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Economia

La Polonia arresta un cinese di Huawei per spionaggio

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Il servizio interno di sicurezza della Polonia ha provveduto all’arresto di un cinese, dipendente del colosso delle tlc Huawei, e di un concittadino con la grave accusa di spionaggio a favore di Pechino: l’operazione contro la presunta ‘rete’, eseguita martedi’ dopo lunghi mesi d’indagine, e’ l’ultimo episodio che mette nel mirino la compagnia di Shenzhen sui timori per la sicurezza lanciati da Usa e alleati. Il cittadino cinese e’, secondo le autorita’, un uomo d’affari da tempo nel Paese e dal 2011 e’ dipendente di Huawei. Presentato come ‘Stanislaw’ Weijing W., vanta studi alla Beijing Foreign Studies University con specializzazione in studi polacchi e una esperienza, sempre in Polonia, al consolato cinese di Gdansk. Il cittadino polacco, invece, si chiama Piotr D., funzionario della Internal Security Agency fino al 2011 come vice direttore del dipartimento ‘information security’, ora alle dipendenze di Orange, compagnia di telefonia francese. La vecchia posizione di agente dei servizi avrebbe permesso “l’accesso a informazioni chiave”, incluse quelle “sui sistemi interni del governo che consentono la comunicazione di informazioni segrete alle persone piu’ importanti nel Paese”, ha spiegato Maciej Wasik, numero due seri servizi speciali di Varsavia. Entrambi, che saranno detenuti per un periodo cautelare di tre mesi, hanno respinto gli addebiti rifiutandosi di rispondere alle domande degli inquirenti. Perquisizioni sono state fatte agli uffici di Huawei e Orange, con la raccolta di dati elettronici e documenti, e alle loro abitazioni, ha detto la tv TVP. La vicenda segue lo scontro tra Usa e Cina sul bando dei prodotti Huawei, accusati di essere disegnati per lo spionaggio. Un rapporto stilato dal Congresso Usa nel 2012 indico’ la compagnia e la connazionale piu’ piccola ZTE come “estensioni” del governo cinese per la raccolta di informazioni. Lo scorso anno, le agenzie di intelligence americane dissero in un’audizione al Senato che gli americani non dovrebbero usare i prodotti cinesi per le tlc per motivi di sicurezza. La Federal Communications Commission ha assicurato il bando agli operatori telefonici Usa sull’uso di equipaggiamenti e strumentazioni cinesi, a maggior ragione con l’attuale e delicata messa a punto del 5G, la prossima generazione di tlc mobile. E’ di oggi, come riportato dal Wsj, il blocco Usa all’export in Cina della tecnologia sviluppata da Futurewei Technologies, divisione Usa di Huawei. La compagnia e’ nella bufera da inizio dicembre, dall’arresto a Vancouver del direttore finanziario Meng Wanzhou, figlia del fondatore ed ex ingegnere militare Ren Zhengfei, accusata dagli Stati Uniti di violazione delle sanzioni americane all’Iran. La compagnia cinese, in una nota, ha affermato di “essere a conoscenza dei fatti” maturati in Polonia, rilevando che le sue attivita’ sono svolte rispettando “tutte le leggi e i regolamenti nei Paesi in cui opera”, dando disposizioni ai suoi dipendenti di fare altrettanto. Il ministero degli Esteri di Pechino ha detto di seguire con “grande preoccupazione la situazione”, sollecitando il rispetto dei legittimi diritti individuali. Australia, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Giappone e Nuova Zelanda sono tra i Paesi che hanno adottato, ad esempio, misure contro Huawei, limitando i suoi sistemi nello sviluppo delle reti 5G. Il blitz in Polonia promette di aprire un nuovo fronte di battaglia per il controllo del futuro digitale globale.

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Economia

Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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Banco Bpm boccia ancora l’Ops di Unicredit, ‘inadeguata’

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Ovviamente è ancora un no. E motivato con nuovi argomenti. Banco Bpm boccia una volta di più l’Offerta pubblica di scambio volontaria annunciata da Unicredit e lo fa citando anche “modalità di implementazione” della normativa sulla Golden Power che “da parte di Unicredit non risultano chiare”. Strategia ovviamente, ma intanto l’amministratore delegato di Banco Bpm consiglia chiaramente agli azionisti di non aderire all’Ops. I nuovi passaggi dello scontro sono contenuti nell’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio di amministrazione di Banco Bpm del ‘comunicato dell’emittente’ sull’offerta promossa dal gruppo guidato da Andrea Orcel.

Il Cda “a seguito di un’attenta valutazione dei termini e delle condizioni descritti nel documento di offerta pubblicato da Unicredit il 2 aprile scorso e delle altre informazioni disponibili ha ritenuto l’Ops non conveniente e il corrispettivo non congruo”, afferma Banco Bpm in un comunicato. “L’offerta è completamente inadeguata e quindi noi consigliamo ai nostri azionisti di non aderire”, ribadisce l’amministratore delegato Giuseppe Castagna nella conference call con gli analisti finanziari, aggiungendo che tra le altre cose “loro sono molto più esposti alla volatilità dei mercati”. Nella nota dopo la riunione del Cda, la banca sostiene anche che il valore generato dall’acquisizione di Anima “potrebbe diluirsi all’interno di Unicredit” e che dove “a seguito dell’acquisizione dell’emittente e fermo restando quanto previsto dal provvedimento Golden Power le cui modalità di implementazione da parte di Unicredit non risultano chiare, un’eventuale riduzione delle attività di rischio ponderate dovesse interessare anche la clientela di Banco Bpm, sussisterebbero significative incertezze circa la capacità di confermare gli obiettivi di crescita e di generazione di valore su basi stand-alone”.

La strategia perseguita da Banco Bpm “incentrata sulla generazione di valore per l’azionista attraverso la piena valorizzazione delle opportunità di sviluppo del business presso la clientela di riferimento, con specifico riguardo alle famiglie e alle Pmi, appare diversa da quella implementata da Unicredit”, spiega inoltre la banca guidata da Castagna. Che ricorda come “dopo aver perfezionato un aumento di capitale da 13 miliardi nel 2017 e aver ceduto nel periodo 2017-2019 una parte dei propri asset (tra cui Pioneer Investments, FinecoBank e Bank Pekao), Unicredit ha promosso negli ultimi anni una strategia che ha comportato una riduzione delle attività ponderate per il rischio che tra il 2020 e il 2024 sono passate da 326 miliardi a 277 miliardi”. Per l’Italia “tale orientamento si è tradotto in una riduzione delle attività di rischio ponderate da 131 miliardi a 101 miliardi negli anni dal 2020 al 2024 a cui appare riconducibile una riduzione dei volumi di impieghi da 168 miliardi a 145 miliardi nello stesso periodo”, aggiunge Banco Bpm. ll consiglio di amministrazione “riconosce che l’offerta di Unicredit sottovaluta la nostra banca”, spiega da parte sua il presidente di Banco Bpm, Massimo Tononi, secondo il quale “l’offerta è inadeguata dal punto di vista finanziario e non è giusta per i nostri azionisti”. Il Cda di Banco Bpm ha infatti deciso “che il corrispettivo non è congruo da un punto di vista finanziario. Tale conclusione è supportata, tra i vari fattori considerati, dalle rispettive analisi finanziarie condotte da Citi e Lazard, in qualità di advisor finanziari, e dalle rispettive opinion”, spiega l’istituto di piazza Meda, evidenziando in particolare il “mancato riconoscimento di un premio” per l’eventuale controllo di Banco Bpm.

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