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Corona Virus

L’Europa richiude per il virus, coprifuoco a Parigi e altre sei città francesi

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Chiusure di bar e ristoranti, obbligo di mascherine, coprifuoco. Da Parigi a Barcellona, l’Europa rialza i muri contro il virus nel tentativo di fermare la seconda ondata prima che sia troppo tardi, mentre i casi di Covid-19 nel mondo sfiorano i 40 milioni. In Francia, che da settimane ormai registra una media di 10-20.000 casi al giorno (oggi oltre 22.500), il presidente Emmanuel Macron ha annunciato il coprifuoco dalle 21 alle 6 in dieci citta’: Parigi, Grenoble, Lille, Lione, Montpellier, Saint-Etienne, Aix-en-Provence, Marsiglia, Rouen e Tolosa. La misura entrera’ in vigore sabato e durera’ per almeno quattro settimane. “Non abbiamo perso il controllo ma in Francia la situazione e’ molto preoccupante”, ha detto Macron parlando in diretta tv. Il presidente francese ha sottolineato che questo non e’ il momento di “cedere al panico ne’ di restare inermi” ma di reagire perche’ il virus e’ “pericoloso e grave per tutti”. In tutto il Paese e’ stato, inoltre, reimposto lo stato d’emergenza anti-Covid, che era scaduto lo scorso 9 luglio e non piu’ prorogato. Questo consentira’ al governo di adottare provvedimenti urgenti che implicano la limitazione dei movimenti o delle liberta’ dei cittadini per motivi straordinari e temporanei. In Germania dopo che e’ stato registrato il numero piu’ alto di nuovi contagi (5.132) da aprile, il governo di Angela Merkel ha deciso di limitare ad un massimo di 10 le persone autorizzate a partecipare alle feste private nelle regioni con un numero alto di casi e l’obbligo di mascherina dove non e’ possibile mantenere le distanze di sicurezza e dove viene superata la soglia dei 35 nuovi contagi per 100.000 abitanti in una settimana. Imposta anche la chiusura alle 23 per tutti i ristoranti che si trovano nelle regioni e nelle citta’ tedesche considerate focolai di Covid-19. Con uno dei tassi di contagio piu’ alti d’Europa, la Catalogna ha deciso di chiudere tutti i bar e i ristoranti per i prossimi quindici giorni. Una misura “dolorosa ma necessaria”, secondo il presidente ad interim della regione Pere Aragones, simile a quelle varata nei Paesi Bassi e in Irlanda del Nord, dove i pub resteranno fermi per un mese e le scuole per due settimane. “E’ una decisione che non abbiamo preso con leggerezza, se non ribaltiamo la situazione adesso ci troveremo in grosse difficolta’”, ha spiegato la premier nordirlandese Arlene Foster. Nuove chiusure anche nella Repubblica Ceca che, secondo i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), nelle ultime due settimane ha registrato il piu’ alto tasso d’infezioni in Europa. Per le prossime tre settimane stop a a scuole, campus universitari, bar e locali dopo l’annuncio di 8.000 nuovi contagi, un numero record che si era verificato solo un’altra volta dall’inizio della pandemia. Regole piu’ rigide anche in Portogallo, dove oggi sono stati registrati 2.027 nuovi casi. Non ci potranno essere riunioni con piu’ di cinque persone mentre per battesimi e matrimoni il tetto e’ stato fissato a 50. Il premier Antonio Costa ha deciso di abolire tutte le feste all’universita’ e raddoppiare le multe, da 5.000 a 10.000 euro, per gli esercizi commerciali che non rispettano le nuove regole. E sta pensando di proporre l’obbligo di mascherina all’aperto. Con la maggior parte dei governi europei che stringono le viti delle misure, suscita rabbia il video circolato sui social media che mostra centinaia di giovani ammassati senza mascherina nel centro di Liverpool. Alla chiusura dei pub e prima dell’entrata in vigore del lockdown locale voluto dal premier britannico Boris Johnson nella citta’ e nella regione piu’ colpita del Paese, gruppi di ragazzi si sono riversati in strada al grido di ‘Immunita’ di gregge arriviamo!’, saltando e ballando senza alcun distanziamento. Nelle ultime 24 ore nel Regno Unite sono stati registrati quasi 20.000 casi. I lockdown contro la pandemia, il cui impatto per l’Onu sara’ “devastante”, non tornano solo in Europa. Le autorita’ iraniane hanno annunciato un chiusura di tre giorni in 5 delle maggiori citta’ del Paese, tra cui la capitale Teheran, per fronteggiare l’emergenza. In Israele il blocco totale e’ stato prorogato fino a domenica 18 ottobre ma nei prossimi giorni si decidera’ se mitigare alcune norme per ristoranti, asili e i piccoli commerci.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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