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Lavoro

L’effetto Covid brucia mezzo milione di posti di lavoro

Istat registra il calo da febbraio 2020 del livello dell’occupazione. A luglio segnali di ripresa. Disoccupazione sale al 9,7%, quella giovanile cresce fino al 31,1%

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“Da febbraio 2020 il livello dell’occupazione è sceso di quasi 500 mila unità e le persone in cerca di lavoro sono cresciute di circa 50 mila, a fronte di un aumento degli inattivi di quasi 400 mila”. Sono dati che fornisce l’Istat nelle statistiche flash su occupati e disoccupati a luglio. “In quattro mesi, – continua l’Istat – il tasso di occupazione perde oltre un punto, mentre quello di disoccupazione, col dato di luglio, torna sopra ai livelli di febbraio”.  Il tasso di disoccupazione giovanile torna sopra il 30%, a luglio, per la prima volta da oltre un anno, a partire da aprile 2019. L’Istat lo attesta al 31,1% per la fascia di età 15-24 anni, in aumento di 1,5 punti da giugno e di 3,2 punti da luglio 2019. “Su base annua – sottolinea l’istituto di statistica – la disoccupazione cresce tra i minori di 35 anni e cala nelle altre classi”. Tra i 25 e i 34 anni, il tasso di disoccupazione è del 15,9%, quasi il triplo di quello nella fascia di eta’ 50-64 anni, ed e’ cresciuto di 0,9 punti nell’ultimo mese e di 1,4 punti nell’ultimo anno.

Aumentano in modo “consistente” a luglio 2020 le persone in cerca di lavoro, mentre calano gli inattivi. Cosi’ il tasso di disoccupazione registrato dall’Istat sale al 9,7% (+0,5 punti da giugno, +0,1 punti da luglio 2019). I disoccupati aumentano del 5,8% (+134mila unita’) mentre gli inattivi diminuiscono dell’1,6% (-224mila unita’) con una contrazione che riguarda uomini, donne e tutte le classi d’eta’. Il tasso di inattivita’ diminuisce, attestandosi al 35,8% (-0,6 punti). I disoccupati sono complessivamente 2 milioni e 454 mila e nell’arco dei dodici mesi diminuiscono (-1,8%, pari a 44mila unita’), mentre aumentano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni. Per questi ultimi la crescita e’ del 3,6%, pari a +475mila unita’ fino a quota 13 milioni 710 mila.

A luglio, dopo quattro mesi di flessioni consecutive, l’occupazione “torna a crescere”. L’Istat registra un aumento dell’occupazione su base mensile (+0,4% pari a +85mila unita’) che coinvolge le donne (+0,8% pari a +80mila), i dipendenti (+0,8% pari a +145mila) e tutte le classi d’eta’, ad eccezione dei 25-34enni. Gli uomini occupati risultano sostanzialmente stabili, mentre diminuiscono gli indipendenti. Nel complesso, il tasso di occupazione sale al 57,8% (+0,2 punti percentuali). Rispetto a luglio 2019 gli occupati diminuiscono di 556.000 unita’ e il tasso di occupazione perde 1,3 punti percentuali.  “Le ripetute flessioni congiunturali – osserva l’Istat – registrate a partire da marzo 2020 hanno contribuito a una rilevante contrazione dell’occupazione rispetto al mese di luglio 2019, che ha coinvolto uomini e donne di qualsiasi eta’, cosi’ come dipendenti (-317mila) e autonomi (-239mila); unica eccezione sono gli over50 con un incremento di occupati (+153mila) che, tuttavia, e’ dovuto esclusivamente alla componente demografica”. L’istituto di statistica sottolinea anche che “continua il recupero delle ore lavorate pro-capite”. A luglio 2020 il numero di ore effettivamente lavorate, calcolato sul complesso degli occupati, e’ pari a 33,1 ore pro-capite, solo di 1,2 ore inferiore a quello registrato a luglio 2019. Per i dipendenti il gap rispetto a luglio 2019 e’ ancora piu’ ridotto (-0,8 ore).

 

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Economia

Intelligenza artificiale e HR: il futuro è umano, ma potenziato dalla tecnologia

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L’intelligenza artificiale smette i panni salvifici per diventare uno strumento concreto al servizio delle persone e della produttività aziendale. È quanto emerge dal nuovo report Zucchetti HR 2025, che ha intervistato oltre 1.200 professionisti delle risorse umane, fotografando le nuove priorità delle imprese italiane.

Dall’euforia tecnologica alla strategia concreta

Dopo anni di entusiasmo quasi mitico attorno all’IA, oggi la tecnologia torna a essere mezzo e non fine. Le imprese puntano su soluzioni a valore aggiunto, ancorate alle esigenze reali: automazione dei processi (30%), comunicazione interna (20%), benessere del personale (19%), formazione (16%) e recruiting (15%).

«Le tecnologie non devono sostituire l’essere umano, ma potenziarlo», sottolinea Domenico Uggeri, vicepresidente Zucchetti. È questo il principio del nuovo modello HR, che diventa data-driven, flessibile e centrato sulla persona.

Intelligenza artificiale e selezione del personale

Il 70% degli intervistati crede che l’IA cambierà profondamente il proprio lavoro. E in effetti machine learning e algoritmi sono già protagonisti nell’analisi dei CV e nella selezione dei candidati. Tuttavia, nelle PMI manca ancora un’applicazione integrata e proattiva. Il rischio? Perdere il vantaggio competitivo.

HR sempre più strategico

La funzione risorse umane è oggi chiamata a un ruolo centrale nell’impresa: agente del cambiamento, partner del business, guida nei processi di innovazione. Secondo Uggeri, l’HR è il nodo tra produttività, digitalizzazione e benessere. Un equilibrio delicato da mantenere con consapevolezza tecnologica, empatia e visione sistemica.

Welfare, talent retention e dialogo con la Gen Z

La carenza di talenti e la difficoltà a trattenere i collaboratori richiedono nuove politiche di welfare. Fringe benefit, anticipo stipendio, incentivi per le famiglie: tutto contribuisce a contrastare fenomeni come Grandi Dimissioni e Quiet Quitting.

«Il ruolo HR è sempre più leva strategica e garante della centralità della persona», afferma Maristella Di Raddo, Direttore Full Service Gruppo Conad Nord Ovest.

Per Alessandro Premoli, Head of HR di F&B Italy (gruppo Autogrill), «serve agilità nel raccogliere le sfide, adattarsi ai cambiamenti e semplificare la vita delle persone con soluzioni tecnologiche intuitive».

Ma la partita vera si gioca con la Generazione Z. Come spiega Andrea Arrighi di Lagardère Travel Retail Italia, trattenere i giovani talenti sarà una sfida epocale. Se non affrontata con progettualità rapide e mirate, potrà mettere a rischio lo sviluppo industriale.

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Economia

Metalmeccanici in piazza in tutta Italia per contratto

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La rabbia dei metalmeccanici è ancora scesa in piazza, in tutta Italia, per il nuovo sciopero di otto ore proclamato da Fim, Fiom e Uilm per chiedere a Federmeccanica e Assistal la ripresa della trattativa per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di categoria, scaduto a giugno 2024 per circa 1,5 milioni di lavoratori. Da nord a sud della Penisola, i lavoratori hanno incrociato le braccia e partecipato alle manifestazioni organizzate su scala territoriale, con le tre organizzazioni che parlano di una “straordinaria riuscita” della mobilitazione e “molte fabbriche ferme”: chiusa, dicono sulla base dei primi dati parziali, la Lagostina di Cusio, completamente vuota la Fincantieri di Marghera e gli appalti del polo petrolchimico di Siracusa, mentre adesioni “ben oltre il 90%” ci sono state, tra le altre, dalla Isringhausen di Chieti agli stabilimenti Leonardo di Napoli, dalla Electrolux di Pordenone alla Magna di Livorno.

Interviene anche la ministra del Lavoro Marina Calderone: “Credo che sia importante accompagnare le parti al rinnovo del contratto della metalmeccanica, perché è un contratto importante che riguarda settori strategici e che, soprattutto, porta con sé anche una riflessione su quello che è il futuro della metalmeccanica e della meccatronica nel nostro Paese, anche alla luce di quelle che sono le tante sollecitazioni, ma anche le tante transizioni di settori che devono essere ripensati”. La protesta però è destinata a non fermarsi, visto che le tre organizzazioni sindacali minacciano che, in assenza di una ripresa della trattativa interrotta a novembre, i primi giorni di aprile decideranno “ulteriori azioni più incisive ed estese”. “Non ci fermeremo di fronte all’irresponsabilità degli imprenditori” ha detto dalla piazza di Torino il segretario generale della Fim Cisl, Ferdinando Uliano, ricordando che “sono undici mesi che abbiamo presentato la piattaforma”, ma che Federmeccanica e Assistal “non hanno risposto sulle questioni salariali e su quelle normative”.

Anche secondo il segretario della Fiom, Michele De Palma, in corteo con i lavoratori di Reggio Emilia, le associazioni datoriali, non riaprendo il confronto, stanno compiendo “un atto irresponsabile e antidemocratico”. “Non ci fermeremo – ha aggiunto – fino a quando non ripartirà la trattativa e porteremo a casa il rinnovo del contratto nazionale”. Per il segretario della Uilm Rocco Palombella, in piazza a Napoli, gli 11 punti della piattaforma sindacale “sono importantissimi”, perché riguardano “il sociale, il futuro, e il rilancio del Paese. Noi andremo avanti” ha ribadito anche lui.

E a fianco della battaglia dei lavoratori metalmeccanici si sono schierati anche i segretari generali della Cgil Maurizio Landini (nella foto in evidenza), che ha partecipato al corteo di Roma, della Uil PierPaolo Bombardieri e della Cisl Daniela Fumarola, con i primi due che hanno chiamato in causa il governo, chiedendo la detassazione degli aumenti salariali di tutti i contratti. Con la mobilitazione di oggi salgono a 24 in totale le ore di sciopero proclamate da novembre da Fim, Fiom e Uilm, che nella loro piattaforma, sul fronte del salario, hanno chiesto un aumento medio a regime per il livello C3 (ex quinto livello) di 280 euro lordi per il triennio luglio 2024-giugno 2027.

Le imprese offrono invece un aumento salariale medio allo stesso livello di 173 euro, sulla base dell’indice Ipca, ma allungando la vigenza del contratto di un anno, fino a giugno 2028. Intanto, l’Istat certifica un miglioramento del fatturato dell’industria, che a gennaio registra aumenti in termini congiunturali del 3,8% in valore e del 4% in volume, incrementi sia sul mercato interno (+3,9% in valore e in volume) sia su quello estero (+3,6% in valore e +4,4% in volume). Un quadro, questo, che si conferma positivo anche in termini tendenziali.

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Economia

Lavoro: nel 2024 saldo positivo rallenta a 375mila posti

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E’ ancora largamente positivo nel 2024 il saldo tra assunzioni e chiusure dei rapporti di lavoro ma in rallentamento rispetto al 2023: l’anno scorso – secondo l’Osservatorio Inps sul mercato del lavoro appena pubblicato – le aziende hanno attivato in Italia 8.085.758 contratti a fronte di 7.711.172 cessazioni con una variazione netta positiva per 374.613 contratti, in calo rispetto ai 519.371 del 2023. Se si guarda però agli ultimi cinque anni l’Inps segnala che rispetto al periodo prepandemico, ovvero al 2019, il saldo positivo sfiora i due milioni di contratti, per quasi il 75% (1,43 milioni su 1,96) a tempo indeterminato.

Dati che sono stati commentati con soddisfazione dalla ministra del Lavoro, Marina Calderone, che ha sottolineato come la “propaganda sul precariato sia smentita dai fatti”. A trainare l’occupazione negli ultimi cinque anni è stato il settore delle costruzioni, soprattutto grazie al superbonus, con un saldo tra attivazioni e cessazioni di oltre 371mila unità, seguito dal settore del commercio (di oltre 292mila il saldo positivo) e dall’alloggio e la ristorazione (247mila posti in più). Ma nell’ultimo anno è stato proprio il settore degli alloggi e ristoranti a trainare la crescita grazie all’impennata del turismo con oltre 85mila unità in più, più del doppio del saldo registrato dalle costruzioni. Il Nord ha trainato la ripresa con un saldo positivo per oltre 910mila unità ma anche il Sud è cresciuto con una variazione netta di quasi 619mila posti in più.

Il Centro ha avuto un saldo positivo per oltre 430mila unità. Nel solo 2024 il Meridione ha registrato un saldo tra attivazioni e cessazioni positivo per 112.619 unità. La vivacità del mercato si evince anche dall’andamento dei contratti a tempo indeterminato che con un saldo positivo di 314.999 unità anche se in calo sul 2023 ha concentrato la gran parte della crescita del 2024. Sono lievemente aumentati i licenziamenti per motivi economici (+2,91%) ma con 366.534 casi sono largamente al di sotto di quelli registrati nel 2019, prima del blocco deciso per fronteggiare le conseguenze economiche della pandemia. Sono in calo i licenziamenti disciplinari a 103.554 mentre le dimissioni sfiorano quota 1,24 milioni, in lieve calo sul 2023 ma in linea con un mercato del lavoro con maggiori prospettive per chi vuole migliorare la propria posizione.

“La propaganda sul precariato che sarebbe stato creato da questo governo – sottolinea Calderone – è smentita dai fatti, dai dati e dalle nuove dinamiche del lavoro. Sono numeri certificati anche dalla Bce, che dovrebbero rendere orgogliosi tutti gli italiani e che costituiscono solo un punto di partenza. C’è ancora tanto da fare, soprattutto per giovani e donne, in particolare nel mezzogiorno”.

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