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La Brexit diventa legge, c’è la firma della regina Elisabetta

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Il matrimonio fra la Gran Bretagna e l’Ue non arriverà alle nozze d’oro: l’accordo sulla Brexit raggiunto da Boris Johnson con Bruxelles e’ da oggi legge nel Regno e il divorzio – dopo 47 anni – viene dunque sancito nero su bianco per le 23 esatte del 31 gennaio, ora del meridiano di Greenwich. L’ultimo tassello ha fatto clic con l’atto dovuto della firma della regina, o Royal Assent, al testo dello European Union Withdrawal Agreement Act, che ieri aveva concluso il suo contrastato iter di ratifica parlamentare a tre anni e 7 mesi dall’esito pro Leave del referendum del giugno 2016. Il Royal Assent e’ stato comunicato alla Camera dei Comuni nel pomeriggio e annunciato fra gli applausi fragorosi di una parte dei banchi Tory e del presidente di turno dell’assemblea: il vice speaker Nigel Evans, esponente brexiteer del partito di Johnson. Una reazione che rispecchia quella del premier, il quale – in attesa di parlare solennemente alla nazione a fine mese – aveva salutato la svolta gia’ nelle ore precedenti sulla scia dell’approvazione finale del Withdrawal Agreement Act a Westminster. Questo passaggio “significa che il 31 gennaio lasceremo l’Ue e volteremo pagina come un Regno Unito”, aveva dichiarato BoJo, inneggiando alla vittoria. “Talora si era pensato che non avremmo mai tagliato il traguardo della Brexit, ma ce l’abbiamo fatta. E adesso possiamo lasciarci alle spalle tre anni di divisioni e di recriminazioni e concentrarci per attuare un futuro esaltante, con scuole e ospedali migliori, strade piu’ sicure e opportunita’ estese a ogni angolo del nostro Paese”. Proclami a parte, la strada da fare e’ in effetti ancora parecchia. A iniziare dai negoziati sulle relazioni future con i 27, commerciali in primis, che scatteranno dal primo febbraio e dovranno consumarsi in soli 11 mesi di transizione, data l’intenzione dell’esecutivo britannico – suggellata nella stessa legge appena varata – di non chiedere alcuna proroga oltre il 31 dicembre 2020. Sullo sfondo restano intanto tutte da attenuare, al di la’ degli auspici, le lacerazioni che hanno segnato sia il Parlamento sia il Paese in questi anni. In un dibattito attraversato da scontri aspri, da cambiamenti di governo, dal passaggio di consegne fra la premiership di Theresa May e quella di Johnson. E da due successive elezioni anticipate, prima dell’approdo al responso delle urne di dicembre, coronato dal successo dei Conservatori all’insegna dello slogan ‘Get Brexit done’, che ha garantito infine a BoJo il controllo dei Comuni. Lacerazioni che il capogruppo degli indipendentisti scozzesi dell’Snp a Westminster Ian Blackford ha richiamato in aula pure stasera, liquidando il via libera all’addio all’Ue come l’inizio di “una crisi costituzionale” fra Londra e quelle nazioni del Regno, Scozia in testa, pubblicamente contrarie alla Brexit. Mentre da Bruxelles si guarda gia’ al dopo, oltre la scontata ratifica parallela dell’accordo di recesso all’Europarlamento avviata oggi in commissione e destinata a giungere al voto finale il 29 gennaio. Nella consapevolezza di essere “pronti”, stando alla numero uno della Bce, Christine Lagarde; ma anche di dover affrontare i tempi stretti dei prossimi passi negoziali con Londra sul libero scambio e sul resto, come sottolineato fra gli altri a Davos dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. E con gli Usa in agguato sulla riva del fiume per cogliere la chance d’un patto commerciale favorevole post Brexit con Boris: che secondo il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, e i voleri di Donald Trump, potrebbe essere chiuso gia’ “quest’anno”.

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Trump: la Crimea resterà alla Russia, Zelensky lo sa

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Donald Trump torna a parlare della guerra in Ucraina e lo fa con dichiarazioni destinate a far discutere. In un’intervista rilasciata a Time, il presidente degli Stati Uniti ha affermato che “la Crimea resterà con la Russia”, aggiungendo che anche il presidente ucraino Zelensky ne sarebbe consapevole.

“La Crimea è andata ai russi, fu colpa di Obama”

«La Crimea è stata consegnata alla Russia da Barack Hussein Obama, non da me», ha ribadito Trump, sottolineando come la penisola fosse “con i russi” ben prima del suo arrivo alla Casa Bianca. «Lì ci sono sempre stati i russi, ci sono stati i loro sottomarini per molti anni, la popolazione parla in gran parte russo», ha aggiunto. Secondo l’ex presidente, se lui fosse stato alla guida del Paese, “la Crimea non sarebbe mai stata presa”.

“Questa guerra non doveva accadere”

Trump ha definito il conflitto in Ucraina “la guerra che non sarebbe mai dovuta accadere”, lanciando un messaggio implicito al presidente Joe Biden e alla gestione democratica della politica estera. A suo avviso, con lui alla presidenza, la situazione in Ucraina si sarebbe sviluppata in modo del tutto diverso, senza l’invasione da parte delle truppe russe.

Le dichiarazioni si inseriscono in un contesto internazionale già molto teso, mentre si continua a discutere del futuro della Crimea e dei territori occupati.

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Mosca: generale ucciso in attacco terroristico

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La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha condannato come “un attacco terroristico” l’attentato in cui è morto oggi vicino a Mosca il generale Yaroslav Moskalik, ucciso dall’esplosione di un ordigno posto sulla sua auto. “La questione principale – ha detto Zakharova, citata dall’agenzia Tass – è come fermare la guerra nel cuore dell’Europa e del mondo. Vediamo così tante vittime ogni giorno. Anche oggi, un militare russo è stato ucciso in un attacco terroristico a Mosca”. (

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‘Usa offriranno pacchetto di armi da 100 miliardi a Riad’

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Gli Stati Uniti sono pronti a offrire all’Arabia Saudita un pacchetto di armi del valore di ben oltre 100 miliardi di dollari: lo riferisce la Reuters sul proprio sito citando sei fonti a conoscenza diretta della questione e aggiungendo che la proposta dovrebbe essere annunciata durante la visita di Donald Trump nel regno a maggio. Il pacchetto offerto arriva dopo che l’amministrazione dell’ex presidente Joe Biden ha tentato senza successo di finalizzare un patto di difesa con Riad nell’ambito di un accordo più ampio che prevedeva la normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele.

La proposta di Biden offriva l’accesso ad armamenti statunitensi più avanzati in cambio del blocco degli acquisti di armi cinesi e della limitazione degli investimenti di Pechino nel Paese. La Reuters non è riuscita a stabilire se la proposta dell’amministrazione Trump includa requisiti simili.

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