la Curva Sud e il business criminale

Luca Lucci ha sfruttato la sua posizione di capo ultrà per creare un impero illegale, basato su merchandising, biglietti e traffici illeciti. Il controllo degli spalti di San Siro, condiviso con i leader della Curva Nord interista, era al centro di un sistema che univa il mondo ultrà alla criminalità organizzata, trasformandolo in una macchina di denaro e potere.

Nonostante negli anni Lucci abbia cercato di smentire i suoi legami con la criminalità, le indagini lo collocano come la mente dietro numerose operazioni illegali, persino immortalato nel 2018 accanto a Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno, durante un evento che fece scalpore.

Una caduta senza fine?

Con l’ennesima ordinanza di custodia cautelare, l’ascesa della “Belva” sembra giunta al termine. Tuttavia, gli inquirenti credono che questa sia solo la punta dell’iceberg di un sistema che intreccia droga, ultrà e mafia.

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Funerali del Papa, Roma supera test: pagina storica per la sicurezza

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Gli arrivi e gli spostamenti dei grandi della terra diretti a piazza San Pietro invasa dai fedeli e poi, al termine delle esequie, il lungo corteo funebre che ha attraversato le vie del centro storico per giungere alla basilica di Santa Maria Maggiore dove papa Francesco ha scelto di essere sepolto. “Una pagina storica per la sicurezza”, non ha esitato a definirla il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che in mattinata ha seguito la situazione dalla sala operativa della questura di Roma da dove è stato coordinato il dispositivo di sicurezza. La capitale supera la prova e quanto ormai è chiaro che tutto è andato per il verso giusto il questore Roberto Massucci – che era davanti ai monitor fin dalle prime ore del mattino assieme al capo di gabinetto Giampaolo Monastra – prende la radio e ringrazia gli operatori in campo: “Ragazzi, è andato tutto in maniera perfetta”.

“Mi è capitato spesso di gestire grandi eventi e c’è sempre qualcosina che potrebbe andare meglio – ha poi spiegato – questa volta è andato tutto estremamente bene”. Il piano messo a punto per la giornata era imponente: piazza San Pietro super presidiata, cinque aree di sicurezza nel quadrante urbano che circonda la basilica, centro storico blindato per il passaggio del corteo funebre e una green zone nel quartiere Parioli dove ha alloggiato il presidente americano Donald Trump con la moglie Melania. In campo quattromila uomini e donne delle forze dell’ordine, di cui più di mille per le scorte alle delegazioni straniere, uno degli aspetti più delicati, e tremila volontari. Il dispositivo di sicurezza ha viaggiato su quattro livelli: sottosuolo, terra, mare e cielo. I monitor della sala operativa hanno documentato un fiume di fedeli verso la basilica fin dall’apertura dei varchi alle sei, tanto che a un’ora dall’inizio della funzione si è raggiunta la capienza massima di cinquantamila ed è stato chiuso l’accesso alla piazza. Per accedere i fedeli hanno attraverso varchi presidiati con i metal detector. E chi non è riuscito ad arrivare fino alla piazza ha potuto seguire la funzione dai maxischermi posizionati lungo via della Conciliazione, a piazza Pia, piazza Risorgimento e piazza Cavour.

Le bonifiche della zona erano scattate già venerdì, anche nel sottosuolo, mentre i droni hanno garantito la visuale dall’alto attraverso immagini in 3D. L’attenzione è stata massima anche sui sei chilometri di percorso del corteo funebre e il quartiere Parioli dove si trova Villa Taverna, la residenza dell’ambasciatore americano in cui ha soggiornato il tycoon. Per garantire la massima sicurezza possibile è poi stata istituita la no fly zone su Roma e sono stati schierati tiratori scelti sui palazzi, artificieri, nuclei cinofili, la polizia fluviale per il pattugliamento del Tevere e delle banchine, le unità Nbcr dei pompieri per il contrasto alla minaccia nucleare, batteriologica, chimica e radiologica. In piazza anche i militari con i bazooka anti-drone: una sorta di dissuasori che in caso di avvistamento di velivoli non autorizzati riescono a inibire le onde radio mentre all’aeroporto di Pratica di Mare erano pronti i caccia Eurofighter e al largo di Fiumicino un cacciatorpediniere. Mezzi e dispositivi che, fortunatamente, non sono serviti, perché l’addio a Francesco è stato come doveva essere: un grande abbraccio al Papa della gente.

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La sfida di Riina jr: venderó i ritratti di mio padre

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L’ultima provocazione è di qualche mese fa. Anche allora Giuseppe Salvatore Riina, Salvuccio per i suoi, terzogenito di Totò, il capo dei capi di Cosa Nostra, aveva scelto i social per celebrare il ricordo del padre. Oggi il nuovo post, pubblicato su Facebook e Instagram, con un ritratto del capomafia.

Sotto, come avvenne a novembre, decine di commenti entusiastici con apprezzamenti per il boss. “Bellissimo grande uomo”, scrive uno, “Grande zio Totò”, il commento di un altro. E c’è anche chi chiede se il quadro sia in vendita. Domanda a cui risponde prontamente il figlio del padrino, libero dopo aver scontato una condanna a 8 anni e 10 mesi per mafia. “Adesso farò un sorta di sondaggio-sorteggio tra tutti i miei follower sia di Fb sia di Instagram, sceglierete voi stessi un ritratto tra tutti quelli che ho ricevuto, e il più votato tra tutti questi lo metterò all’asta e qualcuno di voi lo potrà avere in casa propria come opera d’arte unica – dice – Il dipinto prescelto per essere battuto all’asta sarà firmato (dietro la tela) da me e lo invierò all’aggiudicatario con un biglietto di carta redatto di mio pugno, dove sarà dichiarata l’autenticità dell’opera d’arte e che rispecchia al 100% quella che è postata in questo momento sui miei Social Network…!!!” “Bellissimo, ne voglio uno”, posta un follower, mentre un altro definisce Riina un “grandissimo uomo che non ha mai chinato il capo”.

A novembre Salvuccio, recentemente tornato a vivere in paese, con due post su Instagram e Facebook aveva omaggiato il padre, morto in carcere nel 2017, con una sua foto incorniciata e accanto un vaso con due rose rosse. “Lui ha vissuto, vive e vivrà sempre in Noi e con Noi”, aveva scritto ben attento all’uso delle maiuscole. Il post aveva ricevuto centinaia di like e decine di commenti del tipo: “Un grande uomo con i veri valori della famiglia. Ognuno di noi combatte la propria guerra per la sua famiglia”, “Grande uomo non ne nascono più come lui sicuramente” “Totò l’imbattibile e unico”. “Recentemente un altro componente della famiglia Riina, la prima dei 4 figli del capomafia, Concetta, aveva fatto parlare di sé lanciando un appello alle istituzioni e denunciando le difficili condizioni carcerarie riservate al consorte Tony Ciavarello, detenuto a Rieti per scontare due condanne definitive. “Aspetta da giugno che gli venga rilasciata la carta di identità e ha bisogno di assistenza sanitaria urgente in carcere. Non è giusto quello che gli sta accadendo”, aveva fatto sapere suscitando molto clamore. Clamore che il padre certamente non avrebbe gradito.

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L’addio a Papa Francesco seguito da tutto il mondo, dalle tv ai social

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Francesco lo avrebbe voluto cosi: quello di Bergoglio è da considerarsi ad oggi il funerale di un pontefice con il più vasto accesso a livello mondiale. Non per le 250mila persone stimate in piazza San Pietro, ma per l’incalcolabile moltitudine di schermi accesi sulle esequie: quelli tv ma anche cellulari, tablet, pc e laptop. Con i social che da soli hanno sfiorato i 7 milioni di interazioni nelle ultime 12 ore. I network internazionali più noti – per la gran parte americani ma non solo, come Bbc, Sky e Al Jazeera – hanno tutti offerto sui propri siti web le dirette video della cerimonia in Vaticano e gli aggiornamenti fin dai primi arrivi sul sagrato della Basilica. E poi i quotidiani in ogni lingua, le radio, i canali youtube, a partire da quello della Santa Sede che ha trasmesso la cerimonia per intero. La rivoluzione tecnologica, che ha viaggiato veloce negli ultimi 20 anni – ovvero dal funerale di Giovanni Paolo II – ha portato così tutto il mondo lungo via della Conciliazione, tra le colonne di piazza San Pietro e al seguito dell’ultimo viaggio del pontefice che ha attraversato Roma fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore: dalle Filippine (il più popoloso paese cattolico al mondo), all’Africa, passando per l”Asia, gli Stati Uniti o l’America Latina che a papa Francesco aveva dato i natali. L’attesa era tale che fin dai giorni precedenti diverse testate, nelle loro edizioni online, offrivano indicazioni in dettaglio su come sintonizzarsi: le pagine web, gli orari, i canali social dedicati. Quest’ultima la maggiore novità da quando, nel 2005, il mondo salutò un papa in carica con la morte di Karol Wojtyła . E’ infatti, per esempio, rimbalzata prima sui social l’immagine – subito considerata storica – del faccia a faccia fra il presidente Usa Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky nelle navate della Basilica prima delle esequie. E dalle prime analisi risulta essere al top dell’interesse globale, sfiorando alle 15 (ora italiana) quasi 3 milioni di interazioni, esattamente 2 milioni 915 mila e 481 così divise: su X 547.789, su Instagram 1.689.547 e su Facebook 678.145, secondo l’analisi della società Arcadia sulle conversazioni social e sul web. Tra le 25 emoji più utilizzate online per commentare i funerali ci sono le mani congiunte in preghiera e le bandiere dello Stato Pontificio, dell’Argentina e degli Stati Uniti. E, ovviamente, quasi la metà (47%) sono gli utenti dai 25 ai 34 anni ad aver partecipato maggiormente alle conversazioni digitali.

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