La sede storica della Rai a viale Mazzini è ormai un simbolo decadente di un’azienda in difficoltà. Un edificio definito vecchio e marcio, infestato da amianto e umidità, con ascensori che si bloccano e un sistema di riscaldamento spesso in tilt. La Procura di Roma e i Nas dell’Asl Roma 1 hanno avviato indagini, mentre l’edificio viene svuotato: entro venerdì, oltre mille dipendenti dovranno lasciare la struttura.
Nel palazzone di vetro, un tempo simbolo del potere e della grandezza della Rai, resteranno i fantasmi del passato del leggendario settimo piano. I dipendenti lavoreranno in smart working o verranno trasferiti in altre sedi, come via Teulada, Saxa Rubra e l’Eur, mentre il palazzo attenderà un restauro che si prevede durerà almeno cinque anni.
Intanto, la consueta processione di aspiranti giornalisti, giornalisti famosi in cerca di gettoni di presenza in qualche trassissione per arrotondare sipendi già ricchi, starlette e produttori in cerca di contratti o ospitate è costretta a cercare nuovi percorsi. Una folla variegata composta da portaborse, autori di Sanremo, opinionisti a gettone e personaggi televisivi si muove disorientata, cercando di mantenere la propria influenza in un sistema che sembra sempre più instabile.
Il cavallo bronzeo e la metafora della crisi
Simbolo della sede Rai è il cavallo bronzeo di Francesco Messina, posto davanti all’edificio. Con la sua postura agonizzante e le gambe piegate, viene spesso interpretato come una tragica metafora dell’azienda: un colosso ferito, con debiti pesanti e un pubblico in calo. Il cavallo resterà a presidiare la cattedrale durante i lavori di restauro, un monumento alla grandezza passata e ai problemi presenti della Rai.
Una storia di potere, lottizzazioni e aneddoti
La storia della Rai è costellata di episodi memorabili, tra potere, lottizzazioni politiche e scandali. Dagli anni della lottizzazione democristiana, che univa giornalismo d’eccellenza e censura (come quella di Dario Fo e Franca Rame), alla successiva riforma degli anni Settanta, che introdusse un sistema di spartizione ancora più articolato tra i partiti.
Negli anni Ottanta, l’era craxiana segnò il dominio socialista su Rai2, con programmi come quelli di Sandra Milo e perfino Moana Pozzi, che approdò alla conduzione di una trasmissione per bambini dopo aver girato film per adulti. Ogni epoca ha visto la Rai come teatro di scontri tra politica, spettacolo e interessi personali. Fanno meno scandalo ma non sono meno scandalosi anche personaggi ancora oggi osannati per la loro immacolata carriera che però inizia con la lottizzazione.
I protagonisti della cattedrale della Rai
Nei corridoi di viale Mazzini si potevano incontrare autentiche leggende dello spettacolo, come Mike Bongiorno, Pippo Baudo, Renzo Arbore e Fiorello, ma anche grandi intellettuali come Umberto Eco e Angelo Guglielmi. Tuttavia, non mancano episodi controversi, come l’editto bulgaro contro Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi, o recenti casi come quello che ha coinvolto Paolo Corsini, ex direttore degli Approfondimenti.
Il futuro della Rai: restauro o declino?
La cattedrale di viale Mazzini rappresenta l’emblema di un’azienda che deve affrontare sfide complesse: bilanci pesanti, calo di ascolti e una gestione spesso influenzata dalla politica. Mentre l’edificio si svuota e attende i restauri, resta da capire se la Rai saprà rinnovarsi e ritrovare la sua identità o se rimarrà un colosso in decadenza, simbolo di un passato che non riesce a fare pace con il presente.