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Cronache

La procura di Catania: Nessun reato commesso da Sea Watch, la rotta a Nord era legittima

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“Nessun rilievo penale” si puo’ muovere alla Sea Wacth sia “durante la fase dei soccorsi” ai 47 migranti salvati in mare sia nella scelta di “dirigersi verso la Sicilia per le avverse condizioni meteo”, ma ci sono “dati significativi sull’inidoneita’ tecnico strutturale della nave a effettuare un’attivita’ sistematica di soccorso in mare”. E’ la valutazione della Procura di Catania sull’intervento in mare dell’imbarcazione della Ong tedesca battente bandiera olandese. E’ il procuratore Carmelo Zuccaro a mettere nero su bianco che il suo ufficio ha aperto un’inchiesta, ma al momento senza indagati, sullo sbarco di due giorni fa nel porto etneo ipotizzando il reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Obiettivo i trafficanti libici e eventuali scafisti. Intanto dalle indagini sul soccorso in mare non e’ emerso, “alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della nave della Ong”. Alla Sea Watch resta “l’amaro per l’accanimento contro il soccorso civile in mare, dove le persone continuano ad affogare”.

Ma dalla Procura nessuna richiesta di sequestro, come era stato ventilato o temuto da qualcuno quando quello di Catania era stato indicato come il porto di sbarco per la nave che da 13 giorni aveva 47 migranti a bordo, ed era rimasta ferma per 5 giorni alla fonda al largo di Siracusa. I controlli dello Sco della polizia di Roma, della squadra mobile di Catania, delle guardia di finanza e della guardia costiera sono finiti nel fascicolo aperto a Catania, dove la Procura non ha trovato riscontri a quanto aveva ipotizzato il ministro Salvini: “Mi risulta che ci siano piu’ elementi di irregolarita’ nella Sea Watch: col mare in tempesta invece di andare in Tunisia sono venuti in Italia”. Ma la Procura nel ricostruire i passaggi della Sea Watch non trova ipotesi di reato: dal salvataggio in mare, all’approdo in Sicilia. I soccorsi sono legittimi per Zuccaro perche’ “il gommone era a rischio affondamento” e nella zona di intervento “da due giorni nessuna motovedetta libica e’ intervenuta”. Il mancato approdo in Tunisia e’ “una scelta giustificata” dal maltempo e dal rifiuto storico del Paese Nordafricano di concedere porti neppure per fare rifornimenti a navi Ong. La stessa marina olandese aveva chiesto alla Tunisia di dare assistenza alla Sea Watch, ma senza ricevere risposta. Per questo, osserva Zuccaro, “non puo’ pertanto ritenersi ingiustificata la scelta del comandante della motonave di dirigersi verso Nord alla ricerca di un porto sicuro”. Ma una contestazione, seppure formale, la Procura di Catania la muove alla Ong: “dagli accertamenti della Guardia costiera sono emersi dati significativi sull’inidoneita’ tecnico strutturale della Sea Watch a effettuare un’attivita’ sistematica di soccorso in mare dei migranti”. Un dato che l’Olanda conosce, tanto che nei Paesi Bassi la normativa in questione e’ cambiata, ma non e’ retroattiva e quindi “non applicabile ai natanti gia’ registrati”. Per Sea Watch la decisione della Procura “non e’ una vittoria” perche’ “non ci dovrebbe essere tale accanimento contro chi cerca di colmare un vuoto salvando vite umane”. Per l’Ong c’e’ la conferma dell’assenza in mare delle motovedette libiche e che “malgrado l’immenso sforzo di deterrenza, le acque e i porti italiani non sono chiusi”. Sull’idoneita’ al salvataggio l’Ong sottolinea come durante “un’operazione di soccorso non si lasciano le persone in mare quando non ci sono sul posto assetti adeguati a farlo”. La valutazioni dei Pm per Nicola Fratoianni (Leu) “smentiscono i proclami del governo” e dovrebbero indurre “Salvini e Toninelli a chiedere scusa e a nascondersi per la vergogna”. Per il presidente del Pd, Matteo Orfini, adesso “la stessa verifica deve essere fatta sull’operato di Salvini e del governo, invece di scappare dal processo”. La Sea Watch resta ferma nel porto di Catania perche’ deve fare fronte alle richieste di intervento per la ‘messa a norma’ della nave sollecitata dalla guardia costiera dopo un controllo che ha evidenziato 32 anomalie. L’Ong spiega che non ci vorra’ molto a fare fronte alle contestazioni amministrative mosse.

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Cronache

Carmela Quaranta, strangolata in casa la sera di Pasqua: indagato il compagno per omicidio volontario

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È stata un’amica preoccupata, che non riusciva a contattarla da ore, a dare l’allarme: Carmela Quaranta, 42 anni, operatrice sanitaria e madre di due figlie, è stata trovata senza vita sul pavimento della sua camera da letto, la sera di Pasqua, nella sua abitazione di via Trieste a Mercato San Severino, piccolo centro in provincia di Salerno.

I primi sospetti e il cambio di accusa

Inizialmente si era ipotizzato un malore o un’overdose, ipotesi che aveva portato a una prima contestazione al compagno, un uomo di 56 anni, per morte come conseguenza di altro reato. Ma un esame più attento del medico legale ha svelato segni di strangolamento sul collo della vittima, e questo ha portato alla modifica dell’imputazione: ora l’uomo è indagato per omicidio volontario, furto (il cellulare di Carmela è scomparso) e detenzione di stupefacenti (sono stati trovati alcuni grammi di droga in casa).

Le indagini e i sospetti

L’inchiesta è coordinata dalla Procura di Nocera Inferiore. I carabinieri del Ris stanno passando al setaccio l’abitazione, palmo a palmo, per raccogliere tracce, impronte, elementi biologici e ogni dettaglio utile a chiarire cosa sia accaduto nelle ultime ore di vita di Carmela. Una seconda ispezione tecnica dell’abitazione è prevista per domani.

Il cerchio degli investigatori si è stretto attorno alle persone più vicine alla donna: l’ex marito e il compagno, con cui aveva una relazione da circa un anno, sono stati entrambi interrogati. Le risposte fornite e le discrepanze negli alibihanno portato gli inquirenti ad approfondire in particolare la posizione del 56enne.

Il profilo della vittima

Carmela viene descritta da amici e conoscenti come una donna solare, legatissima alle sue figlie, piena di energia e voglia di vivere. Lavorava in più ambiti, collaborava con un’azienda del settore nutrizionale, la stessa in cui operava anche il compagno indagato.

All’inizio la relazione sembrava felice: nel giugno 2024 Carmela aveva pubblicato una foto con lui sui social. Ma col passare dei mesi, i rapporti si erano incrinati. In particolare, un post pubblicato da lui a febbraio — una frase volgare accompagnata da un teschio e tibie incrociate — oggi assume una luce inquietante.

La ricerca della verità

Carmela si era trasferita da poco a Mercato San Severino, dopo aver vissuto a lungo a Nocera Inferiore. Domani, nella sua casa, torneranno ancora una volta i carabinieri del Ris di Roma. Gli investigatori lavorano per ricostruire le ultime ore di Carmela, cercando riscontri oggettivi che possano dare una svolta al caso. Il mistero della mamma trovata senza vita nel giorno di Pasqua attende ancora risposte.

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Misterbianco, madre lancia la figlia dal terrazzo: arrestata per omicidio aggravato

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Una tragedia sconvolgente ha colpito la comunità di Misterbianco, nell’hinterland di Catania. Anna (nome di fantasia), 40 anni, ha lanciato nel vuoto la figlia di appena sette mesi, Maria Rosa, dal terzo piano della palazzina in cui viveva con la famiglia. La bimba è morta sul colpo, sotto gli occhi disperati del padre, che ha tentato il suicidio subito dopo aver visto la scena.

Una madre fragile, ma mai violenta

Secondo i familiari, Anna era affetta da una profonda depressione post-parto. Dopo la nascita di Maria Rosa, non era mai riuscita ad accettarla, a differenza del primogenito di 7 anni, verso cui nutriva un legame totalizzante. Eppure, nonostante l’evidente disagio psicologico, non era mai stata violenta con la piccola.

Una tragedia inaspettata

Al momento del gesto, in casa erano presenti il marito, la suocera e il figlio maggiore. Nessuno, raccontano, si aspettava una simile esplosione di follia. «A volte era nervosa, ma mai avremmo immaginato che potesse fare una cosa simile», ha dichiarato una cugina. Anche il sindaco di Misterbianco, Marco Corsaro, ha espresso sgomento: «Siamo senza parole. Il compagno è una persona perbene, le è sempre stato accanto».

Il tentativo di suicidio del padre e l’arresto della donna

Dopo aver assistito alla caduta della figlia, l’uomo si è lanciato dalla stessa terrazza nel tentativo di togliersi la vita. Trasportato in ospedale in stato di choc, è ora ricoverato ma fuori pericolo. La donna è stata arrestata dai carabinieridella Tenenza di Misterbianco con l’accusa di omicidio aggravato.

Le fragilità psichiche e il vuoto della prevenzione

Anna era sotto amministrazione di sostegno, decisione presa dal Tribunale di Catania, ed era seguita dai servizi di salute mentale dell’Asp etnea. In passato era stata sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio. Tre mesi fa aveva partecipato a un’udienza davanti al giudice, accompagnata da un legale amico di famiglia. Aveva risposto “in modo impeccabile”, riuscendo a nascondere lo stato di alterazione, tanto che nessun provvedimento fu adottato.

Il padre della donna, un medico molto noto che vive fuori dalla Sicilia, era stato nominato come amministratore di sostegno. Tuttavia, nessuno tra i familiari aveva percepito segnali chiari del crollo psichico in corso. Per precauzione, la suocera si era trasferita in casa per stare vicino alla nuora e ai nipotini.

Una comunità sotto choc

La morte della piccola Maria Rosa ha lasciato sgomenta un’intera comunità. Le indagini proseguono per ricostruire ogni dettaglio e chiarire le responsabilità della rete di supporto. In attesa dell’esito degli esami e delle valutazioni psichiatriche, resta il dolore immenso per una vita spezzata e il peso di domande a cui, forse, sarà difficile dare risposte.

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Oppido Mamertina, denuncia gli stupri subiti da minorenne: la zia la frusta per mesi. Arrestata

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Ha trovato il coraggio di denunciare le violenze sessuali di gruppo subite quando era ancora minorenne, indicando i suoi aggressori: giovani legati alle cosche di Seminara, in provincia di Reggio Calabria. Ma la scelta di rompere il silenzio ha scatenato contro di lei la rabbia della sua stessa famiglia.

Una giovane di Oppido Mamertina, oggi maggiorenne, è stata punita con frustate per mesi dalla zia 78enne, ora agli arresti domiciliari su disposizione del gip del Tribunale di Palmi. La donna l’ha segregata in una stanza, tappandole la bocca con un foulard per impedirle di urlare, e l’ha colpita con una corda, come forma di “punizione” per aver denunciato.

La denuncia “inimica” la ’ndrangheta

Dalle intercettazioni ambientali emerge che la zia avrebbe voluto punirla perché la sua testimonianza aveva compromesso i rapporti con le famiglie di ’ndrangheta del territorio. La Procura aveva chiesto anche l’arresto del cugino 47enne, figlio dell’anziana, ma il giudice ha disposto solo il divieto di avvicinamento.

Sei condanne e un nuovo processo

La ragazza è una delle due minorenni abusate dal branco. A marzo scorso, sei dei responsabili sono stati condannati a pene comprese tra 5 e 13 anni. Un secondo processo per altri imputati, all’epoca minorenni, inizierà il 15 maggio davanti al Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria.

I tentativi di zittirla: psichiatra compiacente e istigazione al suicidio

Dopo la denuncia, la famiglia ha fatto di tutto per farla ritrattare. Avevano persino fissato un incontro con uno psichiatra per farla dichiarare incapace. Due suoi fratelli, oggi in carcere, l’avevano addirittura spinta, insieme alla madre che la difendeva, a buttarsi dalla finestra per “lavare la vergogna” inflitta alla famiglia.

La verità emersa dalle intercettazioni

Le indagini sono partite per caso, grazie a intercettazioni telefoniche legate ad altri reati commessi dagli stessi aggressori. La prima vittima identificata aveva denunciato, dando forza e ispirazione anche alla seconda ragazza, che oggi lotta non solo contro i suoi aggressori, ma anche contro chi avrebbe dovuto proteggerla.

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