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La Lazio vince a Parma con un gol di Caicedo e vola a -1 dalla Juventus

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La Lazio soffre e non poco il Parma, sembra decisamente in debito di ossigeno nel secondo tempo, non riesce a mandare in rete Immobile eppure vince e vola a -1 dalla Juventus proseguendo la striscia di risultati positivi. Al Tardini, grazie alle rete di Caicedo al 41′ del primo tempo, la formazione di Inzaghi strappa tre punti importantissimi. Vittoria pesante, anzi pesantissima in vista anche del big match con l’Inter, che punisce oltre misura il Parma. La formazione di D’Aversa ci prova, in tutti i modi, ma quello che non ferma la difesa laziale, lo fa Strakosha, decisivo in almeno tre occasioni. Le due formazioni arrivano al confronto con non pochi problemi. D’Aversa deve fare a meno per l’ennesima volta di Sepe e Inglese e puo’ solo schierare in panchina il convalescente Kulusevski. Inzaghi ha Radu e Milinkovic squalificati ma non puo’ nemmeno schierare Lulic e Bastos per problemi fisici. Due formazioni insomma incerottate ma la partita non ne risente. Parma e Lazio giocano a viso aperto e la prima conclusione e’ dopo nemmeno un minuto di Caprari, schierato per la prima volta da titolare, ma la palla e’ fuori misura. Immediata la risposta della Lazio subito con Immobile, ma il colpo di testa e’ impreciso. Al 9′ primo intervento di Strakosha che respinge in angolo una punizione potente e angolata di Kurtic. Sfiora invece il palo Immobile al 12′ dopo un’azione corale della Lazio propiziata da Luis Alberto e che il bomber angola troppo. Fuori di poco anche al 14′ un colpo di testa di Iacoponi su calcio d’angolo. Al 25′ ecco la prima parata di Colombi. E’ su un colpo di testa, troppo centrale, di Caicedo che incorna su cross di Marusic propiziato dal solito Luis Alberto. Al 40′ altra occasione per la Lazio con Marusic che scarica un destro potente verso la porta del Parma, ma Colombi respinge.

Niente da fare invece pochi secondi dopo per il portiere del Parma sul tiro ravvicinato di Caicedo che porta in vantaggio la Lazio. Azione gol propiziata dall’ennesima incursione di Luis Alberto, poi il cross verso Immobile fra Iacoponi ed Hernani, l’attaccante non controlla ma la palla schizza verso Caicedo che non sbaglia. Rete assegnata anche dopo il check del Var che dice ‘no’ ad un sospetto fallo di mani di Immobile. La ripresa e’ subito spettacolare con occasioni da una parte e dall’altra ma senza impensierire i due portieri. Al 10′ pero’ Strakosha deve volare per togliere da sotto la traversa la bella parabola di Caprari; sul successivo calcio d’angolo Gagliolo trova il corpo di Luis Felipe sulla sua conclusione. Inzaghi allora mette in campo forze fresche: al 12′ fuori Marusic, bene la sua gara ma negli ultimi minuti in difficolta’, per Lazzari. La Lazio pero’ continua a rinculare ed Hernani, al 15′, costringe Strakosha ad un nuovo intervento a terra. D’Aversa ci crede e getta nella mischia il convalescente Kulusevski per Brugman. Pochi secondi e tocca a Correa, anche lui non al cento per cento, sostituire Caicedo. Al 25′ ancora Parma. Kucka scarica il destro, la respinta di pugno del portiere laziale e’ efficace ma, sulla respinta, sbaglia Gagliolo che mette fuori. Immobile invece pochi secondi dopo riesce a penetrare in area su assist di Lazzari ma alza la palla sopra la traversa. Al 35′ ci prova anche Correa, rasoterra da posizione defilata dritto fra le braccia di Colombi. Negli ultimi minuti la fatica di fa sentire, sopratutto in casa Lazio, ma la partita continua ad essere piacevole e combattuta. Il Parma recrimina anche per una trattenuta di Acerbi ai danni di Cornelius, l’arbitro non vede e non interpella nemmeno il Var. Inzaghi cosi’ incassa un successo importantissimo, forse troppo generoso per quanto visto in campo. La decide la rete di Caicedo, la decide anche un grandissimo Luis Alberto, il migliore in campo. E ora l’Inter, l’ultima squadra che lo scorso 25 settembre fermo’ i biancocelesti in campionato.

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Meret vuole restare al Napoli: il portiere pensa solo allo scudetto, rinnovo vicino

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Alex Meret ha una priorità: lo scudetto. Il portiere azzurro, protagonista silenzioso e decisivo della stagione del Napoli, ha chiesto al suo agente Federico Pastorello di mettere in stand-by ogni discorso sul contratto fino al termine della gara contro il Cagliari. Un atto di dedizione totale che fotografa bene lo stile di un ragazzo che ha sempre preferito i fatti alle parole.

Un futuro azzurro mai messo in discussione

Nonostante le sirene di mercato e una trattativa per il rinnovo che dura da dieci mesi, Meret non ha mai pensato di andar via. Né di farlo a parametro zero, anche se i presupposti tecnici ed economici per farlo ci sarebbero. Il Napoli vuole tenerlo, il direttore sportivo Giovanni Manna ha ritoccato più volte l’offerta, c’è l’intesa su tutto: durata (fino al 2027 con opzione per un altro anno), ingaggio (3 milioni annui). Resta solo un dettaglio da limare: un piccolo bonus alla firma, che De Laurentiis per ora ha bloccato.

Un pilastro della squadra di Conte

Antonio Conte vuole la sua conferma. Meret è il numero uno del Napoli e lo resterà, anche se con il ritorno in Champions League ci sarà più turnover tra i pali. Per questo Caprile e Scuffet sono pronti, ma resteranno nell’ombra. In alternativa si valuta anche il nome di Milinkovic-Savic del Torino, ma solo in caso di rottura clamorosa che oggi appare improbabile.

Record, rigori parati e fedeltà

Meret ha già collezionato 15 clean sheet in campionato: uno solo in meno rispetto al suo record personale (16 nella stagione dello scudetto). In più, si è rivelato anche pararigori: ha ipnotizzato Calhanoglu, Thauvin e Gimenez, con solo Bonny capace di superarlo dal dischetto. I numeri parlano per lui. E il suo attaccamento al club è evidente: vive a Lucrino, non ha mai nascosto il desiderio di rimanere.

Una maratona contrattuale vicina all’arrivo

Pastorello e Manna si sono visti più volte, penna in mano, pronti a firmare. Poi rinvii, rallentamenti, dettagli. Una trattativa che ricorda l’estate pre-scudetto, quando Meret sembrava destinato a lasciare il Napoli per fare spazio a Navas, ma alla fine rimase e divenne protagonista assoluto.

Oggi, come allora, la volontà di restare c’è, forte e chiara. E salvo sorprese, sarà ancora il portiere del Napoli.

 

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Conte tiene i nervi saldi: niente feste, concentrazione massima, fiato sospeso per Lobotka

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Il Napoli di Antonio Conte è a un passo dal sogno, ma il tecnico salentino non vuole sentire parlare di scudetto. L’atmosfera nel quartier generale azzurro è stranamente silenziosa. Nessuna festa anticipata, nessuna bandiera al vento: solo lavoro, concentrazione e la solita routine. Conte, che vive nel cuore di Napoli per percepire l’umore della città, si tiene lontano da proclami e illusioni.

L’attesa per Lobotka e il piano Gilmour

Quando dalla clinica arriva la notizia che Lobotka ha solo una distorsione, il tecnico tira un sospiro di sollievo. C’è speranza che possa essere disponibile già per il match contro il Genoa. Nel frattempo, parte il “piano Gilmour”, con lo scozzese pronto a prendersi le chiavi del centrocampo da unico play.

La prudenza come stile di vita

Conte sa cosa vuol dire perdere tutto all’ultimo istante. Ricorda bene quella pioggia di Perugia nel 2000 e da allora le cicatrici delle sconfitte pesano più delle vittorie. Per questo evita ogni parola fuori posto. Niente slogan, niente euforia: solo attenzione ai dettagli. Non è scaramanzia, ma un realismo feroce.

Verso il Genoa senza mai nominare lo scudetto

In campo si lavora sul 4-4-2, con Olivera ancora centrale e la conferma di Raspadori. I 52mila del Maradona sono pronti: biglietti introvabili, clima elettrico, ma Conte è l’ultimo a uscire dal centro tecnico e anche stavolta, con i tifosi accalcati alle transenne, non pronuncia mai la parola scudetto.

Una stagione da sogno, ma vietato distrarsi

«Ricordiamo da dove siamo partiti», ha detto il tecnico, facendo riferimento alla vittoria ai rigori in Coppa Italia contro il Modena. Il cammino è stato lungo e faticoso. I premi? Se ne parlerà a fine stagione. Ora la squadra ha un solo obiettivo: battere il Genoa e vedere cosa fa l’Inter contro il Torino. Il resto, per ora, è solo rumore.

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Inzaghi nella storia: orgoglioso di una super Inter

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Simone Inzaghi scrive un’altra pagina della storia interista: la vittoria contro il Barcellona vale infatti la seconda finale di Champions League da allenatore nerazzurro, come solo Helenio Herrera nella storia del club. Un risultato storico, che il tecnico sottolinea con orgoglio: “Innanzitutto voglio fare i complimenti al Barcellona, abbiamo incontrato una squadra veramente forte. Ci è voluta una super Inter – le sue parole intervistato da Sky Sport -. Poi un plauso a questi ragazzi, hanno messo in campo due prestazioni mostruose altrimenti non si poteva raggiungere la finale. Sono orgoglioso, sono contento di essere il loro allenatore. È giusto che i ragazzi se lo godano davanti a questi tifosi”. Una prestazione da grande squadra, soprattutto nei supplementari, quando l’Inter ha trovato ancora le forze per tornare avanti.

“Ho detto che i cambi ci avrebbero aiutato, di crederci e di limitare una squadra non semplice da limitare. Lautaro, Dumfries, Frattesi non ha fatto la rifinitura, col cuore abbiamo superato l’ostacolo. Abbiamo cercato di giocarcela con le nostre armi e qualità. Dopo il 3-3 dell’andata avevamo chiaro cosa fare in campo, la squadra non è mai stata presuntuosa, la finale è meritata”, ha concluso. Una gara in cui decisivo è stato anche Yann Sommer, premiato come MVP della sfida. “Sono molto felice, la squadra ha fatto una roba incredibile. La parata su Yamal è stata speciale, lui è fortissimo e sono felice che non sia entrata. Questa roba che abbiamo fatto, con Acerbi che va a fare la punta…oggi tante squadre si sarebbero arrese dopo il 3-2. Noi abbiamo creduto fino alla fine, è tutto incredibile”.

E ancora di più lo è per Davide Frattesi, già decisivo nell’andata dei quarti contro il Bayern Monaco. “Vedevo tutto nero, sono stato fortunato a finire la partita. Mi sono stirato all’addome e abbiamo fatto un lavoro incredibile per esserci stasera. È incredibile essere in finale di Champions, non so che dire”.

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