“Basta giocare in difesa, bisogna giocare in attacco”. Christine Lagarde a Davos indossa per un momento i panni della centravanti europea contro le bordate di Donald Trump, e dà l’esempio con una politica monetaria che si spinge un po’ più in là rispetto al copione recitato da settimane: i tassi scenderanno con cautela ma se serve il ritmo può aumentare. A prescindere da cosa farà la Fed, dice la presidente della Bce. In un Forum economico mondiale stretto fra l’Inauguration Day di Trump di lunedì e il discorso che il presidente Usa terrà domani in videoconferenza, le istituzioni e i leader europei cercando di elaborare una risposta a un’America più aggressiva e meno amica. Non si tratta solo dei dazi annunciati da Trump, anche se il commissario Ue all’Economia Valdis Dombrovskis parte di prima mattina con la sua risposta “siamo pronti a rispondere in maniera proporzionata, se necessario”.
C’è anche la politica monetaria e quella dei cambi, dove Trump ha già iniziato Pechino di svalutare artificialmente lo yuan e dove Lagarde liquida come un “problema loro” l’eventualità che la Fed non possa tagliare più di tanto a causa dell’inflazione persistente legata alle spese e ai dazi promessi da Trump. C’è la delusione europea per la chiusura – apparentemente definitiva – di Trump alla global minimum tax che avrebbe finalmente fatto pagare un po’ di tasse in Europa a Big Tech: una presa di posizione europea avrà un peso anche se il tycoon punta a ritorsioni sui singoli Paesi. E ci sono persino i social media, oggetto di un panel specifico a Davos sugli effetti spesso devastanti su bambini e adolescenti e dove il premier spagnolo Pedro Sanchez, nel suo ‘special address’ alla platea di Davos, lancia un attacco durissimo destinato a Zuck, a Musk e a TikTok.
Hanno in mano uno “strumento di oppressione”, dice un Sanchez unico fra i leader europei a prendere di petto simili colossi. Occorre “mettere fine all’anonimità” dei post, “costringere all’apertura della ‘scatola nera’ dei social media, gli algoritmi, una volta per tutte” e “rendere personalmente responsabili i Ceo dei social media del mancato rispetto delle leggi e delle norme nelle loro piattaforme, proprio come accade per altri settori”. Dichiarazioni incendiarie per i padroni di Big Tech ora stretti intorno a Trump. Propositi che al momento appaiono in salita: per prima cosa “l’Europa non si lasci dividere da Trump” dice il ministro dell’Economia tedesco in un lungo mea culpa sull’inazione e sulla attuale debole leadership di Berlino. Chi potrebbe passare all’azione più nell’immediato è proprio la Bce di Lagarde, che non a caso invoca un “agire, agire, agire” rivolto all’Europa. Che invita in modo piuttosto irrituale la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen a pretendere entro fine anno dai Paesi membri “risultati concreti” per far avanzare l’unione delle Borse per convogliare risparmio verso investimenti strategici.
Lagarde, soprattutto, pur non volendo rimettere la Bce nel ruolo scomodo di unica istituzione in campo contro una “crisi esistenziale”, prepara la risposta ai prossimi mesi che per l’Europa, scanditi dagli annunci di Trump, si preannunciano volatili e imprevedibili. Sui dazi “dobbiamo prepararci e sapere come rispondere” sferza i leader politici. I tassi scenderanno – dice Lagarde quasi all’unisono con gli altri membri del Consiglio Bce a Davos cone Villeroy, Knot, Escriva – e vanno verso un tasso neutrale entro l’estate, fra l’1,75% e 2,25%. Quattro tagli al ritmo di uno da 0,25 per ogni riunione della Bce a partire da gennaio e poi marzo. E il tabù di un taglio più robusto, da mezzo punto, non è scritto nella pietra: c’è riluttanza a considerarlo – ammette Lagarde – ma la Bce è pronta a fare quello che è necessario se ce ne fosse bisogno. Se la Bce invoca ad alta voce l’indipendenza dalle mosse della Fed, dovrà comunque fare i conti con il dollaro che si va rafforzando anche per questo gap dei tassi. Rischiando di irritare Trump visto che un euro debole aiuterebbe ulteriormente l’export europeo, bestia nera del tycoon alla Casa Bianca.