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Le mani dei Casalesi sulle cooperative dell’antimafia, l’inchiesta choc della Procura di Napoli: tutti i nomi degli indagati

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Il sindaco di Sparanise (piccolo centro del Casertano), Salvatore Martiello, è indagato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli per una vicenda del 2020 relativa all’affidamento in materia di servizi sociali. I reati contestati a Martiello sono la turbativa d’asta e la corruzione con l’aggravante mafiosa. Accuse relative ad  una gara indetta dall’ambito sociale C9. La notizia è stata resa pubblica dallo stesso Martiello  attaverso un comunicato, nel quale spiega di aver ricevuto da agenti della Polizia di Stato un avviso di garanzia. Nel comunicato Martiello ha spiegato di essersi anche autosospeso dalla carica di sindaco “fino ad avvenuto chiarimento della vicenda giudiziaria che mi riguarda”. “Confido nell’operato della magistratura inquirente – aggiunge – ed ho già dato mandato al mio legale Angelo Raucci di chiedere di essere ascoltato sin da subito per chiarire la mia posizione”. La Polizia – squadra mobile di Caserta – ha sequestrato al sindaco, nell’ambito di una perquisizione, cellulari e materiale informatico.

Michele Zagaria. È l’ultimo capo della Cupola mafiosa casalese detenuto al 41 bis

L’inchiesta, gli accertamenti in atto da parte della procura distrettuale antimafia di Napoli, si occupa di finti operatori socio assistenziali e finte cooperative costituite, dirette e finanziate in modo consolidato negli ultimi venti anni da un ramo della famiglia Del Vecchio, storicamente legata al clan Zagaria. Per capirci ci sono accertamenti per capire se soggetti, associazioni che farebbero parte dello schieramento antimafia in un territorio difficile per anni succube dello strapotere mafiosa casalese, sono legati alla mafia. L’inchiesta della Dda di Napoli e della Squadra Mobile di Caserta in cui è indagato per corruzione e turbativa d’asta con l’aggravante mafiosa il sindaco di Sparanise (Caserta) Salvatore Martiello direbbe questo. Ma sono accuse, non sentenze. E le accuse l’Antimafia vuole dimostrarle con prove. L’inchiesta conta una ventina di indagati in totale. Tra gli indagati ci sono anche la sorella dell’esponente di primo piano della camorra casalese Carlo Del Vecchio, imprenditori e dipendenti comunali, Una inchiesta che confermerebbe la consolidata e immutata capacità dei clan della camorra casalese di infiltrarsi nella pubblica amministrazione, inquinare le istituzioni e le associazioni.

Tra gli indagati eccellenti dell’inchiesta risulterebbero esserci l’ex senatore del Pdl Vincenzo Nespoli, oggi vicino alla Lega ( già condannato per bancarotta e riciclaggio, un anno fa, nell’ambito di altre indagini radicate a Napoli) nella qualità di ex sindaco di Afragola; l’attuale sindaco di Sparanise, Salvatore Martiello, che come abbiamo scritto ha reso noto l’inchiesta e che si è subito autosospeso; Giovanna Maria Sparago, ex assessore comunale di Caserta con delega alle “Politiche di inclusione sociale e Cittadinanza attiva”. Importo complessivo dei servizi sotto esame ammonterebbe a circa 5 milioni di euro. Ma questa seconda tranche dell’inchiesta dei pm Antonello Ardituro, Simona Belluccio e Vincenzo Ranieri, coordinati dal procuratore aggiunto Rosa Volpe, è ancora alle prime battute e potrebbe avere sviluppi importanti anche sulla base delle perquisizioni e acquisizioni di documenti e supporti informativi a casa degli attuali indagati. Un ruolo importante in questa inchiesta e nelle società e prestanome che figurano in questa fase c’è  Esia Del Vecchio, la 49enne sorella dell’affiliato dei Casalesi, Carlino, e il consorsio Agave . Il suo nome, su cui era stata costruita la società- madre Edv Service, sede a Casagiove, apre l’elenco degli indagati; con lei, figurano Orlando Diana e Maurizio Zippo ( quest’ ultimo spostato con un’altra sorella Del Vecchio). Diana, che ha avuto rapporto con il superboss Michele Zagaria, con gli esponenti criminali Michele Barone o Nicola Schiavone, insieme a Zippo, per la Procura, costituivano la coppia “degli imprenditori del clan dei casalesi che si adoperavano per utilizzarne il potere di infiltrazione presso vari enti territoriali e amministrazioni pubbliche : al fine di ottenere l’affi-damento dei servizi nel settore sanitario e socio assistenziale”. Il collegamento “dell’associazione per delinquere con il clan dei casalesi” era assicurato “grazie ai rapporti coltivati nel tempo con Pasquale Capriglione e Luigi Lagravanese”, anch’essi indagati, “legati alla fazione degli Schiavone”. Tra i responsabili delle coop finiscono indagati anche Sofia Flauto, Massimiliano Grassi, Gennaro Bortone. Mentre il sospetto che abbiano posto “a disposizione il loro ruolo e la loro funzione di pubblici funzionari negli enti pubblici” , coinvolge, oltre a Nespoli, Martiello, Sparago, anche tecnici e funzionari di vari comuni: Luca Carofano, Antonio Cleopatra, Rodolfo De Rosa, Carlo D’Angelo, Alessandra Iroso, Marcella Lancia, Marfisa Varone. Siamo in una fase ancora embrionale dell’inchiesta. Le accuse sono pesanti e tutti gli indagati hanno pieno diritto non solo di sentirsi innocenti (e lo sono fino a conclusione di un eventuale processo) ma anche a difendersi con ogni mezzo legale.

Antonello Ardituro. Magistrato inquirente

Sulla vicenda in  questione sono intervenuti con un comunicato anche  il Comitato don Diana e il Coordinamento provinciale Libera Caserta, che da anni denunciano episodi di malagestionne di risorse ai danni delle persone più fragili e infiltrazioni della camorra nel terzo settore. “L’indagine – di legge in una nota congiunta delle due associazioni antimafia – restituisce uno spaccato agghiacciante. Secondo i primi esiti investigativi, contando sulla collusione di dirigenti e amministratori, la camorra sarebbe riuscita a mettere le mani sulle risorse destinate alle persone fragili, a quei cittadini bisognosi di assistenza che per anni si sono visti negare il sostegno di servizi, finiti per esistere solo sulla carta e con l’unico obiettivo dell’illecito profitto. Da anni, con la nostra rete di cooperative e associazioni impegnate nella costruzione di un vero welfare sociale, denunciamo lo scempio di appalti e affidamenti destinati sempre agli stessi soggetti, criminali e truffaldini che hanno scelto di giocare con il dolore e la vita delle famiglie e che nulla c’entrano con il Terzo settore: perche’ quello vero e’ fatto di realta’ che lavorano eticamente e che considerano gli utenti dei servizi non numeri, ma persone. Siamo pronti a batterci in ogni modo per la difesa dei diritti delle persone che hanno pagato e pagano il prezzo piu’ alto di un sistema perverso, anche valutando, se necessario, una costituzione di parte civile in un eventuale processo che possa scaturire dalla conferma delle accuse”.

 

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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Comune revoca cittadinanza al duce, la dà a Matteotti

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Revocata la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, conferita invece a Giacomo Matteotti, il politico socialista ucciso dai fascisti il 10 giugno 1924. Alla vigilia del 25 aprile, il Comune di San Clemente, in provincia di Rimini, ha preso queste due decisioni simboliche, approvate all’unanimità dal consiglio comunale nel tardo pomeriggio. Anche Ozzano dell’Emilia, in provincia di Bologna, proprio ieri ha revocato la cittadinanza al duce. E così hanno chiesto di fare i gruppi consiliari di centrosinistra ad Isernia, dove era stata concessa a Mussolini il 20 maggio 1924. “Revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini significa prendersi la responsabilità di giudicare con determinazione e piena maturità un passato costellato da atrocità, economia inesistente, azzeramento, in modo scientifico, quasi chirurgico, del pensiero critico”, ha detto la sindaca di San Clemente, Mirna Cecchini, nel suo discorso.

“In un’epoca in cui il coraggio delle proprie azioni e l’intransigenza verso le bestialità sembrano venir meno, l’esempio di Matteotti è pronto a ricordarci che la democrazia e la libertà non sono beni scontati e facilmente ottenibili. Bensì l’epilogo di faticose conquiste personali e collettive, la spina dorsale dei popoli capaci di rialzare la testa; traguardi che richiedono responsabilità, vigilanza continua e partecipazione convinta”, ha aggiunto, motivando il conferimento della cittadinanza post mortem. A Ozzano la cittadinanza a Mussolini fu concessa il 18 maggio 1924, “in un periodo e contesto storico totalmente diverso da quello attuale, quando tantissimi Comuni furono in un certo senso sollecitati a rendergli omaggio attraverso un atto simbolico e politico – ha spiegato il sindaco, Luca Lelli – A chiederne la revoca è stata l’Anpi locale e come Amministrazione non abbiamo esitato a rispondere all’appello, e a procedere con il ritiro attraverso un atto del Consiglio comunale. La revoca è avvenuta a ridosso del 25 aprile perché abbiamo voluto dare anche un segnale forte, puntando l’attenzione sull’impegno che da sempre abbiamo nel promuovere una società basata sui valori di democrazia e libertà”.

A Isernia il capogruppo del Pd, Stefano Di Lollo, ha spiegato che “la cittadinanza onoraria, attribuita all’epoca come atto di adesione ideologica al regime fascista nascente, è oggi ritenuta incompatibile con i valori della Costituzione repubblicana e con il sentimento democratico che deve appartenere a uno Stato civile. Benito Mussolini è stato il principale responsabile dell’instaurazione della dittatura fascista, delle persecuzioni razziali e politiche, e dell’alleanza con il nazismo, che ha condotto l’Italia in una delle fasi più oscure della sua storia. Restituire alla storia il suo giusto significato è fondamentale per costruire un presente consapevole e un futuro libero”.

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Becciu: Papa Francesco aveva la soluzione, non possono escludermi

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Il cardinale Angelo Becciu conferma di ritenere che lo si debba ammettere al Conclave. Il porporato sardo, ex sostituto della Segreteria di Stato ed ex prefetto per le Cause dei santi – che in una drammatica udienza del 24 settembre 2020 papa Francesco privò della carica in Curia e dei diritti del cardinalato -, afferma in una conversazione con la Reuters che il suo ruolo è cambiato da quella sera di oltre quattro anni e mezzo fa, quando il Pontefice lo degradò perché si sentiva tradito nella sua fiducia. Oltre a confermare quanto già dichiarato all’Unione Sarda – che le sue prerogative sono “intatte, che non c’è stata “alcuna esplicita volontà” di escluderlo dal Conclave e che non gli è mai stato chiesto di rinunciare al privilegio per iscritto -, Becciu aggiunge che papa Bergoglio sarebbe stato vicino a prendere una decisione sul suo status.

Dice infatti di aver incontrato il Pontefice a gennaio, prima del ricovero al Gemelli a febbraio, e cita le sue parole: “Penso di aver trovato una soluzione”, gli avrebbe detto Francesco. Becciu dichiara inoltre di non sapere se il Papa gli abbia lasciato istruzioni scritte su questo aspetto. “Saranno i miei confratelli cardinali a decidere”, conclude in attesa della discussione nelle congregazioni pre-Conclave del Sacro Collegio, già iniziate e a cui lui stesso è invitato.

La questione-Becciu, che rischia di condizionare gravemente il prossimo Conclave e anche il dopo, si complica quindi sempre di più. Tra l’altro nel prossimo autunno – prima udienza il 22 settembre – si aprirà il processo d’appello sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e la compravendita del Palazzo di Londra, per le quali Becciu ha sempre proclamato la sua innocenza ma è stato in primo grado condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per i reati di peculato e truffa aggravata ai danni della Santa Sede. Intanto, spuntano due lettere scritte dal Papa che sancirebbero l’esclusione di Becciu dal voto per il nuovo Pontefice. Ne scrive il quotidiano Domani riportando che il cardinale Pietro Parolin, già segretario di Stato, avrebbe mostrato ieri sera a Becciu due lettere dattiloscritte e siglate dal Pontefice con la F che lo escluderebbero dall’ingresso in Sistina: una del 2023 e l’altra dello scorso mese di marzo, quando Francesco affrontava l’ultima, gravissima malattia.

Il porporato sardo avrebbe preso atto, ma al momento non risulta abbia rinunciato al suo proposito. Sempre secondo ricostruzioni su Domani dell’ex direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, il cardinale decano Giovanni Battista Re, che domani celebrerà i funerali di Francesco, avrebbe detto a Becciu di essere favorevole al suo ingresso in Conclave, non avendo disposizioni contrarie scritte dal Pontefice scomparso. Nel riferire ciò al cardinale camerlengo Kevin Joseph Farrell, però, quest’ultimo avrebbe comunicato a Re la volontà di papa Bergoglio, espressagli tempo fa soltanto a voce, che Becciu fosse tenuto fuori. Da indiscrezioni che trapelano dalle prime congregazioni generali, poi, per sbrogliare il caso-Becciu che sta diventando un vero e proprio ‘giallo’, potrebbe essere costituita una commissione, composta da cinque cardinali tra cui lo stesso porporato sardo.

Questa, secondo il Fatto Quotidiano, la proposta avanzata dal cardinale Claudio Gugerotti, già prefetto per le Cause orientali e considerato molto vicino al card. Parolin. Gugerotti, dal canto suo, avrebbe espresso un parere contrario all’ingresso di Becciu in Sistina. Lo stesso avrebbe fatto un altro fedelissimo di Bergoglio, il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski. Su tutta la questione non ci sono commenti da fonte ufficiale. Alle domande dei giornalisti il portavoce vaticano Matteo Bruni continua a ripetere che “per ora parliamo dei funerali del Papa. Del Conclave si parlerà poi”.

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