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Economia

La bolletta del gas di dicembre cala del 6,7% ma per i consumatori la spesa di questi anni è una stangata

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Bolletta del gas più leggera per i consumi di dicembre 2023 per la famiglia tipo in tutela: scende del 6,7% rispetto a novembre, calo determinato interamente dalla diminuzione della spesa per la materia gas naturale. Lo comunica l’Arera nell’ultimo aggiormamento della tariffa per i clienti domestici che non hanno ancora scelto il mercato libero. L’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente precisa che a dicembre le quotazioni all’ingrosso del gas sono scese rispetto a novembre e il prezzo per i clienti del mercato tutelato è pari a 36,30 euro a megawattora. In futuro, spiega l’Arera, “sarà aggiornata mensilmente la componente del prezzo del gas a copertura dei costi di approvvigionamento applicata ai clienti del Servizio di tutela della vulnerabilità, attivo per circa 2,5 milioni di famiglie, con gli stessi criteri, tempi e modalità finora utilizzati”.

Nella scheda tecnica, l’Autorità precisa che la spesa dell’utente tipo domestico in tutela a dicembre è pari a 97,79 centesimi di euro per metro cubo (tasse incluse) di cui il 49,7% è per la materia gas naturale, il 22,5% per le imposte, il 26,7% per il trasporto e la gestione del contatore e l’1,1% per gli oneri di sistema.

Più in dettaglio, il prezzo è così suddiviso: – spesa per la materia gas naturale: 43,31 centesimi di euro (pari al 44,3% del totale della bolletta) per l’approvvigionamento del gas e per le attività connesse, con una riduzione del 13,3% rispetto a novembre 2023; 5,32 centesimi di euro (5,4% della bolletta) per la vendita al dettaglio, invariato rispetto a novembre 2023. – spesa per il trasporto e la gestione del contatore: 26,07 centesimi (26,7%) per i servizi di distribuzione, misura, trasporto, perequazione della distribuzione, qualità, invariato rispetto a novembre 2023. – spesa per gli oneri generali di sistema: 1,12 centesimi (1,1%), invariato rispetto a novembre 2023; – imposte: 21,97 centesimi (22,5% del totale della bolletta) per le imposte che comprendono le accise (15,6%), l’addizionale regionale (2,1%) e l’Iva (4,8%). – La spesa per il gas per la famiglia tipo nell’anno scorrevole (gennaio-dicembre 2023) è di 1.307 euro circa, al lordo delle imposte, e risulta in calo del 29,9% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell’anno precedente (gennaio-dicembre 2022). Lo rende noto l’Arera rifenrendosi alla famiglia tipo che ha consumi medi di 1.400 metri cubi annui.

L’Autorità di regolazione ricorda che per il gas, come per la gestione calore e teleriscaldamento, sono confermati per dicembre come per tutto il 2023 l’azzeramento degli oneri generali e la riduzione Iva al 5%, che tornerà alle normali aliquote a partire da gennaio 2024. La riduzione delle tariffe del gas a dicembre “è senza dubbio positiva, ma al di sotto delle attese” secondo Assoutenti perché “a fronte dell’andamento al ribasso dei prezzi sui mercati internazionali, ci si aspettava un calo decisamente più marcato”.

Nel 2023, “la spesa per le forniture energetiche sul mercato tutelato ha raggiunto quota 2.197 euro a famiglia: 889,60 euro per la luce, 1.307 euro per il gas – spiega il presidente onorario di Assoutenti, Furio Truzzi – Dal mese di gennaio, tuttavia, i consumatori andranno incontro a una nuova ‘stangata’ sul gas: termina infatti lo sconto sull’Iva in bolletta, con l’imposta che passa dal 5% fino al 22%: questo equivale, considerate le tariffe del gas di dicembre, a una spesa aggiuntiva da circa 250 euro annui a nucleo solo a titolo di Iva”. La riduzione delle tariffe scattata a dicembre “sarà del tutto vanificata dall’aumento dell’Iva di gennaio, senza contare che tra pochi giorni finirà il mercato tutelato, con tutte le relative incognite di tale passaggio – aggiunge Truzzi – I più penalizzati saranno gli utenti vulnerabili del gas che risiedono in condomini con impianti di riscaldamento centralizzati, i quali dovranno obbligatoriamente passare al mercato libero pur avendo i requisiti previsti dalla legge per rimanere nel regime a maggior tutela”.

Il calo delle tariffe del gas del 6,7% disposto da Arera per il mese di dicembre è per il Codacons “del tutto insufficiente, e non salverà gli italiani dai rincari che li attendono con la fine del mercato tutelato”.

Seppur in discesa rispetto al 2022, “la spesa per il gas di una famiglia tipo ha raggiunto una media di 1.307 euro nel 2023, più alta del 15,7% rispetto al 2021 e addirittura del +34% sul 2020 – analizza il Codacons – Questo significa che rispetto a tre anni fa un nucleo ha speso nel 2023 in totale ben 332 euro in più solo per le forniture di gas, e causa della situazione dei prezzi che è tutt’altro sotto controllo”. Le previsioni per il 2024 “non sono rosee – avverte il presidente Carlo Rienzi – Il ritorno delle aliquote Iva a pieno regime a partire da gennaio e l’addio al mercato tutelato dell’energia, gettano ombre inquietanti e faranno schizzare al rialzo le bollette degli italiani, considerata la grande volatilità dei prezzi dell’energia sui mercati internazionali e il rischio di speculazioni e pratiche scorrette nella delicata fase del passaggio al mercato libero”.

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Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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