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L’allarme recessione non toglie il sonno a Conte che esclude una manovra bis

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Nessun rischio recessione e, soprattutto, nessuna manovra bis in vista per scongiurare i rischi di una mancata ripresa della crescita: il premier Giuseppe Conte scende in campo per rassicurare gli italiani dopo l’allarme lanciato dalla Banca d’Italia. “E’ troppo presto” per ragionare su un’ipotesi di nuovo intervento sui conti pubblici per correggere i saldi a causa delle negative previsioni sul Pil ma, soprattutto, “noi preveniamo che possa accadere il peggio e ci siamo predisposti per tempo”. Come dire la ‘manovra’ sul reddito di cittadinanza e quota 100 avra’ i suoi effetti sulla crescita. “Noi le congiunture economiche non favorevoli le preveniamo e, come abbiamo dimostrato, le ereditiamo. Siamo operativi affinche’ questa Italia cresca e le indicazioni diventino tutte positive” rassicura il presidente del Consiglio da Matera, divenuta quasi il simbolo del nuovo Rinascimento. “Siamo qui a Matera proprio per far ripartire l’Italia” dice. Conte sorride e rassicura mentre il vicepremier Luigi Di Maio mena fendenti contro i poteri forti che remano contro il governo del cambiamento. Primo tra tutti Bankitalia con i suoi dati, stigmatizza il vicepremier, sulla “ipotetica recessione” diffusi “guarda caso, il giorno dopo che abbiamo lanciato il reddito di cittadinanza e quota 100. Ma ormai ci siamo abituati…” dice in un video lanciato in rete per diffondere alcuni dati positivi sul lavoro provenienti dal Veneto.

“Grazie al Decreto Dignita’, in Veneto, dove il Decreto Dignita’ era stato criticatissimo, sono aumentati i posti di lavoro e soprattutto stabili, facendo crollare quelli a tempo determinato” esulta il vicepremier con in mano di dati dell’Osservatorio di Veneto Lavoro che evidenziano nel 2018 un aumento di 25 mila unita’ sostenuta soprattutto dai rapporti a tempo indeterminato e in apprendistato (in totale +30.700) a fronte di una contrazione del lavoro a termine (-5.400). Dati che il Pd contesta con il segretario veneto Alessandro Bisato che sostiene: “l’aumento e’ soprattutto nella prima parte dell’anno, con l’effetto della precedente normativa, non certo del decreto Dignita’”. Un attacco che arriva dopo le contestazioni dem sul reddito di cittadinanza e sull’annunciato progetto di referendum che manda su tutte le furie Di Maio che se la prende anche con Giorgia Meloni. “Sono sicuro che il Pci e l’Msi avrebbero sostenuto il reddito e voi che ne siete gli infelici eredi state qui a fare il tifo per lo spread e per Confindustria”. La sindrome dei poteri forti che remano contro il governo del cambiamento inizia a diffondersi tra i 5 Stelle che reagiscono con forza e non solo contro Bankitalia ma anche contro gli industriali che ieri hanno chiesto di “aprire i cantieri” contro il rischio recessione e di manovra correttiva. “Se Confindustria vuole fare il mestiere che le compete bene; se invece vuole fare politica la faccia pure ma, se cosi’ fosse, le imprese di Stato e le partecipate devono smettere di finanziarla. Poi voglio vedere come fanno a fare i liberali, senza tutti quei soldi” avverte il sottosegretario Stefano Buffagni. Lo scontro e’ a tutto campo mentre i 5 Stelle affilano le armi contro le opposizioni che chiedono di “cambiare rotta” come incita il Pd, o di ascoltare il “campanello d’allarme” della Banca d’Italia come fa Leu o con Fi che attraverso Renato Brunetta ironizza “sull’alba del nuovo boom economico”. Anche il sindacato scende in campo: “La recessione ormai non e’ piu’ uno spauracchio, ma puo’ diventare una terribile realta’” avverte la segretaria della Cisl Annamaria Furlan. Giorgia Meloni provoca: “Di Maio ci definisce amici delle banche? Vediamo come vota il M5s sulla nostra proposta di legge per la nazionalizzazione della Banca d’Italia”.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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