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Politica

La Camera respinge la sfiducia a Daniela Santanchè: il ministro del Turismo non si dimette

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L’Aula della Camera ha respinto con 206 voti contro 134 la mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 Stelle e successivamente sottoscritta da Partito Democratico e Alleanza Verdi e Sinistra nei confronti del ministro del Turismo, Daniela Santanchè. La mozione era stata avanzata alla luce dei procedimenti giudiziari che hanno coinvolto il ministro, ma la maggioranza ha fatto quadrato attorno a lei.

La replica di Santanchè

Nel suo intervento in Aula, Santanchè ha ribadito la volontà di difendersi nelle sedi giudiziarie senza sottrarsi al confronto. Ha dichiarato che valuterà le dimissioni solo dopo la prossima udienza preliminare, senza pressioni esterne:

“A breve ci sarà un’altra udienza preliminare. In quell’occasione farò una riflessione, perché è giusto che io la faccia, per poter anche valutare delle mie dimissioni. Ma lo farò solo con me stessa. Non avrò nessun tipo di pressione, di costrizione o di paventati ricatti.”

Il ministro ha poi sottolineato il proprio rispetto per il Presidente del Consiglio, per il governo e per il suo partito, Fratelli d’Italia, ribadendo di non voler diventare un problema, ma anzi di voler essere una risorsa per la coalizione.

Le accuse e la difesa

Santanchè ha poi risposto alle accuse ricordando che i fatti contestati sono antecedenti al suo giuramento da ministro e ha dichiarato di avere piena fiducia nella magistratura. Ha inoltre fatto riferimento ad altri casi in cui politici si sono dimessi per poi essere assolti, evidenziando il rischio di giudizi affrettati e di processi mediatici che precedono quelli giudiziari:

“Non intendo scappare, anzi intendo difendermi nel processo e lo farò in ogni sede giudiziaria con dignità. La gogna mediatica, le paginate sui giornali, le trasmissioni televisive costruite ad hoc, devastano ancora prima del processo la vita delle persone, con cicatrici che non si rimargineranno mai. L’ergastolo mediatico è una condanna che rimarrà per tutta la vita.”

Ha poi evidenziato il peso della pressione mediatica e ha ribadito che il Parlamento non deve diventare “una corte di giustizia nelle mani di qualche pm o giudice appartenente a correnti politicizzate”.

Lo scontro con le opposizioni

Nel suo intervento, Santanchè ha rivolto parole dure alle opposizioni, accusandole di attaccarla non per le sue azioni, ma per la sua persona:

“Per voi io sono l’emblema di tutto ciò che detestate. Io sono il vostro male assoluto. Sono una donna libera, porto i tacchi da 12 centimetri, ci tengo al mio fisico, amo vestirmi bene. Sono anche quella del Twiga e del Billionaire che voi tanto criticate, aziende che danno posti di lavoro.”

Il ministro ha poi sottolineato i risultati positivi ottenuti nel settore turistico, parlando di un rilancio internazionale senza precedenti. Infine, ha ribadito di aspettarsi che gli attacchi nei suoi confronti continueranno:

“I vostri attacchi e la vostra persecuzione non finiranno qui. Sono certa di questo, non è che domani per me cambierà qualcosa, perché sarò sempre sotto attacco, sono quella persona da combattere, da fare fuori, sono quella persona che rappresenta il male assoluto.”

Una battaglia politica ancora aperta

La bocciatura della mozione di sfiducia rappresenta una vittoria per il governo Meloni e per la maggioranza, che ha confermato la fiducia nel ministro del Turismo. Tuttavia, la questione giudiziaria che coinvolge Santanchè resta aperta e il dibattito politico su di lei non si spegne, con le opposizioni determinate a tenere alta l’attenzione sul caso.

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Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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Politica

Addio a Giancarlo Gentilini, lo “Sceriffo” di Treviso simbolo della Lega Nord

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È morto a 95 anni Giancarlo Gentilini (foto Imagoeconomica in evidenza), storico sindaco e vicesindaco di Treviso, conosciuto come “lo Sceriffo” per la sua spilla simbolo di ordine, disciplina e rispetto delle leggi. Figura centrale della Lega Nord, è stato per vent’anni un riferimento assoluto per la città e per il movimento federalista e nordista. Gentilini si è spento ieri all’ospedale di Treviso, dopo un improvviso malore. Aveva appena trascorso le festività pasquali con familiari e amici.

Dal 1994 un’era politica fuori dagli schemi

Eletto per la prima volta nel 1994, in piena frattura con la Prima Repubblica, Gentilini ha rappresentato il primo grande esperimento amministrativo della Lega Nord in Veneto. La sua leadership ha ispirato generazioni di sindaci padani. Rimasto in carica fino al 2013, ha saputo imprimere un’impronta personale, carismatica e controversa al governo della città, definendosi “al servizio del mio popolo”.

Una vita di provocazioni e polemiche

Uomo fuori dagli schemi, Gentilini è stato amato e odiato. Amatissimo dal suo elettorato, detestato dalle opposizioni per uscite spesso offensive: frasi contro immigrati, rom, comunità omosessuale, disegni di teschi agli incroci pericolosi e panchine rimosse per evitare che vi si sedessero stranieri. La sua comunicazione era brutale, talvolta al limite del razzismo, ma efficace. Una figura che ha spesso messo in difficoltà anche la sua stessa Lega, incapace di contenerne la dirompenza.

L’ultimo capitolo di una vita sorprendente

Nel 2017 ha perso la moglie, e l’anno successivo, a 89 anni, si è risposato. Un uomo che non ha mai smesso di sorprendere, nel bene e nel male. Sempre fedele alla sua immagine, sempre diretto, spesso divisivo, ma instancabile e coerente con il proprio sentire.

Il cordoglio delle istituzioni

Tra i primi a ricordarlo, Luca Zaia, presidente del Veneto: «È stato un grande amministratore, ha saputo intercettare i sentimenti del popolo. Ha fatto la storia di Treviso e del Veneto». Lorenzo Fontana, presidente della Camera, ha parlato di «dedizione totale alla città». Il sindaco di Treviso, Mario Conte, ha espresso il dolore dell’intera comunità: «Il nostro Leone è andato avanti. Ha scritto la storia».

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Industriali bocciano il dl bollette, irritazione Palazzo Chigi

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“Forte preoccupazione e contrarietà per l’assenza di misure concrete a sostegno del cuore produttivo del Paese”. Confindustria è dura commentando il varo del Decreto Bollette e avverte: “Si è persa un’altra occasione”, sul fronte dei costi dell’energia “è una situazione insostenibile per le imprese italiane. Occorre agire con urgenza”. Altrettanto netta è “l’irritazione” della presidenza del Consiglio per le dichiarazioni degli industriali: “Il provvedimento – rilevano fonti di Palazzo Chigi – era stato “ampiamente discusso” con tutte le associazioni imprenditoriali, a partire da Confindustria, “stupisce quindi che l’associazione degli industriali abbia manifestato la sua contrarietà solo dopo l’approvazione definitiva da parte del Senato”. La stessa premier Giorgia Meloni, sui social, prima della nota di Confindustria, commentato l’approvazione definitiva del provvedimento mercoledì sera in Senato aveva sottolineato come “il governo mette in campo misure concrete per sostenere famiglie e imprese di fronte al caro energia. Lo facciamo attraverso un investimento di circa 3 miliardi, destinato ad alleggerire le bollette, promuovere l’efficienza energetica, tutelare i più vulnerabili e chi produce”.

“Non ci fermeremo qui”, ha sottolineato la presidente del Consiglio: “Continueremo a lavorare con serietà e determinazione per contrastare il caro energia e aiutare chi ha bisogno”. Si accende anche lo scontro politico: “Se Meloni non ha tempo di girare e ascoltare il Paese, legga bene cosa pensano le aziende di questo suo decretino bollette dopo 25 mesi di crollo della produzione e aumenti vertiginosi dell’energia”, attacca il leader M5s Giuseppe Conte: “È davvero surreale leggere che una Presidente del Consiglio esulti per un misero e tardivo decreto-bollette”, “un provvedimento che lascia soli milioni di italiani e tantissime imprese”. Quanto al confronto con le parti sociali, “Confindustria – sottolineano gli industriali – aveva avanzato proposte di modifica a costo zero, finalizzate ad avviare un primo, reale e strutturale alleggerimento del peso delle bollette energetiche per le imprese. Tuttavia tra emendamenti dichiarati inammissibili, inviti al ritiro e l’assenza di pareri da parte dei ministeri competenti, si è persa un’altra occasione utile per intervenire in maniera efficace”.

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