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Lavoratori stagionali del turismo ai tempi del Covid, Caredda: ignorati dallo Stato, massacrati da aziende poco serie, ci aiuta la Caritas

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Fra le categorie più trascurate dal Governo, ce n’è una che sta patendo la crisi in modo particolarmente drammatico: sono i lavoratori stagionali del turismo, ossia tutti quelli che sono impiegati nelle strutture ricettive, nella ristorazione, negli stabilimenti balneari e in tutte quelle aziende che, inserite in territori a forte vocazione turistica, operano soltanto nei periodi dell’anno in cui si concentrano i flussi turistici. La stagione che si è appena conclusa, nonostante l’incentivo del bonus vacanze, ha lasciato a casa moltissimi dipendenti. Inoltre, le indennità erogate sinora sono state ritenute insoddisfacenti perché vincolate ad una serie di requisiti troppo stringenti.

Per gli stagionali i guai erano iniziati già nel 2015, con il decreto legislativo n.22/2015, attuativo del Jobs Act voluto dal Governo Renzi. Fino a quel momento, gli stagionali lavoravano per sei mesi all’anno, e per i restanti sei, in cui l’attività lavorativa subiva la sua naturale interruzione, percepivano il sussidio di disoccupazione. Con l’introduzione della Naspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego, il sussidio è garantito solo per la metà dei mesi lavorati nell’ultimo anno, cioè tre mesi, il che equivale ad un dimezzamento dell’indennità. E per i restanti tre mesi i lavoratori, privati di ogni sostegno economico, si vedono costretti a cercare altri impieghi. Una ricerca che però, in zone che si nutrono esclusivamente di turismo, si trasforma molto spesso in una missione impossibile. Semplicemente, il lavoro non c’è. 

Ristori. Paradisi del turismo come Ischia vivono una situazione difficile perchè è impossibile intravedere un futuro

“In quei tre mesi non siamo coperti in alcun modo, per noi è una tragedia – denuncia Ferdinando Caredda, lavoratore stagionale ischitano e coordinatore regionale per la Campania dell’ANLS, l’Associazione Nazionale Lavoratori Stagionali. “Chi deve pagare il mutuo o l’affitto, le famiglie monoreddito a Ischia, Capri, in costiera amalfitana? Come sbarcano il lunario? Da Ischia molti lavoratori per quei tre mesi se ne vanno a Saint-Maurice, dove si guadagna bene, ma sono costretti a stare lontano dalla famiglia. La verità è che gli stagionali non sono tutelati dallo Stato. Un ragazzo che sceglie la scuola alberghiera per fare il cuoco in una località a vocazione turistica, come la costiera amalfitana o le isole, non avrà mai stabilità economica perché non dispone di un reddito per tutto l’anno”. 

Poi è arrivato il Covid che ha devastato la nostra economia e il turismo è stato uno dei settori più martoriati. Con l’ultimo decreto ristori, il Governo ha previsto per i lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo un’indennità una tantum di 1000 euro. “Il problema – spiega Caredda – è che, per poter usufruire del bonus, non bisogna essere titolari di Naspi né di un rapporto di lavoro dipendente alla data del 29 ottobre, il che esclude la maggior parte degli stagionali che, seppur per pochi mesi, hanno lavorato quest’estate. E anche per il bonus del decreto agosto ci eravamo scontrati con le stesse limitazioni. Ad Ischia c’è una crisi nera, gente disperata, persone che prima si potevano permettere viaggi, auto, casa in affitto, oggi hanno venduto tutto, non hanno più niente. Molti vanno alla Caritas, non sapendo come fare la spesa”. 

C’è poi tutta una serie di lavoratori che sono stati esclusi dalle misure di sostegno, perché non identificati come stagionali nei loro contratti. “Un commesso che è impiegato in un negozio di souvenir aperto solo da Pasqua a ottobre, è un lavoratore del turismo a tutti gli effetti, per lo Stato, no, perché ha un contratto del settore commercio. Un netturbino o un vigile urbano assunto solo per i sei mesi in cui si concentrano i flussi, per me è uno stagionale. Queste categorie sono escluse da tutto, non stanno percependo nessun aiuto economico”.

Ferdinando Caredda

Per tutelare i diritti della categoria, nel 2015 nasce l’Associazione Nazionale Lavoratori Stagionali. “L’ha fondata il nostro presidente Giovanni Cafagna – racconta Caredda -; io mi sono unito dopo. Ad oggi siamo a quota diecimila iscritti da tutta Italia. Noi siamo sempre a disposizione dei nostri associati, ci chiamano quando hanno problemi burocratici, organizziamo le manifestazioni, pagando il viaggio a chi non può permetterselo. Portiamo le nostre istanze alle istituzioni. Di recente abbiamo incontrato la commissione lavoro del Senato e abbiamo esposto il nostro problema. Ci avevano promesso un decreto che tutelasse i lavoratori della zone a stretta vocazione turistica, che non hanno altri sbocchi occupazionali, ma lo stiamo ancora aspettando”.

Ferdinando Caredda. L’audizione degli stagionali in Commissione Lavoro

Quella degli stagionali, ci racconta Ferdinando, è una vita molto sacrificata. “Prenda un cameriere. Lavora dalle 06:30 alle 10:30. Riattacca alle 12 fino alle 15:30. Ancora, il turno serale dalle 18:30 alle 22, quando gli va bene. Per non parlare dei cuochi nelle cucine, i turni sono massacranti. A luglio e agosto, siccome il flusso turistico è enorme, non gli viene garantito nemmeno il giorno di riposo settimanale. In riviera romagnola fanno un forfettario: 1600 euro al mese e mi devi lavorare 15 ore al giorno. Ho contatti con lavoratori da tutta Italia, da Nord a Sud lo scenario non cambia. Spesso la busta paga è da 40 ore settimanali, nella pratica ti trovi a farne il doppio. Se rifiuti o peggio ancora provi a far valere i tuoi diritti, la voce gira fra le aziende e non ti chiamano più. Per fortuna ci sono anche molte aziende oneste, che agiscono in modo corretto”. 

 

 

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Mediobanca lancia offerta su Banca Generali: nasce un colosso del Wealth Management

Mediobanca offre la propria partecipazione in Generali per acquisire Banca Generali e rafforzarsi nel Wealth Management con 210 miliardi di attivi in gestione.

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Mediobanca ha ufficialmente lanciato un’offerta pubblica di scambio sul 100% di Banca Generali, proponendo al Leone di Trieste la propria partecipazione azionaria in cambio della controllata specializzata nel settore del risparmio gestito. L’operazione, annunciata attraverso una nota ufficiale, comporta per Mediobanca la cessione della sua quota in Generali e un simultaneo investimento in Banca Generali per un valore complessivo di 6,3 miliardi di euro.

Evoluzione del rapporto tra Mediobanca e Generali

Secondo quanto precisato da Piazzetta Cuccia, questa mossa rappresenta un cambiamento strategico nei rapporti tra Mediobanca e Generali: da un semplice legame finanziario si passa a una “forte partnership industriale”, segnando una nuova fase di collaborazione tra i due gruppi.

Obiettivo: la leadership nel Wealth Management

L’operazione permetterà a Mediobanca di rafforzare notevolmente la propria presenza nel settore del Wealth Management. Una volta completata l’aggregazione, il gruppo potrà contare su attivi in gestione pari a 210 miliardi di euro, ricavi per circa 2 miliardi e una capacità di crescita stimata in oltre 15 miliardi annui. Un passo decisivo che conferma la volontà di Mediobanca di posizionarsi come leader di mercato in un settore strategico e in forte espansione.

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Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

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In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

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Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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