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Cultura

La Napoli di Lello Esposito, artista cosmopolita che ha ammodernato i simboli della Napoletanità

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Nelle Scuderie Sansevero, a vico San Domenico Maggiore, è possibile immergersi nella collezione privata di Lello Esposito, scultore e pittore napoletano conosciuto in tutto il mondo per le sue opere che vedono protagonisti i simboli indiscussi della cultura napoletana: Pulcinella, San Gennaro, il Corno, il Vesuvio. Nel corso di una lunga carriera, Lello ha saputo rivisitare Pulcinella e gli altri simboli, li ha spogliati del loro antico folklore e li ha portati nella modernità, caricandoli di nuovi significati. 

È proprio il rapporto fra tradizione e arte contemporanea al centro della ricerca dell’artista, attraverso la costante rielaborazione e contaminazione di forme e simboli. “Aldo Masullo scrisse di me: grazie a Lello Esposito, incomincia a morire Pulcinella. Muore l’immobilismo della tradizione, la sua oleografia, e incomincia un dinamismo, una nuova ricerca”. Esposito ha tenuto mostre in tutto il mondo, ma ha scelto di restare nel centro storico di Napoli. A Troisi, suo grande amico, che gli suggeriva di spostarsi a Roma in cerca di maggiori fortune, disse: “Vorrei essere nutrimento per la mia città, e forse un giorno, la città mi somiglierà attraverso le mie opere”. 

E sono tante le opere che Lello Esposito ha generosamente donato alla città. Dal Pulcinella collocato all’uscita della metropolitana di Salvator Rosa, a quello in bronzo in vico Fico al Purgatorio, ad angolo con via dei Tribunali, una delle figure più fotografate dai turisti in città. Per non parlare del mastodontico San Gennaro, installato dall’artista al Cotugno durante l’emergenza Covid-19, con lo sguardo rivolto verso l’ospedale, a protezione dei malati. Molte sue opere sono anche esposte sull’isola d’Ischia, dentro uno dei più bei giardini del Mediterraneo, un luogo quasi incantato dove Nino di Costanzo, lo Chef due stelle Michelin di Danì Maison, accoglie i suoi ospiti.

Folgorato dall’immagine di un burattino di Pulcinella, Lello inizia il suo percorso artistico. “Ho intuito che in quel contenitore potevo mettere mettere la mia arte, sperimentando forme e simboli alla ricerca della mia identità”. Un percorso che l’ha portato in giro per il mondo e che ha portato il mondo intero nel suo laboratorio, dal quale sono passati attori, politici, imprenditori di successo. Ma anche tanti turisti, attratti dal fascino intramontabile dei simboli di Napoli, che Lello ha saputo reinventare superando gli stereotipi e le caricature che spesso imprigionano Napoli e i napoletani.

(Nella foto in evidenza Lello Esposito nel suo atelier d’arte nel cuore del centro antico di Napoli assieme al Sindaco di Milano, Beppe Sala, e quello di Napoli, Luigi de Magistris) 

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Cultura

Al Suor Orsola la mostra “Le Savoir sur la falaise” per ricordare Mimmo Jodice

L’Università Suor Orsola Benincasa dedica a Mimmo Jodice la mostra “Le Savoir sur la falaise”, per la prima volta a Napoli. Un omaggio al fotografo che ha raccontato l’anima del Suor Orsola e della città.

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L’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli renderà omaggio a Mimmo Jodice, uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea, con una mostra che porterà per la prima volta a Napoli il progetto fotografico “Le Savoir sur la falaise”.


L’annuncio arriva dal rettore Lucio d’Alessandro, che ha ricordato come il legame tra l’Ateneo e il fotografo sia stato “intenso, fecondo e duraturo”.

“Alcune delle sue fotografie più belle saranno in mostra nei luoghi dell’antica cittadella monastica di Suor Orsola — spiega il Rettore — luoghi che Jodice ha saputo raccontare attraverso la sua straordinaria arte”.

L’università partenopea ha voluto assumere questo impegno all’indomani della scomparsa del maestro, per celebrare la sua opera e la sua capacità di raccontare l’anima profonda di Napoli e del Mediterraneo con la forza poetica del bianco e nero.


Un legame lungo quarant’anni tra Jodice e il Suor Orsola

Il fotografo napoletano aveva scelto più volte gli spazi del Suor Orsola per le sue campagne artistiche.
Due in particolare i lavori che testimoniano questo sodalizio: il volume del 1987 “Suor Orsola. Cittadella monastica nella Napoli del Seicento” e quello del 2013 “Le Savoir sur la falaise. Luoghi e storie dell’Università Suor Orsola Benincasa”, pubblicazione corale che univa le immagini di Jodice ai testi di studiosi come Marino Niola, Gae Aulenti, Cesare De Seta ed Elena Croce.

“Con Le Savoir sur la falaise — ricorda d’Alessandro — Jodice ha saputo catturare la luce e l’anima del luogo, restituendo nei suoi scatti la sospensione tra passato e presente che caratterizza il Suor Orsola”.

Il titolo del volume, ispirato alle parole dello storico dell’arte André Chastel, descrive l’ateneo come “un nido di fiori e di uccelli sopra una scogliera luminosa dedita al sapere”, definizione che lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva voluto celebrare ospitando la prima presentazione del libro nella Biblioteca del Quirinale (nella foto Jodice, D’Alessandro e l’ex Capo dello Stato).


Il successo internazionale e il ritorno a Napoli

La mostra “Le Savoir sur la falaise” ha già riscosso ampio successo all’estero, a partire dall’esposizione presso l’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles nel 2018, in occasione dell’apertura della sede internazionale del Suor Orsola, fino alla tappa del Museo di Palazzo Lanfranchi a Matera nel 2019, nell’ambito di Matera Capitale Europea della Cultura.

Ora, nel 2026, il progetto tornerà finalmente nella città di Jodice, dove sarà esposto per la prima volta nei luoghi che lo ispirarono.
In parallelo, l’Università Suor Orsola Benincasa si farà promotrice di un evento scientifico e culturale nazionale, aperto alla città, per onorare la memoria e l’eredità artistica del fotografo.

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“Mai come in questo caso — amava dire Jodice — sono riuscito a infondere nelle fotografie le emozioni fortissime che mi hanno trasmesso questi luoghi magici, incastonati nelle mura della cittadella del Suor Orsola”.

Un ritorno alle origini, dunque, per un artista che ha saputo raccontare Napoli come pochi altri, e che proprio nella luce del Suor Orsola ha trovato uno dei suoi soggetti più poetici e immortali.

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Ambiente

Rapa Nui, i moai minacciati dall’innalzamento del mare entro il 2080

Uno studio dell’Università delle Hawaii avverte: le mareggiate raggiungeranno Ahu Tongariki e altri siti archeologici di Rapa Nui. Rischio fino a 5 metri di innalzamento entro il 2150.

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I celebri moai di Rapa Nui rischiano di essere danneggiati dall’innalzamento del livello degli oceani. Una ricerca dell’Università delle Hawaii, pubblicata sul Journal of Cultural Heritage, lancia l’allarme: entro il 2080 le mareggiate stagionali potrebbero raggiungere l’area di Ahu Tongariki, uno dei luoghi più iconici dell’isola.

Lo studio scientifico

Gli studiosi hanno elaborato modelli computazionali che mostrano come i cambiamenti climatici stiano mettendo a rischio non solo i 15 moai di Ahu Tongariki, ma anche altri 51 siti archeologici del Parco Nazionale di Rapa Nui.

Le proiezioni sul livello del mare

Secondo le stime del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), entro la fine del secolo il livello del mare nell’area potrebbe aumentare tra 0,32 e 0,70 metri nello scenario intermedio e tra 0,48 e 0,94 metri in quello ad alte emissioni. Le incertezze legate ai processi delle calotte glaciali fanno temere scenari più gravi: fino a 2 metri nel 2100 e addirittura 5 metri entro il 2150.

Un patrimonio in pericolo

I moai, simbolo universale dell’isola e patrimonio dell’umanità, sono esposti a un rischio crescente che unisce il cambiamento climatico alla fragilità del patrimonio culturale. Senza interventi di protezione e mitigazione, l’innalzamento del mare potrebbe compromettere in modo irreversibile questi testimoni unici della civiltà polinesiana.

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Cultura

Addio a Mimmo Jodice, il maestro della fotografia italiana: Napoli piange il suo sguardo eterno

È morto a 91 anni Mimmo Jodice, il più grande fotografo napoletano. Con il suo bianco e nero ha raccontato il tempo, la memoria e la sua Napoli. Giovedì camera ardente al Maschio Angioino.

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È morto a 91 anni, nella sua Napoli, Mimmo Jodice (nella foto), uno dei più grandi maestri della fotografia italiana e internazionale. Il suo bianco e nero, classico e metafisico, ha saputo raccontare per oltre sessant’anni il tempo, la memoria e la luce eterna della sua città, lontana da ogni folklorismo ma sempre in dialogo con l’antico.

Solo pochi giorni fa, il film Oltre il confine di Matteo Parisini, che lo ritrae accanto al figlio Francesco, anch’egli fotografo, era stato presentato alla Festa del Cinema di Roma. Sulla sua vita, resta anche il documentario di Mario Martone, Un ritratto in movimento.

Un genio nato nel cuore della Sanità

Autodidatta, Domenico “Mimmo” Jodice era nato nel 1934 nel quartiere della Sanità. Negli anni Sessanta aveva collaborato con grandi protagonisti dell’arte contemporanea come Andy Warhol, Joseph Beuys e Sol LeWitt. Le sue opere hanno segnato la storia della fotografia con serie iconiche come Le Vedute di Napoli, Anamnesi e gli scatti dedicati ai capolavori del Museo Archeologico Nazionale.

È stato docente di fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove ha formato generazioni di nuovi talenti. La sua influenza resta profonda nel linguaggio visivo di molti artisti contemporanei.

Riconoscimenti e premi internazionali

Nel corso della sua lunga carriera Jodice ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti: il Premio Antonio Feltrinellidell’Accademia dei Lincei nel 2003, la laurea honoris causa in Architettura dall’Università Federico II nel 2006 e il titolo di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura francese nel 2011, segno della grande stima che godeva anche in Francia.

Il ricordo del mondo della cultura e di Napoli

“Con Mimmo Jodice scompare un maestro indiscusso della fotografia italiana e internazionale”, ha dichiarato il ministro della Cultura Alessandro Giuli, che lo ha definito “un uomo di rara sensibilità capace di rendere visibile l’invisibile”.

L’archistar Stefano Boeri lo ha ricordato con parole piene di poesia:

“Con la scomparsa di Mimmo Jodice non perdiamo solo uno straordinario sguardo sul mondo, ma un intero mondo in uno sguardo celeste.”

Profondo il cordoglio anche del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che ha parlato di “una grave perdita per la città”.

Un’eredità viva tra Capodimonte e il Maschio Angioino

Nei mesi scorsi era stata annunciata la nascita del Centro Studi Polifunzionale Mimmo Jodice al Real Bosco di Capodimonte, nel Palazzo Cataneo, un progetto dedicato ai giovani che lo aveva profondamente commosso. A Capodimonte aveva già donato molti lavori, tra cui i cicli Avanguardie a Napoli, Eden, La città invisibile e Transiti, oltre alla sua storica camera oscura.

La sua ultima grande mostra è stata “Napoli Metafisica” al Castel Nuovo, il Maschio Angioino, che giovedì 30 ottobre dalle 12 alle 16:30 ospiterà la camera ardente, per volontà della famiglia e del sindaco, affinché la sua città possa salutarlo per l’ultima volta.

Accanto alla moglie Angela, compagna di tutta una vita, Mimmo Jodice lascia un’eredità luminosa e immortale: quella di uno sguardo che ha saputo trasformare Napoli in arte e il tempo in eternità.

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