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Lo sfogo del sindaco di Fiumicino Montino: I soldi ritrovati dentro nostra proprietà? Abbiam chiamato carabinieri. Su di noi odio alimentato ad arte

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“Quello che sta succedendo in questi giorni è tanto incredibile quanto disarmante”. Inizia così un lungo post Facebook del sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, che parla della vicenda che lo ha visto protagonista, assieme alla moglie, la senatrice Pd, Monica Cirinnà, che sta occupando una parte del dibattito politico. “Partiamo dai fatti – prosegue -. Durante dei lavori in un’area della nostra azienda agricola in cui è presente una vecchia cuccia per cani, inutilizzata da anni, a più di 200 metri dalla nostra abitazione, vicino a un capannone per gli attrezzi e a ridosso di una strada comunale, un operaio e mio figlio trovano dei soldi. Li trovano dentro questa vecchia cuccia, appunto. La prima cosa che fa mio figlio è avvisarmi dell’accaduto. Noi eravamo a Roma al funerale del nostro avvocato. Al rientro ci mostra cosa ha trovato e insieme, immediatamente, decidiamo di chiamare i carabinieri”, ricostruisce Montino.

“Cioè decidiamo di tenere il comportamento normale che chiunque dovrebbe avere quando trova qualcosa non sua. Voi cosa fareste se trovaste, nella vostra proprietà, un portafogli pieno di soldi non vostro? Sono certo che lo portereste dai carabinieri o dalla polizia”, continua Montino. “Torniamo ai fatti. Nel giro di mezz’ora, il maresciallo dei carabinieri di Capalbio, accompagnato da un collega, arriva a casa nostra. Raccontiamo l’accaduto, consegniamo i soldi. Il maresciallo li acquisisce e li conta. Poi vanno tutti in caserma, dove mio figlio firma il verbale . Gli inquirenti stanno indagando per scoprire da dove arrivino quei soldi, com’è giusto che sia. Questo è quello che è successo. Ed è agli atti dei carabinieri e ora della procura di Grosseto”. Ma “la cosa incredibile è quello che succede dopo: una valanga di ingiurie, insulti, offese, veleno. Una vera gogna mediatica e social – denuncia il sindaco di Fiumicino -. Titoli di grandi giornali che parlano di “giallo dell’estate” e mistero, associando a queste parole il mio nome e quello di mia moglie. Titoli i cui articoli hanno spesso toni molto diversi. Come se i direttori delle testate non sapessero benissimo che la maggior parte delle persone si ferma al titolo. Per non parlare degli articoli leggibili solo a pagamento: quante persone pensate che li abbiano letti, rispetto a quante si sono fermate al titolo e vomitano odio, ininterrottamente, da ieri? Viene da pensare che sia voluto, che si voglia alimentare lo scontro, la violenza verbale. O forse sono strategie solo per avere migliaia di condivisioni sui social sottovalutando, colpevolmente!, le conseguenze gravissime che questi metodi hanno. Non so, davvero, cosa sia peggio”.

“Quello che ne segue, anche per mano di pagine e personaggi molto seguiti sui social, è un continuo seminare il dubbio e alimentare il sospetto su persone che si comportano in modo normale. Lo ripeto, normale. Perché questo abbiamo fatto, io e la mia famiglia: invece di metterci in tasca soldi non nostri trovati per caso facendo dei lavori, li abbiamo consegnati alle forze dell’ordine”, scrive ancora Montino. “Ma questo si vede che non è considerato accettabile. Essere persone oneste, non è accettabile. Deve per forza esserci un mistero, un giallo, qualcosa che non si dice, che si nasconde. Tutto perché mia moglie ed io facciamo politica da molti anni. Quindi, a quanto pare, deve essere scontato che siamo disonesti. A priori. Senza neanche uno straccio di prova. Anzi, davanti alla prova provata dell’esatto contrario! Nessuno che abbia neanche preso in considerazione il fatto che, per avere sporto denuncia, potremmo anche subire delle ritorsioni. Né che dare fuoco alle polveri in questo modo così irresponsabile può, a sua volta, scatenare gesti folli di qualcuno che dalle parole decide di passare ai fatti”, sottolinea. E aggiunge: “Le forze dell’ordine, non a caso, in queste ore hanno alzato i livelli di attenzione, preoccupandosi anche di questo, oltre che di risalire all’origine dei soldi. E di questo le ringrazio a nome di tutta la mia famiglia e delle persone che lavorano con noi e che meritano di essere tutelate. A forza di alimentare questo modo di fare comunicazione e di dare le notizie, così morboso, non ci si lamenti, poi, quando l’ondata di fango colpirà altri: è l’unica conseguenza possibile. E’ quello che stiamo insegnando alle persone. Vi farei leggere anche solo un decimo delle schifezze che in queste ore stanno circolando sul web: minacce, insulti sessisti e volgari contro Monica, insinuazioni di ogni tipo”.

“Invece di plaudire a un comportamento onesto, buttiamo nell’arena chi quel comportamento l’ha avuto. Io lo trovo davvero disarmante. Ma qualcuno ci ha pensato a cosa potrebbe provocare questo modo di fare? Proviamoci insieme. Ad esempio, nessuno si stupisca se domani, dopo quello che sta succedendo a me e a mia moglie, qualcuno che trovasse per caso soldi non suoi decidesse di intascarseli, piuttosto che sporgere denuncia e rischiare di passare lui per il delinquente. Cosa che, per altro, traspare da moltissimi commenti che tutti potete leggere. Questo è il modo migliore per favorire l’omertà e comportamenti disonesti: esattamente quello che, a parole e nei titoloni, si dice di condannare. Essere persone normali e oneste è diventato difficile. Per fortuna, sono tanti anche i messaggi di solidarietà che ci stanno arrivando. E voglio ringraziare, di cuore, tutte e tutti coloro che li stanno mandando. La preoccupazione, però, è che stiamo precipitando in un baratro che trasforma questo paese in una società che si nutre di odio, che gode nel vedere le persone alla gogna, che somiglia più ad un combattimento all’ultimo sangue perenne, ad una guerra a chi fa più male all’altro, che non ad una comunità con valori condivisi. E questo è drammatico e dovrebbe farci riflettere tutte e tutti”, conclude Montino.

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Ayrton Senna, trent’anni dopo: un mito e una bella persona

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Scusate il ritardo ma dopo trent’anni parlare di Ayrton che non c’è più a me fa ancora male. Soprattutto non mi piace celebrare una scomparsa. Per questo arrivo solo il giorno dopo.
L’ho conosciuto che correva in Formula Ford, si chiamava Ayrton Senna da Silva ma poi ha scelto di portare solo il cognome di sua madre, di origini napoletane e l’ho seguito durante la sua carriera, mi ha regalato molti scoop emozionanti ma il giorno che è morto non ero a Imola perché avevo l’esame di subacquea. E chi se la dimentica quella giornata: ero appena uscita dall’acqua per la prova per il brevetto open, ero a Sant’Angelo, nella mia Ischia. I miei colleghi sub mi dissero: vedi che Senna ha avuto un brutto incidente. Tornai di corsa a casa di mio fratello dove stavo in quei giorni ed accesi la tv giusto quando annunciarono che Ayrton era morto. E da allora io non me la sento di vedere la Formula 1.

Senna

Ogni volta ci provo ma troppi ricordi affollano la mia mente: Ayrton che pulisce il casco mentre siamo seduti sulle gomme nella prima intervista. Che mi fa entrare mentre sta girando uno spot pubblicitario a dispetto dello sponsor. Che si concede alle mie domande per l’Europeo mentre non parla con gli altri. Che telefona con me al mio direttore di allora, Marcello Sabbatini. E quando mi offre un suo pass per entrare al GP di Francia… E l’ultima intervista quando tutti dicevano che si sarebbe ritirato… E poi ai box suo fratello, mamma Joanna, l’impegno nel sociale per aiutare i bimbi sfortunati, la pastasciutta e quel messaggio registrato per un ragazzino ricoverato in coma all’ospedale di Imola . “Ana, non lo scrivere”, mi disse allora: pudico sempre quando faceva qualcosa per aiutare gli altri. Faceva tanto bene ma non lo diceva a nessuno. Una perdita vera, non solo per l’ automobilismo (un mondo al quale stava diventando scomodo quale paladino della sicurezza) e per la sua famiglia, ma per tutti, perché era un esempio positivo. Addio, Ayrton. Trent’anni dopo, un ricordo immutato.

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Tennis, infortunio all’anca: Sinner si ritira dal Madrid Open

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Il mondo del tennis è stato colpito da una notizia improvvisa durante il Masters 1000 di Madrid, con il numero due delle classifiche mondiali, Jannik Sinner, costretto al ritiro a causa di un infortunio all’anca destra. Questo ha dato il via libera per la semifinale al suo avversario, il talentuoso canadese Felix Auger-Aliassime, con cui avrebbe dovuto competere domani.

Il comunicato ufficiale del torneo, pubblicato su X, ha confermato il ritiro di Sinner e ha sottolineato che il giovane talento non sarà in grado di scendere in campo per l’incontro di quarti di finale contro Auger-Aliassime. Questo evento è avvenuto pochi minuti dopo che il numero tre del mondo e due volte campione a Madrid, Carlos Alcaraz, è stato eliminato nei quarti di finale da Andrey Rublev con il punteggio di 4-6 6-3 6-2.

“È molto triste dovermi ritirare dalla mia prossima partita qui a Madrid, scrive Sinner. La mia anca mi ha dato fastidio questa settimana e sta lentamente diventando più dolorosa. Seguendo il consiglio dei medici abbiamo deciso che era meglio non giocare oltre e peggiorare la situazione”.

L’infortunio di Sinner ha gettato un’ombra sulle prossime fasi del torneo, lasciando spazio a domande sulla sua pronta guarigione e sulla sua partecipazione futura agli eventi. Nel frattempo, gli appassionati del tennis aspettano con trepidazione gli incontri che seguiranno, con Fritz e Cerundolo pronti a scendere in campo, mentre domani si svolgerà la sfida attesa tra Medvedev e Lehecka.

Questo infortunio rappresenta una delusione per i fan di Sinner, che avevano sperato di vederlo competere al massimo delle sue capacità in questo torneo di prestigio. Tuttavia, l’attenzione ora si sposta sulla sua salute e sul suo recupero, con l’auspicio che possa tornare più forte che mai sulle scene del tennis mondiale.

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Fini condannato a 2 anni e 8 mesi per casa a Montecarlo

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Una operazione immobiliare dai contorni opachi e dietro la quale, secondo il tribunale di Roma, si nascondeva una attività di riciclaggio di denaro. Dopo sette anni dalla richiesta di rinvio a giudizio arriva la sentenza di primo grado per la vicenda legata all’acquisto di un appartamento a Montecarlo, al numero 14 di Boulevard Princesse Charlotte. I giudici della quarta sezione collegiale, dopo circa due ore di camera di consiglio, hanno condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, a 5 anni la sua compagna Elisabetta Tulliani. Il tribunale ha inoltre inflitto 6 anni a Giancarlo Tulliani, 5 anni al padre Sergio e 8 anni a Rudolf Theodor Baetsen. Il tribunale ha sostanzialmente recepito l’impianto accusatorio della Procura di Roma che ai cinque muove l’accusa riciclaggio.

A Fini, che era presente in aula, i magistrati contestano “la condotta relativa all’autorizzazione alla vendita dell’appartamento” escludendo l’aggravante e riconoscendogli le attenuanti generiche. “Non ho autorizzato la vendita dell’abitazione di Montecarlo ad una società riconducibile a Giancarlo Tulliani. Quando ho dato l’ok non sapevo chi fosse l’acquirente” ha commentando l’ex presidente della Camera lasciando la cittadella giudiziaria della Capitale che ha poi aggiunto: “me ne vado più sereno di quello che si può pensare dopo 7 anni di processo. Ricordo a me stesso che per analoga vicenda una denuncia a mio carico fu archiviata dalla procura di Roma. Dopo tanto parlare, dopo tante polemiche, tante accuse, tanta denigrazione da un punto di vista politico sono responsabile di cosa? Di aver autorizzato la vendita. Non mi è ben chiaro in cosa consista il reato”. La difesa dell’ex parlamentare annuncia il ricorso in appello sostenendo che il tribunale ha riconosciuto nei suoi confronti una sorta di “concorso morale” nell’attività illecita.

L’accusa prevista dall’articolo 648 bis del codice penale era l’unica fattispecie contestata nel processo dopo che nell’udienza del 29 febbraio scorso i giudici avevano dichiarato prescritta l’associazione a delinquere, reato che coinvolgeva altri imputati ma non Fini. La prescrizione era legata alla esclusione dell’aggravante della transnazionalità. Nel corso del procedimento è intervenuta anche la compagna di Fini che nel corso di brevi dichiarazioni spontanee aveva di fatto scaricato le colpe sul fratello Giancarlo.

“Ho nascosto a Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza di quel denaro, che ero convinta fosse di mio fratello – ha affermato visibilmente commossa la donna nel corso dell’udienza del 18 marzo scorso-. Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita”. Inizialmente il processo vedeva imputate, come detto, anche altre ‘posizioni’, tra cui il ‘re delle Slot’ Francesco Corallo e il parlamentare Amedeo Laboccetta, per le quali è stata riconosciuta la prescrizione. Secondo l’iniziale impianto accusatorio dei pm della Dda capitolina gli appartenenti all’associazione a delinquere hanno messo in atto, evadendo le tasse, il riciclaggio di centinaia di milioni di euro. Quel fiume di denaro, una volta ripulito, è stato utilizzato da Corallo per attività economiche e finanziarie ma anche, è la convinzione degli inquirenti, in operazioni immobiliari che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.

Gli accertamenti della Procura hanno riguardato, quindi, anche l’appartamento di Boulevard Principesse Charlotte, finito poi nella disponibilità di Giancarlo Tulliani che attualmente vive a Dubai da latitante. L’appartamento monegasco, secondo quanto accertato, sarebbe stato acquistato da Tulliani junior grazie ai soldi di Corallo attraverso due societa’ (Printemps e Timara) costituite ad hoc. Il coinvolgimento di Fini nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo. Un rapporto, per la procura, che sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani. Quest’ultimi per gli inquirenti avrebbero ricevuto su propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore in Italia, Olanda, Antille Olandesi e Principato di Monaco.

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