Collegati con noi

Esteri

Lacrime di gioia per le vittime Ghislaine Maxwell e Jeffrey Epstein: fatta giustizia

Pubblicato

del

Sono sollevate, soddisfatte. Le vittime di Ghislaine Maxwell e Jeffrey Epstein sono contente del verdetto della giuria. Le loro sono lacrime di gioia dopo anni di incubo. “Sono sollevata e grata alla giuria che ha riconosciuto Maxwell colpevole dei suoi reati”, afferma Annie Fraser, una delle quattro accusatrici di Epstein che ha testimoniato al processo dell’ex socialite britannica. “Ha fatto male a molte piu’ donne di quelle che hanno testimoniato. Mi auguro che il verdetto sia di conforto a tutte coloro che ne hanno bisogno”, ha aggiunto osservando come la decisione della giuria mostra come “nessuno e’ al di sopra della legge”. Non nasconde la sua gioia neanche Virginia Giuffre: pur non avendo testimoniato al processo, la principale accusatrice di Epstein non ha mai fatto mancare il suo appoggio e le parole alle donne che si sono fatte avanti contro Maxwell. “Ero affamata di giustizia da anni e oggi la giuria me l’ha data. Avendo vissuto gli orrori degli abusi di Maxwell, sono vicina alle molte altre ragazze che hanno sofferto”, ha detto Giuffre augurandosi che il verdetto contro Maxwell sia solo un primo passo in avanti. “Maxwell non ha agito da sola. Altri devono essere ritenuti responsabili”, ha aggiunto. “E’ un grande giorno per tutte coloro” che sono state vittime di Epstein e Maxwell, ha osservato David Boise, il legale che h rappresentato una decina delle donne abusate dalla coppia. “Io e le mie clienti siamo commosse dal fatto che questo giorno e’ finalmente arrivato. Ha camminato libera su questa terra per 60 anni, ora non sara’ mai piu’ libera”, ha messo in evidenza Lisa Bloom, avvocato di otto vittime. Sigrid McCawley, legale di altre vittime di Epstein, parla di grande “vittoria per tutte le donne che hanno visto la loro vita rovinata da Maxwell”.

Advertisement

Esteri

Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

Pubblicato

del

È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

Continua a leggere

Esteri

Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

Pubblicato

del

E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

Continua a leggere

Esteri

Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

Pubblicato

del

La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto