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Cronache

L’inchiesta sugli ultrà, fermato il ‘vice’ di Luca Lucci

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È arrivata ad individuare anche i presunti responsabili di un tentato omicidio del 2019, avvenuto in pieno centro a Milano, l’inchiesta della Procura che più di due settimane fa, con un maxi blitz di polizia e guardia di finanza, ha portato a 19 arresti tra vertici e sodali ultrà milanisti e interisti. Indagine che con un nuovo fermo, eseguito dalla squadra mobile, ha portato alla luce una sfilza di aggressioni degli ultimi anni nell’ambito di “uno scontro per il controllo della Curva Sud” del Milan. Ed è proprio in questo contesto, e nella volontà di “supremazia” conquistata dal 2016 da Luca Lucci, leader degli ultras rossoneri, che sarebbe maturato l’agguato di via Cadore, zona Porta Romana, del 12 aprile di cinque anni fa. Enzo Anghinelli, 51 anni, pure lui ultrà della Sud e coinvolto in procedimenti di droga, venne avvicinato da uno scooter quando era fermo in auto al semaforo. A bordo due persone che gli spararono contro più colpi, almeno due lo presero in faccia. Si salvò per miracolo, dopo essere finito in coma e dopo più interventi chirurgici.

Come risulta dal decreto di fermo firmato dai pm Paolo Storari, Sara Ombra e Leonardo Lesti, che hanno indagato anche su questo “cold case”, uno dei due che avrebbero avuto l’incarico di ammazzare Anghinelli sarebbe stato Daniele Cataldo, 52 anni, da stamani in carcere (sarà interrogato dal gip Domenico Santoro domani), ossia il “vice” di Lucci “con cui decide – scrivono gli inquirenti – le strategia delittuose”. Indagato per concorso, sospettato di essere il mandante, è proprio Lucci, già in carcere per l’inchiesta “doppia curva”, da cui sono emersi anche i suoi rapporti stretti di amicizia con Fedez (non indagato).

Quel tentato omicidio, per i pm, rientrerebbe in una serie di “atti violenti” riconducibili alla Sud guidata da Lucci. Quest’ultimo, Cataldo e altre 8 persone, tra cui Christian Rosiello (noto pure come bodyguard del rapper di Rozzano) sono accusati di associazione per delinquere per un lungo elenco di “azioni punitive”. E il movente del tentativo di far fuori Anghinelli starebbe in quei contrasti – una “guerra” – con un altro gruppo di ultrà milanisti, i Black Devil, capeggiati da Domenico Vottari, a cui era legato Anghinelli. Il “progetto finale”, scrivono i pm, e a cui reagì il capo della Sud chiedendo anche l’aiuto della ‘ndrangheta dei Barbaro-Papalia, “poteva essere quello di spodestare Lucci” e “proporre in Curva nuovi gruppi egemoni”, i Black Devil e i Commandos Tigre.

Tra le prove a carico di Cataldo, oltre a immagini di videosorveglianza e altri approfondimenti tecnici, ci sono le confidenze “confessorie” fatte alla moglie, in cui le spiegava che Anghinelli, sentito dagli investigatori, “mi ha accusato”, così diceva intercettato, per “quello che abbiamo fatto”. Parole alle quali lei reagiva dicendo che prima o poi “vi farà arrestare tutti quanti”. Anghinelli, tra il 2018 e il 2019, così come il suo avvocato (c’era “astio” tra lui, che apparteneva ai Commandos, e Lucci), fu vittima più volte di pestaggi e violenze e pure lo scorso luglio, dopo aver provato ad entrare “in pace” nel negozio di tatuaggi di Lucci, venne preso a “pugni alla testa”. Come ha messo a verbale, gli dissero “sei un morto che cammina”. Agli atti, poi, la fuga di Giancarlo Lombardi, detto “Sandokan” ed ex capo storico della Sud, facendosi “scudo” coi buttafuori in una discoteca, lo scorso gennaio.

A Cataldo che lo inseguiva, secondo i pm, sarebbe caduta una pistola (“in mezzo le gambe, mi è partito è andato finire sotto il sedile”, diceva intercettato). Intanto, è stato sentito come teste nell’inchiesta principale anche il centrocampista dell’Inter Hakan Calhanoglu. Ha confermato che, nonostante le raccomandazioni della dirigenza di evitare contatti con gli ultrà, avrebbe avuto incontri, ma mai a cena, con Marco Ferdico e Antonio Bellocco (‘ndranghetista ucciso un mese e mezzo fa) anche per ricambiare attestati di solidarietà ricevuti all’epoca del terremoto nel suo Paese del 2023.

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Cronache

Blitz della Finanza a Pompei: sequestrati elicotteri usati per voli turistici senza autorizzazioni

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La Guardia di Finanza di Napoli ha eseguito un sequestro preventivo nei confronti di otto elicotteri riconducibili a quattro soggetti residenti a Pompei, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla procura di Torre Annunziata. Le indagini hanno rivelato che, fino a novembre 2024, gli indagati avrebbero svolto attività di air taxi e voli panoramici senza le necessarie autorizzazioni, configurando l’impiego abusivo di aeromobili a scopo di lucro.

Lanci di petali e voli tra ostacoli

Tra gli episodi più eclatanti finiti sotto la lente degli investigatori figura il lancio di petali di rose in volo dopo un matrimonio, un’attività non solo scenografica ma anche potenzialmente pericolosa. Gli elicotteri, secondo gli inquirenti, non risultavano sottoposti ad ispezioni periodiche e le procedure di manutenzione non rispettavano gli standard europei previsti per i mezzi adibiti a scopi commerciali.

Turisti con bagagli sui comandi di volo

Ancora più gravi le irregolarità riscontrate a bordo: in diversi casi i piloti avrebbero trasportato turisti con i bagagli appoggiati sui comandi di volo o non correttamente stivati. Inoltre, le aree di decollo e atterraggio erano spesso collocate in prossimità di ostacoli pericolosi, come scuole, ferrovie e tratte autostradali, con gravi rischi per la sicurezza pubblica.

Tre elicotteri già sequestrati

Le operazioni di sequestro sono ancora in corso. Al momento, sono tre gli elicotteri già posti sotto sequestro, mentre proseguono le attività di accertamento e perquisizione nei confronti degli indagati e delle società riconducibili a loro.

(La foto in evidenza ha solo uno scopo illustrativo ed è stata realizzata con sistemi di intelligenza artificiale)

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Cronache

Nuovo stop alla Funicolare Centrale, va sostituita di nuovo la fune: disagi per utenti e turisti

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Settembre 2022: Anm sostituisce la fune di trazione della funicolare Centrale, operazione che richiese la chiusura dell’impianto per un solo giorno. Il cavo, in acciaio, lungo 1,5 chilometri e del peso di 13 tonnellate, era stato installato nell’ambito della manutenzione straordinaria ventennale eseguita da Leitner. Tutto regolare, con un intervento rapido che sembrava garantire sicurezza e durata.

Un nuovo problema dopo due anni e mezzo

Sono passati poco più di due anni e mezzo e la funicolare ha nuovamente chiuso per motivi tecnici. Alle 7 del mattino, gli utenti hanno trovato le porte delle stazioni chiuse con un cartello che parlava di «verifiche tecniche inderogabili fino a cessate esigenze». Nessuna spiegazione precisa, né tempistiche sul ripristino. Chi si trovava all’Augusteo ha dovuto ripiegare sulla metropolitana, mentre altri hanno usato la funicolare di Chiaia o affrontato a piedi i 500 scalini del Petraio.

Il silenzio di Anm e la reazione della politica

Per ore, nessuna comunicazione ufficiale da Anm. Solo nel pomeriggio, intorno alle 16, è arrivata una nota: «Durante le operazioni di manutenzione ordinaria si è rilevata la necessità di approfondire alcuni aspetti tecnici dell’impianto». Non un cenno alla fune, elemento invece al centro del confronto con Ansfisa, l’agenzia del ministero dei Trasporti per la sicurezza degli impianti a fune.

La fune da sostituire: spunta un’anomalia

Secondo quanto trapelato da fonti sindacali, durante gli esami strumentali sono emerse possibili criticità nella fune installata nel 2022. Nessun rischio imminente, ma la decisione è stata quella di sostituirla per precauzione, forse anche sull’onda emotiva della recente tragedia della funivia del Faito. L’origine del deterioramento così rapido non è ancora chiara.

Riapertura prevista il 30 aprile

La funicolare resterà chiusa fino a mercoledì 30 aprile. Tempi lunghi, probabilmente legati all’arrivo del nuovo cavo da fuori Italia. Intanto, per alleviare i disagi, la funicolare di Montesanto prolungherà gli orari di esercizio: venerdì e sabato fino alle 2, domenica fino a mezzanotte e trenta.

Anche la Linea 6 in tilt

Nella stessa giornata, disagi anche sulla linea 6 della metropolitana, chiusa per oltre un’ora a causa di una verifica urgente al software di gestione.

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Cronache

La rivoluzione di Eugenia Carfora, la preside che ha trasformato Caivano

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Nessun ragazzo è perduto. Il cambiamento è sempre possibile. Vietato arrendersi. Sono le tre regole non scritte che guidano da anni il lavoro instancabile di Eugenia Carfora (foto Imagoeconomica in evidenza), dirigente dell’Istituto superiore “Francesco Morano” di Caivano, nel cuore del Parco Verde, una delle realtà più difficili della provincia di Napoli. Da quando è arrivata, nel 2007, ha fatto della scuola un presidio di legalità, bellezza e speranza.

La sfida iniziata dai banchi

All’arrivo della preside, il “Morano” era una scuola dimenticata, con uscite di sicurezza ostruite, aule fatiscenti e strutture abbandonate. Eugenia Carfora ha ripulito muri e coscienze, ha coinvolto genitori, professori e studenti in una grande operazione di rigenerazione. Oggi l’istituto è un modello: ha una palestra funzionale, un orto per l’indirizzo agrario, laboratori moderni per informatica e meccatronica, una cucina per l’alberghiero. E soprattutto ha ritrovato la dignità.

Una serie tv per raccontare la sua storia

La sua vicenda sarà al centro di una serie tv Rai1 intitolata “La preside”, diretta da Luca Miniero e interpretata da Luisa Ranieri, che ha conosciuto personalmente la dirigente. «Non pensavo di dovermi esporre così per salvare un ragazzo o dire che la scuola è bella», ha commentato Carfora, commossa ma determinata. La fiction punta a raccontare la forza della scuola pubblica e il valore della cultura in territori difficili.

Una vocazione totale

Instancabile, sempre presente, la preside Carfora vive la scuola come una missione assoluta. «Sono malata di scuola», ammette. Anche a scapito della famiglia: «Ho un marito meraviglioso che è una mia vittima. Non sono stata una buona madre, ma i miei figli oggi sono come me». Non si è mai fermata davanti alle difficoltà: ha affrontato i pregiudizi, è andata a cercare i ragazzi casa per casa, ha sognato l’impossibile.

“Mi voglio spegnere tra i miei ragazzi”

«Mi offende sentir dire “poveri ragazzi” — spiega — perché in quell’espressione c’è già la resa. Io credo che ognuno di loro possa farcela». E quando pensa alla fine, confessa: «Non vorrei morire nel mio letto, ma fra i ragazzi, qui a scuola».

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