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Cultura

La Divina Callas, autoritratto con lettere inedite

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Maria Callas dietro la leggenda, al di la’ delle interpretazioni. La Divina e la donna in un sorprendente autoritratto che le restituisce la sua voce vera, piu’ intima. La scopriamo in Maria Callas. ‘Io, Maria’ a cura del regista e fotografo Tom Volf che ha raccolto le sue memorie e un’ampia raccolta di lettere private, per la maggior parte inedite, dal 1946 al 1977. Ci sono voluti sei anni di approfondite ricerche che ora sono diventate un libro, in uscita il 3 dicembre per Rizzoli, nei giorni in cui la soprano avrebbe compiuto 96 anni. “L’arte e’ la capacita’ di dare vita all’emozione” afferma la Callas alla quale sono piaciuti tutti i ruoli che ha interpretato, da Violetta ad Anna Bolena a Medea. Ma, “Con Norma, e’ diverso. Lei e’ come me sotto molti aspetti. Norma puo’ sembrare molto forte, a volte feroce, ma in realta’ e’ un agnello che ruggisce come un leone; una donna che si lamenta, che e’ orgogliosa di mostrare i propri sentimenti e dimostra alla fine che non puo’ essere cattiva o ingiusta in una situazione di cui e’ fondamentalmente responsabile. Le mie lacrime in Norma erano vere” racconta nel libro.

 

Dal debutto in sordina della cantante lirica piu’ celebre al mondo, alle vette della sua carriera internazionale, ‘Io, Maria’, accompagnato da foto d’epoca, racconta le sfide, i successi, gli scandali, il rapporto con i colleghi e con i parenti, quello difficilissimo con la madre e con la sorella, l’amore e poi la rottura con il marito Giovanni Battista Meneghini e la passione travolgente per l’armatore greco Aristotele Onassis, che la Callas nelle lettere chiama Aristo. “Realizzare quest’opera e’ stato, cosi’ come per il film, come costruire un puzzle gigante di archivi e documenti provenienti da ogni parte del mondo, da scatoloni, cantine e soffitte, e di frammenti conservati per miracolo o custoditi dai tuoi cari, amici e ammiratori, che me li hanno dati a mano a mano che la ricerca proseguiva” spiega nella prefazione Volf, oggi uno dei massimi esperti della Callas, regista del film ‘Maria by Callas’ e co-fondatore del Fonds de Dotation Maria Callas di Parigi. Un racconto davvero unico che mostra la grande umanita’ e le fragilita’ della Tigre come veniva definita la soprano. “Detesto parlare di me stessa” diceva la Callas. “Purtroppo, pero’, a furia di lasciar parlare gli altri, mi trovo a essere al centro di innumerevoli pettegolezzi che stanno facendo il giro del mondo. Ed e’ proprio per correggere tante inesattezze che mi decido ora, benche’ con riluttanza, a chiarire i punti piu’ importanti della mia vita privata e della mia carriera di artista” raccontava nelle sue memorie, dettate in italiano, che si aprono nel modo piu’ classico. Con la nascita a New York , da genitori di origine greca, sotto il segno del Sagittario, anche se sui documenti ufficiali Maria Anna Cecilia Sofia Kalogeropoulos risultava nata il 2 dicembre 1923 mentre la madre sosteneva di averla messa al mondo il 4 dicembre. Ci sono i grandi incontri della sua vita, da quelli con l’insegnante Elvira de Hidalgo e il direttore che ha avuto la maggior influenza su di lei, Tullio Serafin, a quello con il marito, il veneto Giovanni Battista Meneghin.

Fino al debutto italiano a Verona . “Mai avrei potuto immaginare che proprio in questa citta’, che ora mi e’ tanto cara, sarebbero maturati gli avvenimenti piu’ importanti della mia vita. Come diro’ in seguito, infatti, a Verona ho ottenuto il primo successo italiano e, sempre a Verona, ho incontrato Renata Tebaldi” racconta la Divina. Ma la sua anima si mostra soprattutto nelle lettere a Maurice Bejart, Joan Crawford, Grace Kelly, che era presente al suo funerale a Parigi, alla quale scrive “Ti mando tutto il mio affetto e che Dio ti benedica per essere cosi’ meravigliosa”. A Pier Paolo Pasolini, con cui ha lavorato per Medea, scrive in italiano nel 1971: “Ti scrivo dalle nuvole” e in un’altra lettera si dice: “Addolorata che soffri. Dipendevi tutto da Ninettp – e non era giusto”. Ci sono anche le lettere a Luchino Visconti, a Franco Zeffirelli, a Leonard Bernstein, a Wally Toscanini , al marito Aristotele Onassis al quale dice: “Amo il tuo corpo e la tua anima e il mio unico desiderio e’ che tu provi lo stesso”. E c’e’ anche una corrispondenza con Jacqueline Kennedy, per la quale Aristo lascio’, che nel 1963 le chiede “se vorrebbe allietare una delle nostre cene di Stato alla Casa Bianca” . “Tu, solo e soltanto tu, eri in grado di parlarci di questa vita fuori dal comune, e lo dicevi aggiungendo: ‘After all I’m the one who’s lived it (‘Dopotutto sono io ad averla vissuta’)” come dice Wolf della Divina, morta a Parigi il 16 settembre 1977.

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Cultura

Maurizio Landini, esce “Un’altra storia” per parlare ai giovani

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Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini si racconta per la prima volta nel libro ‘Un’altra storia’ con l’intento di parlare soprattutto ai giovani. “Uno dei motivi che mi ha spinto a raccontare la mia esperienza di vita e di lotta, è che vedo tra le giovani generazioni una straordinaria domanda di libertà. Una domanda di libertà e di realizzazione che non può essere delegata ad altri o rinviata a un futuro lontano, ma che si costruisce giorno per giorno a partire dalla lotta per cambiare le condizioni di lavoro e superare la precarietà. Se riuscirò ad accendere nei giovani la speranza e la voglia di lottare per la loro libertà nel lavoro e per un futuro migliore, potrò dire di aver raggiunto uno degli obiettivi che mi ero prefisso. Questo libro, con umiltà, vuole parlare soprattutto a loro” dice Landini.

In libreria proprio a ridosso dei referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza, ‘Un’altra storia’ è una narrazione intima tra ricordi, aneddoti e svolte professionali ed esistenziali, che si intreccia alla storia degli ultimi quarant’anni di questo paese, con un focus su alcune grandi ferite sociali di ieri e di oggi che ancora sanguinano e che devono essere rimarginate. Dagli anni Settanta ai giorni nostri, dall’infanzia e l’adolescenza a San Polo d’Enza, fino alle esperienze sindacali degli inizi a Reggio Emilia e Bologna, al salto nazionale in Fiom prima e in Cgil poi, nel libro di Landini non mancano le analisi sulle grandi questioni legate al mondo del lavoro e a quello delle grandi vertenze, tra cui Stellantis, il rapporto con i governi Berlusconi, Prodi, Renzi, Conte, Draghi e Meloni, nella declinazione dell’idea-manifesto del “sindacato di strada”, in cui democrazia e autonomia sono il grande orizzonte.

Questa narrazione personale e intima, ricca di spunti e riflessioni, si tiene insieme a quelle che sono le battaglie storiche del segretario e della sua azione “politica”: la dignità del lavoro, affermata nel dopoguerra e nella seconda metà del Novecento e “negata nell’ultimo ventennio a colpi di leggi sbagliate, che le iniziative referendarie propongono, infatti, di correggere e riformare profondamente” sottolinea la nota di presentazione. ‘Un’altra storia’ è un libro che ci parla di diritti da difendere, battaglie ancora da fare e del futuro.

Eletto segretario generale della Cgil nel 2019, Landini ha cominciato a lavorare come apprendista saldatore in un’azienda artigiana e poi in un’azienda cooperativa attiva nel settore metalmeccanico, prima di diventare funzionario e poi segretario generale della Fiom di Reggio Emilia. Successivamente, è stato segretario generale della Fiom dell’Emilia-Romagna e, quindi, di quella di Bologna. All’inizio del 2005 è entrato a far parte dell’apparato politico della Fiom nazionale. Il 30 marzo dello stesso anno, è stato eletto nella segreteria nazionale del sindacato dei metalmeccanici Cgil. Il primo giugno del 2010 è diventato segretario generale della Fiom-Cgil. Nel luglio del 2017 ha lasciato la segreteria generale della Fiom per entrare a far parte della segreteria nazionale della Cgil.

MAURIZIO LANDINI, UN’ALTRA STORIA (PIEMME, PP 224, EURO 18.90)

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Consulta: niente automatismo sulla sospensione dei genitori, decide il giudice

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Stop all’automatismo che impone la sospensione della responsabilità genitoriale per i genitori condannati per maltrattamenti in famiglia. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 55 del 2025, dichiarando illegittimo l’articolo 34, secondo comma, del Codice penale nella parte in cui non consente al giudice di valutare in concreto l’interesse del minore.

Una norma rigida che non tutela sempre i figli

L’automatismo previsto dalla norma, secondo cui alla condanna per maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) segue obbligatoriamente la sospensione della responsabilità genitoriale per il doppio della pena, è stato giudicato irragionevole e incostituzionale. Secondo la Consulta, la previsione esclude qualsiasi valutazione caso per caso e impedisce al giudice di verificare se la sospensione sia effettivamente nell’interesse del minore, come invece richiedono gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

Il caso sollevato dal Tribunale di Siena

A sollevare la questione è stato il Tribunale di Siena, che aveva riconosciuto la responsabilità penale di due genitori per maltrattamenti nei confronti dei figli minori, ma riteneva inadeguato applicare in automatico la sospensione della responsabilità genitoriale. Il giudice toscano ha evidenziato la possibilità concreta che, in presenza di una riconciliazione familiare e di un miglioramento del contesto domestico, la sospensione potesse arrecare un danno ulteriore ai minori.

Il principio: al centro l’interesse del minore

La Corte ha ribadito che la tutela dell’interesse del minore non può essere affidata a presunzioni assolute, bensì deve derivare da una valutazione specifica del contesto familiare e della reale efficacia protettiva della misura. Il giudice penale deve dunque essere libero di stabilire, caso per caso, se la sospensione della responsabilità genitoriale sia davvero la scelta più idonea alla protezione del figlio.

La continuità con la giurisprudenza

La decisione si inserisce nel solco della sentenza n. 102 del 2020, con cui la Consulta aveva già bocciato l’automatismo previsto per i genitori condannati per sottrazione internazionale di minore. In entrambi i casi, si riafferma il principio secondo cui le misure che incidono sulla genitorialità devono essere coerenti con i valori costituzionali e orientate alla tutela concreta del minore.

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Addio a Mario Vargas Llosa, Nobel per la Letteratura: è morto a Lima a 89 anni

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Il mondo della cultura piange la scomparsa di Mario Vargas Llosa (foto in evidenza di Imagoeconomica), uno dei più grandi romanzieri del Novecento e premio Nobel per la Letteratura nel 2010. Lo scrittore peruviano si è spento oggi, domenica, a Lima all’età di 89 anni, circondato dalla sua famiglia, come ha comunicato suo figlio Álvaro attraverso un messaggio pubblicato sul suo account ufficiale di X.

«Con profondo dolore, rendiamo pubblico che nostro padre, Mario Vargas Llosa, è morto oggi a Lima, circondato dalla sua famiglia e in pace».

Una vita tra letteratura e impegno

Nato ad Arequipa il 28 marzo del 1936, Vargas Llosa è stato tra i più influenti autori della narrativa ispanoamericana contemporanea. Oltre ai riconoscimenti letterari internazionali, ha vissuto una vita profondamente segnata anche dall’impegno civile e politico.

Con la sua scrittura tagliente e lucida, ha raccontato le contraddizioni della società peruviana e latinoamericana, esplorando con coraggio e passione temi di potere, ingiustizia e libertà.

I capolavori che hanno segnato la sua carriera

Autore di romanzi fondamentali come “La città e i cani” (1963), durissima denuncia del sistema militare peruviano, e “La casa verde” (1966), Vargas Llosa ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura del Novecento. La sua vasta produzione comprende anche saggi, articoli e testi teatrali.

Un addio in forma privata

Come reso noto dalla famiglia, i funerali saranno celebrati in forma privata e, nel rispetto della volontà dell’autore, le sue spoglie saranno cremate. Un addio sobrio, coerente con la riservatezza che ha spesso contraddistinto l’uomo dietro lo scrittore.

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