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L’orrore a Mariupol, ‘oltre 10.000 nuove fosse’

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Non c’è solo viale Lenin ora a Mariupol, il porto strategico nel sudest ucraino conquistato dai russi la scorsa primavera: ci sono anche oltre 10mila nuove tombe che fanno schizzare a più di 50mila le potenziali vittime delle violenti battaglie e micidiali bombardamenti nella martoriata città. Una puntigliosa indagine della Associated Press non lascia ombra a dubbi: le immagini satellitari degli ultimi 8 mesi mostrano 8.500 nuove tombe nel solo cimitero di Staryi Krym, a cui si aggiungono altri tre campi di sepoltura, compreso quello creato dagli ucraini prima dell’occupazione. Il totale arriva a 10.300 nuove sepolture. Sulla base di questi rilievi, si stima che le 25mila vittime ufficiali del conflitto potrebbero essere addirittura il triplo. Ai satelliti si aggiungono foto e video ripresi dai droni: le tombe sono visibili come cumuli di terra, a volte con croci di legno con nomi e date, ma la maggior parte semplicemente con piccoli cartelli sui quali sono scarabocchiati dei numeri. Alcune tombe sono contrassegnate con più di un numero, il che probabilmente significa che vi è sepolta più di una persona. Tre esperti forensi hanno confermato l’analisi dell’agenzia americana.

E se non bastasse, i reporter d’Oltreoceano hanno intervistato 30 residenti, inclusi 13 che si trovano ancora in città, che confermano come gli occupanti russi abbiano rinominato la centrale viale della Pace in viale Lenin, i cartelli stradali corretti in russo, telefoni, tv, contanti tutti made in Russia. Attualmente ci sarebbero circa 100mila persone, con la polizia antisommossa russa che pattuglia le strade per evitare disordini per la mancanza di riscaldamenti, elettricità e acqua. Si ritiene che Mosca, che ha “evacuato” migliaia di residenti in Russia, pianifichi una ricostruzione per riportare la città ai suoi oltre 420mila abitanti pre-conflitto entro il 2030.

Per questo le ruspe sono al lavoro: il teatro di Mariupol, trasformato in rifugio antiaereo a marzo in cui almeno 300 morirono dopo un bombardamento russo, che “fino alla scorsa estate emanava puzzo di morte”, è stato completamente oscurato da impalcature e teli che impediscono ai satelliti di monitorare cosa accade. Secondo le testimonianze sono in corso lavori di restaurazione, così come nell’acciaieria Azovstal, ultima roccaforte della resistenza ucraina, che dovrebbe essere convertita in una nuova zona industriale. Intanto, a Kherson sono state scoperte ulteriori 36 tombe di civili uccisi, per un macabro totale di 700 cadaveri dall’occupazione russa fino alla liberazione un mese fa. Altro orrore anche a Izyum, 450 i corpi riesumati, 40 con segni di tortura. E un’altra inchiesta americana, questa volta del New York Times, mette sotto accusa il 234/o reggimento russo dei paracadutisti per la strage di Bucha, centinaia i civili uccisi: le prove raccolte mostrando che la strage sulla strade della città ucraina era parte di un “deliberato e sistematico sforzo di assicurarsi spietatamente una rotta verso Kiev”.

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Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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