La Cina alza il fuoco di sbarramento alla vigilia dell’incontro tra la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen e lo speaker della Camera americana Kevin McCarthy, ufficializzato come “bipartisan” e per domani alla Ronald Reagan Presidential Library, alle porte di Los Angeles. “Danneggerà ulteriormente le relazioni sino-americane”, ha tuonato a stretto giro un portavoce del consolato cinese a Los Angeles, per il quale l’evento “ferirà gravemente i sentimenti nazionali” di 1,4 miliardi di persone. Per rendere più chiara l’irritazione, la Cina ha inviato 3 navi militari e 20 jet da guerra vicino all’isola nelle ultime 24 ore, nove dei quali (un drone BZK005, 7 caccia J-16 e un Y-8) hanno attraversato la linea mediana dello Stretto di Taiwan, secondo il ministero della Difesa di Taipei. “La Cina si oppone fermamente all’incontro”, ha rincarato in seguito da Pechino la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning: “La Cina difenderà fermamente la sua sovranità nazionale e la sua integrità territoriale”, in base alla considerazione che Taiwan è per la leadership comunista una parte “inalienabile” della Repubblica popolare, da riunificare con la forza, se necessario.
Domani Tsai sarà a Los Angeles, per il secondo scalo tecnico negli Usa del suo tour che l’ha portata prima a New York, e successivamente in Guatemala e Belize, in missione da due degli ultimi 13 alleati diplomatici che l’isola vanta su scala globale. Il disappunto di Pechino per il doppio transito americano della “leader regionale dell’isola di Taiwan alla ricerca di sponde per l’indipendenza” si è manifestato nei giorni scorsi con l’insofferenza per i riconoscimenti ottenuti da Tsai a New York, tra cui il prestigioso Global Leadership Award del think-tank conservatore Hudson Institute.
“Nessuna forza può fermare la riunificazione” di Taiwan alla Cina, aveva attaccato per l’occasione sempre la portavoce Mao Ning. Quelle di Pechino sono critiche “sempre più assurde e irragionevoli”, ha detto il ministero degli Esteri dell’isola, ribadendo la sua posizione sulle relazioni tra lo Stretto in una nota postata online. “Taiwan, la Repubblica di Cina, non ha mai fatto parte della Repubblica popolare che non ha mai governato Taiwan. La Repubblica di Cina è un Paese sovrano e indipendente, e ha il diritto di scegliere autonomamente di comunicare e sviluppare relazioni con altri Paesi del mondo e non accetta interferenze o soppressioni”, ha precisato la nota che auspica “scambi più frequenti” con i partner democratici internazionali. Se è ragionevole, viste le premesse, una reazione della Cina all’incontro Tsai-McCarthy, resta da capire fin dove il presidente Xi Jinping si spingerà.
Lo scorso agosto, alla visita dell’allora speaker della Camera Nancy Pelosi a Taipei, le forze armate cinesi reagirono con esercitazioni di 10 giorni senza precedenti, tra la mobilitazione di decine di aerei e navi militari, e il lancio di missili balistici alcuni dei quali finirono nella zona economica esclusiva del Giappone. Los Angeles è stata scelta come luogo d’incontro lontano da Washington per evitare contorni di ufficialità, mentre McCarthy avrebbe voluto recarsi a Taiwan. La scorsa settimana, la tensione è salita già alle stelle tra Pechino e Taipei, il cui ministero della Difesa ha espresso una dura condanna per “i nove aerei militari cinesi in modalità di combattimento” registrati sopra i cieli dello Stretto.
Alla missione di Tsai ce n’è un’altra parallela e “privata” in corso in Cina da parte dell’ex presidente di Taiwan Ma Ying-jeou, ex leader dei nazionalisti del Kuomintang, su posizioni più concilianti verso Pechino. Ma si tratta di un sostenitore del principio della ‘Unica Cina’ su cui pesano differenze interpretative. Ad un incontro tenuto nei giorni scorsi all’università di Hunan, Ma ha spiegato che “secondo la nostra definizione, il nostro Paese ha due parti: una si chiama area di Taiwan e l’altra area continentale. Entrambe appartengono alla nostra Repubblica di Cina”. Frasi finite subito nelle maglie della censura del Great Firewall.