Collegati con noi

Politica

La promessa di Meloni, ‘rivoluzioneremo il fisco’

Pubblicato

del

La legge delega a cui sta lavorando il governo “toccherà tutti i settori della fiscalità”, con l’obiettivo di “rivoluzionare il rapporto tra fisco e contribuente, per combattere l’evasione prima ancora che si realizzi”. La premier Giorgia Meloni, in un’intervista al direttore del Sole 24 Ore, annuncia il cambio di rotta in arrivo sul fisco e spiega che non lascerà fuori nessuno, perché “metterà al centro anche i dipendenti e i pensionati, con misure ad hoc”. Un passo necessario anche secondo la Corte dei conti: inaugurando l’anno giudiziario, il presidente Guido Carlino chiede di migliorare significativamente la “coerenza del sistema fiscale”, per “garantire la sostenibilità del processo redistributivo”. La premier ha anche ribadito l’impegno alla messa in sicurezza del debito pubblico, di fronte a “nuovi shock finanziari”, aumentando “il numero di italiani e residenti in Italia che detengono quote”. Meloni è al lavoro con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per ridurre la dipendenza dai creditori stranieri. Ma non è la sola strategia, perché “l’unica strada per rendere sostenibile un debito elevato come il nostro è la crescita economica, non le politiche di cieca austerità viste negli anni passati”, spiega la premier. Poi, “compatibilmente con le risorse economiche a disposizione”, il governo intende proseguire con “tagli consistenti al cuneo fiscale”. L’equilibrio dei conti pubblici è fondamentale anche per la Corte dei conti.

“Il delicato contesto economico richiede, oggi più che nel passato, significativi miglioramenti nella coerenza del sistema fiscale e nell’equilibrio dei conti pubblici”, per “garantire la sostenibilità del processo redistributivo”, ha detto il presidente Carlino aprendo l’anno giudiziario dei magistrati contabili. Si guarda sempre alla “fondamentale, efficiente e tempestiva attuazione del Pnrr”, che darà “un rilevante impulso per l’economia”, con una ripresa “equa e sostenibile”. Anche per questo Carlino è d’accordo con il governo quando chiede “un approccio integrato tra Pnrr e politiche di coesione”. Ma c’è un aspetto che preoccupa i magistrati revisori delle spese dello Stato. Soprattutto quando passano in rassegna le spese finanziate con fondi europei, incluse quelle del piano di rilancio. Si tratta della polemica, riaccesa di recente, sulla “paura della firma” che impedirebbe a molti amministratori pubblici di prendersi la responsabilità di realizzare le opere, per paura di essere perseguiti. “Nell’attuale congiuntura economica”, che richiede “di porre la massima attenzione nell’impiego delle risorse pubbliche, stride non poco sentire nuovamente parlare di ‘paura della firma’ e della necessità di tenere amministratori e funzionari pubblici, come è stato detto, ‘nelle condizioni che se firmano un atto non vengono poi perseguiti'”, spiega il procuratore generale della Corte dei conti Angelo Canale. Per Canale è piuttosto una “fuga” dalla firma, “cioè timore o più spesso incapacità di assumersi responsabilità”.

Anche il presidente Carlino solleva lo stesso tema, e punta il dito contro le norme che riducono la perseguibilità degli amministratori pubblici o dei privati coinvolti nella realizzazione di programmi di spesa finanziati con pubbliche risorse. “Alla luce dei risultati sinora conseguiti” nel monitoraggio dei fondi europei tra cui quelli del Pnrr, “permangono perplessità sulle norme che hanno previsto limitazioni alla perseguibilità delle condotte gravemente colpose”, ha detto il presidente. Secondo Carlini la fuga dalla firma non può essere imputata “alla giurisprudenza della Corte dei conti”, che garantisce sempre le buone condotte, ma piuttosto “all’incertezza e alla complessità” delle normative delle amministrazioni. Bisogna quindi “evitare” di indebolire la responsabilità erariale, per non creare “situazioni propizie alla dispersione delle risorse pubbliche, specialmente di quelle legate al Pnrr”, determinando “un clima favorevole per l’infiltrazione della criminalità organizzata”.

Advertisement

Politica

San Giacomo Vercellese, nove liste per meno di trecento abitanti: un paradosso vergognoso

Pubblicato

del

San Giacomo Vercellese, minuscolo paese piemontese incastonato tra le risaie della provincia di Vercelli, finirà suo malgrado sotto i riflettori nazionali. Il motivo? Alle prossime elezioni del 25 e 26 maggio, si presenteranno addirittura nove liste per scegliere il nuovo sindaco, nonostante i residenti siano meno di trecento.

Un numero che sfida ogni logica democratica e che solleva più di una perplessità sulla serietà e sulla trasparenza del voto in piccoli centri come questo.

Dopo la scomparsa del sindaco Massimo Camandona, morto a febbraio e ricordato come un amministratore radicato nel territorio, si sarebbero potute immaginare elezioni sobrie, nel rispetto della comunità. Invece, alla fine della fase di presentazione delle liste, si sono contati candidati provenienti da Napoli, Roma, Siracusa e Salerno.

Solo due liste fanno riferimento ad esponenti locali, già attivi nell’attuale Consiglio comunale. Tutte le altre sette sono spuntate in extremis, registrate da persone senza alcun legame con il territorio.

La presenza di un numero così spropositato di liste in un comune minuscolo non è un segnale di vitalità democratica, ma l’ennesima prova di come meccanismi elettorali poco vigilati possano essere strumentalizzati.

Dietro queste candidature improvvisate spesso si celano interessi diversi: tentativi di ottenere visibilità, raccolta firme utile per future candidature, o peggio, accesso a rimborsi elettorali.

È un fenomeno che mortifica i cittadini di San Giacomo Vercellese, riducendo la politica a un teatrino grottesco e offendendo chi, invece, si batte quotidianamente per rappresentare davvero il proprio territorio.

Continua a leggere

Politica

Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

Pubblicato

del

All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

Continua a leggere

Politica

Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

Pubblicato

del

Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto