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L’istituto italiano di tecnologia di Genova brevetta la bioplastica, è realizzata con materiale vegetale di scarto ma non inquina come il materiale originale

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Da rifiuto a risorsa. Il ciclo di vita della plastica dev’essere rivoluzionato. Occorre riciclarla sempre più, produrne sempre meno perché pur essendo il materiale cavallo di battaglia dell’economia moderna la sua sostenibilità ambientale ed economica è scarsa. Il consumo di plastica è aumentato di venti volte negli ultimi cinquant’anni e, raddoppierà nei prossimi venti. Dopo una prima fase di effettivo utilizzo, il valore monetario del 95% degli imballaggi di plastica circolanti a livello globale, pari a 120 miliardi di dollari l’anno, viene perso. Il 32% degli imballaggi sfugge ai sistemi di raccolta e stoccaggio, provocando danni a ecosistemi, malfunzionamenti a infrastrutture e ulteriori emissioni di gas serra per un valore pari a 40 miliardi di dollari l’anno. Molti polimeri plastici a oggi esistenti non si degradano, ma si spezzano in catene sempre più piccole che vengono trasportate facilmente dall’acqua e dal vento.

Inquinamento. Porre rimedio alla dispersione della plastica nell’ambiente per la scarsa sostenibilità e la difficile biodegradabilità

Purtroppo nel mare c’è una quantità di plastica che è da allarme rosso. La plastica, secondo alcuni studi, può anche entrare nella catena alimentare attraverso le risorse ittiche.  Stando ai dati del report “Verso una plastica sostenibile” (2014), attualmente sono cinque i polimeri che attirano maggiormente l’ interesse del mercato (polietilene, polipropilene, polivinilcloruro , polistirene e polietilentereftalato) e che rappresentano circa l’80% della domanda complessiva in Europa. Per le aziende, però, scegliere la sostenibilità è economicamente svantaggioso: il processo di recupero dei rifiuti, separazione delle diverse tipologie di polimeri e il successivo riciclo costano infatti molto di più rispetto all’ acquisto del materiale vergine. Non tutte le plastiche però possono essere riciclate e riutilizzate come singolo polimero; una sfida particolarmente importante è posta ad esempio dal plasmix, un insieme di plastiche eterogenee incluse negli imballaggi post-consumo e non recuperate come singoli polimeri.  Ma l’ innovazione non si ferma e le soluzioni per svecchiare l’economia della plastica si susseguono a un ritmo incessante: dall’enzima mangia plastica scoperto per caso in una discarica giapponese al polimero dalla completa riciclabilità chimica appena individuato alla Colorado State University, buona parte di questa rivoluzione è made in Italy. All’Istituto italiano di Tecnologia di Genova i ricercatori hanno brevettato una bioplastica, realizzata da materiali vegetali di scarto, che può imitare le caratteristiche del materiale originale. Il primo progetto è stato promosso di recente, con l’ associazione commercianti e il mercato ortofrutticolo di Genova, trasformando il loro invenduto in packaging da usare nel mercato stesso. Le bioplastiche, per essere funzionali, devono però poter garantire al consumatore le stesse proprietà meccanico-fisiche della plastica tradizionale, perché rischiano altrimenti di essere controproducenti.  I materiali devono essere valutati a parità di servizio al consumatore: da quando sono stati introdotti i nuovi sacchetti in bioplastica, è cresciuto l’ acquisto di cibo preconfezionato, che rappresenta uno degli elementi meno sostenibili sul mercato. Dev’essere quindi prestata maggiore attenzione alla progettazione dell’intero ciclo di vita del prodotto, non basta parlare di bio. La Danimarca, uno dei Paesi più ecofriendly in Europa, ha deciso di abbandonare le bioplastiche e ha optato per il waste to energy. La plastica non è un materiale cattivo, solo che finora lo abbiamo utilizzato male.

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Rcs si allea con OpenAI per creare applicazioni innovative

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Rcs Mediagroup e OpenAI hanno siglato una partnership strategica che consentirà a Rcs di sviluppare applicazioni innovative basate sull’intelligenza artificiale per migliorare le interazioni con il pubblico. La prima di queste innovazioni, si legge in una nota, è un assistente virtuale AI per il Corriere della Sera, al quale i lettori potranno rivolgersi per cercare articoli, accedere a ulteriori contenuti informativi e agli archivi del quotidiano, ricevere suggerimenti e sintesi dei principali articoli del giorno.

La prima app integrata con assistente AI, che ha debuttato in questi giorni, è l’app de ‘L’Economia’ del Corriere, con oltre 30.000 contenuti informativi accessibili gratuitamente per gli abbonati, a cui ne seguiranno altre, sempre a carattere tematico, nei prossimi mesi. Grazie alla partnership Rcs può anche far leva sui modelli linguistici avanzati di OpenAI “per offrire ai suoi lettori – si legge nella nota – un prodotto unico nell’ambito dell’editoria italiana. Queste tecnologie, insieme ad un’importante customizzazione sviluppata internamente, consentono infatti a Rcd MediaGroup di garantire una esperienza innovativa e personalizzata di interazione con i contenuti e, al contempo, di comprendere in modo approfondito le esigenze dei suoi lettori”.

“La partnership con OpenAI segna un ulteriore passo avanti nella continua strategia di innovazione di Rcs MediaGroup e consente a Corriere della Sera, primo in Italia ad introdurre questo assistente virtuale, di garantire ai suoi lettori le migliori prestazioni digitali e di user experience”, ha dichiarato Alessandro Bompieri, direttore generale News Italy di Rcs. “OpenAI – ha aggiunto il coo Brad Lightcap – è impegnata a collaborare con le case editrici di tutto il mondo per consentire alle organizzazioni dell’informazione di beneficiare della tecnologia AI, per portare il giornalismo di alta qualità a un pubblico sempre più ampio”. (

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Tecnologia

Robot viventi: urge una regolamentazione specifica e maggiore dibattito pubblico

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I cosiddetti ‘robot viventi’, dispositivi che integrano componenti artificiali con cellule e tessuti naturali, stanno emergendo come una nuova frontiera della tecnologia.

Un appello per una regolamentazione specifica e un maggiore dibattito pubblico su questo tema arriva dal mondo della ricerca, con un articolo pubblicato sulla rivista PNAS dell’Accademia Nazionale delle Scienze americana. L’articolo è guidato dall’Università britannica di Southampton e dall’Università spagnola dei Paesi Baschi, con il contributo di molti altri atenei statunitensi e spagnoli.

Secondo i ricercatori, la tecnologia dei robot bio-ibridi, sebbene sembri ancora appartenere alla fantascienza, è in rapidissima evoluzione e presenta nuove sfide etiche che la società deve affrontare. “Una regolamentazione è indispensabile per un ambito della ricerca nuovo e in espansione come quello della robotica bio-ibrida, a cavallo tra biologia e mondo artificiale,” afferma Donato Romano, ricercatore all’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Romano sottolinea che diversi gruppi a livello internazionale stanno attualmente lavorando su questi temi, evidenziando un recente e crescente interesse.

Rispetto ad altri settori tecnologici, come quello delle cellule staminali embrionali o dell’Intelligenza Artificiale, la robotica bio-ibrida ha iniziato il suo percorso relativamente inosservata dai media, dal pubblico e dalla politica. I ricercatori, coordinati da Rafael Mestre dell’Università di Southampton e Aníbal Astobiza dell’Università dei Paesi Baschi, hanno analizzato oltre 1.500 pubblicazioni sull’argomento, scoprendo che solo cinque hanno considerato in modo approfondito le implicazioni etiche.

“In uno studio pubblicato nel 2019, focalizzato sugli impieghi ambientali di questi sistemi bio-ibridi, abbiamo esplorato anche gli aspetti etici, decidendo di rifiutare un approccio invasivo dell’elemento artificiale su quello biologico,” spiega Romano. Egli cita l’esempio degli insetti ‘cyborg’ con elettrodi impiantati come una direzione che il loro gruppo non intende seguire. “Noi sviluppiamo sistemi interattivi animali-robot per studiare come comunicare con gli animali veri, preservare la biodiversità e monitorare l’ambiente in modo non invasivo. La tecnologia deve essere a supporto dell’uomo e dell’ambiente, non il contrario,” conclude Romano.

Gli autori dell’articolo hanno identificato tre aree chiave in cui i bio-robot pongono questioni etiche uniche: l’interattività, ovvero come questi robot interagiscono con esseri umani e ambiente; l’integrabilità, cioè il loro possibile utilizzo per organi o arti bio-robotici; e la posizione dal punto di vista della moralità. Ad esempio, robot bio-ibridi usati per pulire gli oceani potrebbero alterare la catena alimentare, mentre protesi basate su questa tecnologia potrebbero esacerbare le disuguaglianze.

L’appello dei ricercatori è chiaro: è necessario un dibattito pubblico e una regolamentazione specifica per guidare lo sviluppo etico e sostenibile della robotica bio-ibrida, garantendo che questa nuova tecnologia sia a beneficio dell’umanità e dell’ambiente.

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Non solo hacker, i deepfake prendono di mira la sanità

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Brad Pitt e Denzel Washington che consigliano un farmaco per curare l’acufene, Sophia Loren che pubblicizza una cura miracolosa per l’artrosi. Medici popolari in tv che raccomandano un farmaco per la pressione. Se ci si imbatte in questi video online è bene sapere che sono dei falsi, delle campagne fraudolente che usano i deepfake – video e audio finti già usati ad esempio nelle campagne di disinformazione sulla guerra – per truffare gli utenti. E’ l’uso distorto dell’intelligenza artificiale che prende di mira la sanità dopo gli attacchi hacker, che comunque continuano a verificarsi soprattutto sui dispositivi medici. Il fenomeno dei deepfake e delle truffe nella sanità è stato individuato dalla società di sicurezza Bitdefender e anche dal British Medical Journal (Bmj).

La società di sicurezza lo ha rilevato soprattutto su Facebook, Messenger e Instagram. Le campagne fraudolente usano immagini, video e tecnologie di clonazione vocale per riprodurre personaggi famosi e personalità della sanità tra cui il medico americano Ben Carson e Cristiano Ronaldo, oltre a Brad Pitt, Denzel Washington e Sofia Loren. Anche il British Medical Journal ha dedicato un’analisi al fenomeno dopo che sono comparsi deepfake di medici famosi in Gran Bretagna come Hilary Jones che per decenni ha risposto alle domande del pubblico in tv e che in un finto video pubblicizza un farmaco per la pressione alta. “Un fenomeno – osserva il Bmj – che si è acuito dopo la pandemia”. Gli annunci falsi e i siti web sono gestiti da criminali informatici che si servono in particolare di contenuti sponsorizzati sui social media “che sono aumentati notevolmente con conseguenze potenzialmente gravi per gli utenti”. In particolare, sottolinea Bitdefender, “la salute e il benessere sono tra gli argomenti preferiti dai criminali informatici nelle loro campagne per rubare informazioni, raggirare e derubare le persone”.

Queste truffe prevedono che i criminali creino annunci e siti web falsi che offrono prodotti miracolosi, farmaci o trattamenti a basso costo che promettono di curare anche malattie persistenti, come il cancro. I ricercatori hanno raccolto e analizzato le truffe legate alla salute in tutto il mondo per un periodo di tre mesi, da marzo a maggio 2024. Hanno rilevato, in un caso particolare non reso noto, che una delle pagine compromesse o fasulle che promuoveva pubblicità fraudolente aveva un numero elevato di follower, oltre 350.000 persone. Inoltre, attraverso canali illeciti sono stati promossi più di 40 distinti annunci pubblicitari di integratori medici. Si conta, infine, che le campagne hanno preso di mira milioni di destinatari in tutto il mondo tra cui Europa, Nord America, Medio Oriente, Asia e Australia. La sanità, comunque, resta un settore esposto anche agli incidenti di cybersicurezza. Secondo l’ultimo rapporto Threat Intelligence dell’Osservatorio cybersecurity di Exprivia, le organizzazioni italiane non proteggono ancora in modo adeguato i dispositivi medicali connessi come apparecchi per radiografie, risonanze e microscopi e i dispositivi indossabili per la telemedicina, settore che interessa sempre più italiani. Il trend nella sanità – spiega Exprivia – contrasta con le rilevazioni generali visto che nel primo trimestre 2024 gli attacchi informatici in Italia sono diminuiti dell’11% rispetto a fine 2023. Ma i dispositivi connessi in rete sono aumentati e risultano poco protetti, con particolari falle di sicurezza per quelli utilizzati in ambito medico. La motivazione principale degli attaccanti resta sempre focalizzata sul furto dei dati e di denaro.

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