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Kiev, ‘500 morti per la diga’. Sistema Samp-T operativo

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Nel 481mo giorno di guerra l’Ucraina ammette di avere delle “difficoltà” sul fronte del Donbass, dove i russi continuano a sferrare attacchi, mentre rilancia una pesante accusa: le truppe di Putin, secondo Kiev, non hanno salvato chi non aveva passaporto russo, con il risultato che nella zona di Oleshky l’alluvione causata dalla distruzione della diga di Kakhovka avrebbe provocato la morte di almeno 500 civili ucraini. Intanto, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato, “insieme alla mia collega italiana Giorgia Meloni, che il Samp-T franco-italiano è già dispiegato e operativo in Ucraina, dove protegge delle installazioni chiave e delle vite”. La notizia sui 500 civili morti dopo la distruzione della diga, rilanciata da alcuni media ucraini e che per ora manca di verifiche, è stata postata dal Centro per la resistenza nazionale (Cnr), entità creata nel marzo 2022 con l’obiettivo di addestrare la popolazione civile alla resistenza passiva ai russi nelle zone da loro occupate.

“Secondo i dati a nostra disposizione, più di 500 residenti dell’area occupata di Oleshky, sulla riva sinistra del Dnipro, sono morti dopo che i russi hanno fatto esplodere la diga di Kakhovka. Gli occupanti russi si sono rifiutati di evacuare chi non aveva il passaporto russo”, scrive il Cnr, che aggiunge: “Gli atti dei russi contro la popolazione civile portano i segni del genocidio e chiunque abbia partecipato agli abusi sugli ucraini sarà punito con giustizia”. Ma anche l’Onu punta il dito in direzione di Mosca, accusata di “bloccare” gli aiuti umanitari alla popolazione colpita dall’alluvione del Dnipro sul versante da essa occupata.

Sul piano militare Kiev, per bocca del comandante delle forze ucraine Valery Zuluzhny, conferma la presa del villaggio di Piatykhatky, sul fronte sud di Zaporizhzhia, in direzione Melitopol-Crimea: notizia anticipata dai russi ieri. In quella stessa direzione, fa sapere la viceministra della Difesa, Hanna Malyar, le forze ucraine in due settimane di controffensiva hanno liberato già 8 insediamenti, incluso Piatykhatky. Ma è sull’altro fronte, quello est, quello di Bakhmut e del Donbass, che la stessa Malyar ammette che i soldati ucraini incontrano “forti difficoltà”: “L’esercito russo ha rafforzato i suoi schieramenti e sta attaccando nelle direzioni di Lyman e Kupyansk. I bombardamenti sono intensi e i combattimenti infuriano” e Mosca “non abbandona i suoi piani per raggiungere i confini delle regioni di Donetsk e Lugansk”, dove però “le nostre truppe stanno agendo con coraggio di fronte alla superiorità di forze e mezzi del nemico, non permettendo loro di avanzare”.

E’ probabilmente su questo fronte che i russi sembrano aver sperimentato una nuova arma tattica: un carro armato – scrivono blogger militari russi di un video circolato sui social e media – imbottito con 6 tonnellate di esplosivo e telecomandato a mo’ di drone, lanciato contro le trincee ucraine. Il mezzo, a giudicare dal video, viene fermato dallo scoppio di una mina a una cinquantina di metri dai soldati di Kiev trincerati. Questi, dopo qualche momento di esitazione, sparano un razzo Rpg contro il tank-kamikaze, che esplode emettendo un’onda d’urto resa visibile da un globo di condensa che si espande e poi una nuvola di fuoco. Non è chiaro quante vittime l’esplosione abbia provocato fra i soldati ucraini, ma le autorità non hanno commentato l’episodio.

Sul piano diplomatico, si registra una visita della first lady ucraina Olena Zelenska in Israele, ricevuta a Tel Aviv dal presidente Michal Herzog, e una rassicurazione della Nato, che per voce del segretario generale, Jens Stoltenberg, ribadisce che al vertice di Vilnius non ci sarà un invito formale all’Ucraina ma che i Paesi membri “sono già molto concordi sul fatto che le porte della Nato sono aperte”. Mosca dal canto suo va al contrattacco e chiede una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu per il 29 giugno sulle forniture di armi occidentali a Kiev. E mostra “interesse” nei confronti dell’iniziativa di pace vaticana del cardinale Matteo Zuppi, che dopo aver visitato Kiev il 6 giugno ha in programma una tappa in Russia, dopo il niet opposto due giorni fa da Vladimir Putin a San Pietroburgo ai delegati della missione di pace africana.

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Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti

Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.

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Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).

Il cordoglio della città e della comunità filippina

La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.

Le drammatiche immagini dell’incidente

Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.

Il dolore delle autorità

Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.

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Trump spinge per il cessate il fuoco in Ucraina: “Ora Putin deve aprire ai colloqui diretti”

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Donald Trump ha deciso di accelerare i tempi. Dopo mesi di logoramento sul fronte, ora il presidente americano punta a ottenere da Vladimir Putin un’apertura concreta ai colloqui diretti, oltre a una tregua immediata e “senza condizioni” che apra la strada ai negoziati di pace. A dirlo chiaramente è stato lo stesso Trump, mentre da Mosca il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che la Russia è pronta a negoziare.

Il piano di Trump e la controproposta di Kiev

Mentre la Russia rivendica la completa riconquista della regione di Kursk, l’Ucraina propone come contromossa uno schieramento internazionale che impedisca futuri attacchi russi. Una misura di garanzia per evitare che la tregua si trasformi in una nuova aggressione. Nonostante le difficoltà militari, Volodymyr Zelensky sembra disposto a valutare un compromesso “dignitoso” per salvaguardare l’indipendenza ucraina dopo tre anni di guerra.

Il compromesso proposto da Kiev prevede:

  • La difesa della sovranità nazionale senza limitazioni sull’esercito.

  • L’utilizzo degli asset russi congelati in Occidente per il risarcimento dei danni di guerra.

L’ombra della resa dei conti e la pressione di Trump su Putin

Trump, incontrando Zelensky a Roma all’ombra della Cupola di San Pietro, ha fatto capire che il tempo stringe. Ammette apertamente il sospetto che Putin voglia “continuare la guerra” per logorare la situazione e far perdere tempo agli Stati Uniti. Una strategia che Trump non intende subire, rilanciando l’obiettivo di concludere la guerra nei primi 100 giorni della sua presidenza.

L’annuncio della riconquista russa della regione di Kursk, accompagnato dal primo riconoscimento ufficiale dell’uso di truppe nordcoreane da parte di Mosca, alimenta le preoccupazioni. Ma allo stesso tempo, la Russia continua a mostrare difficoltà economiche profonde nonostante il regime autarchico tenti di nascondere la crisi.

Il difficile equilibrio: salvare l’onore per tutti

Per Trump, per Putin e per Zelensky l’obiettivo è quello di poter dichiarare una vittoria:

  • Trump vuole essere il presidente che ha portato la pace.

  • Putin vuole presentarsi come il difensore della “Madre Russia” contro l’Occidente.

  • Zelensky vuole salvaguardare la sovranità e l’onore nazionale.

Il 9 maggio, data simbolica della vittoria sovietica sul nazismo, si avvicina. Putin punta a presentarsi come vincitore, ma senza un vero accordo, la guerra rischia di continuare nel logoramento reciproco.

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Trump e Zelensky si parlano, prove di pace a San Pietro

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I primi spiragli per la pace in Ucraina, tanto invocati da papa Francesco, potrebbero essersi aperti proprio nel giorno dell’ultimo saluto al pontefice, a San Pietro. Donald Trump e Volodymyr Zelensky, due mesi dopo il burrascoso incontro allo studio ovale, si sono ritrovati faccia a faccia tra le navate della basilica, poco prima dell’inizio dei funerali di Bergoglio: un colloquio di 15 minuti, definito “costruttivo” da entrambe le parti, immortalato da una foto che ha fatto il giro del mondo. In Vaticano il leader ucraino è stato protagonista di un altro scatto simbolico, insieme a Trump, Emmanuel Macron e Keir Starmer, poi ha incontrato anche Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen, per provare a ricompattare l’alleanza transatlantica al fianco di Kiev. E qualcosa sembra effettivamente muoversi.

Gli ucraini sul piatto hanno messo una controproposta al piano della Casa Bianca, per ottenere garanzie di sicurezza a guerra finita, ricevendo delle aperture da Washington. Quanto alla Russia, il Cremlino ha annunciato di aver ripreso il completo controllo della regione di Kursk, ed alla luce di questa svolta si è detto pronto a riprendere i colloqui con gli ucraini “senza precondizioni”. I capi di stato e di governo arrivati a Roma per i funerali del Papa, pur nel rispetto della solennità dell’evento, hanno avuto l’occasione per brevi scambi di vedute su alcune delle principali crisi ancora aperte.

Zelensky, dopo aver messo in forse fino all’ultimo la sua presenza, è riuscito a raggiungere la capitale per onorare il pontefice e per ritrovare i partner occidentali, soprattutto Trump. L’immagine è quella di due leader seduti uno di fronte all’altro, vicinissimi, che discutono animatamente con espressione seria. Al termine, entrambe le parti si sono dette comunque soddisfatte. “Molto produttivo”, è stato il commento della Casa Bianca. “Un incontro simbolico che potrebbe diventare storico se si raggiungessero i risultati sui punti discussi”, ha sottolineato Zelensky. Se non altro, c’è stato un riavvicinamento dopo quel drammatico 28 febbraio, quando il presidente ucraino era stato cacciato dalla Casa Bianca.

Rispetto ai nodi sul tavolo il New York Times ha fatto filtrare la posizione ucraina, che punta a mitigare la proposta americana, considerata troppo favorevole a Mosca. Kiev in particolare chiede di non limitare le dimensioni del proprio esercito e che in territorio ucraino venga schierato un contingente di sicurezza europeo sostenuto dagli Usa, per scoraggiare future aggressioni russe. In quest’ottica l’adesione a breve alla Nato non sembra più una priorità: lo stesso Zelensky ha ammesso che in questa fase bisogna essere “pragmatici”.

E la risposta di Washington sulle garanzie di sicurezza sarebbe stata positiva. Sempre secondo fonti giornalistiche, gli Usa si sono offerti di fornire intelligence e supporto logistico ad un contingente europeo di peacekeeper. Andando incontro alle richieste di Londra e Parigi, che di questa missione militare sarebbero capofila nell’ambito della coalizione dei volenterosi.

Riguardo alla Russia, invece, Trump ha inviato segnali contrastanti. Da una parte ha accolto con favore gli esiti dell’ultimo incontro a Mosca tra Steve Witkoff e Vladimir Putin, sostenendo che l’accordo tra le due parti in conflitto sarebbe ad un passo. Poi però ha insinuato che Putin lo stia “prendendo in giro”, tergiversando sulla tregua, ed è tornato a minacciarlo di nuove sanzioni. A complicare le cose c’è anche la questione dei territori. Perché gli americani sarebbero disposti a lasciare tutto alla Russia, dalla Crimea alle altre quattro regioni ucraine occupate.

Mentre Kiev, almeno sulla carta, non è disposta a concessioni. Zelensky, prima di qualunque negoziato, chiede innanzitutto un cessate il fuoco completo. E su questo punto ha ottenuto la sponda degli alleati europei nei colloqui a Roma a margine dei funerali del Papa. “Mosca dimostri concretamente che vuole la pace”, sono state le parole della premier Meloni dopo l’incontro con il leader ucraino.

“Ora tocca al presidente Putin”, le ha fatto eco il presidente francese Macron, riferendo che è stato avviato “un lavoro di convergenza” tra i volenterosi, Kiev e Washington per arrivare ad “una tregua solida”. L’Ue, infine, ha ribadito il “sostegno” all’Ucraina “al tavolo delle trattative”, ha assicurato a Kiev la presidente della Commissione von der Leyen.

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