Collegati con noi

Corona Virus

Italia con più regioni in arancione e torna l’incognita riapertura sci

Pubblicato

del

Nuove strette, ancora dubbi sulla riapertura dello sci e un possibile nuovo ‘test’ sul ritorno alla normalita’: scattano le ordinanze per Abruzzo, Liguria, Toscana e la provincia di Trento in arancione, ma si aprono speranze sui trend positivi della Val d’Aosta, cui potrebbe essere assegnata la prima ‘zona bianca’, quella che permette la riduzione netta delle restrizioni anti-contagio. Resta nell’incertezza la settimana bianca, con la riapertura degli impianti prevista nelle regioni gialle gia’ da lunedi’, con un contingentamento degli ingressi al 30% e ingressi sulle cabine al 50%. Su questo fronte pero’ il rischio che le strutture restino chiuse e’ concreto: tra i tecnici c’e’ preoccupazione, soprattutto dopo la moltiplicazione dei contagi dovuti alla variante inglese del Covid, che in Lombardia – tra le prime ad aver annunciato la ripartenza – ha una piu’ alta diffusione rispetto alla media nazionale. Visto il blocco tra le Regioni almeno fino al 25 febbraio, le prenotazioni riguarderebbero in ogni caso solo i cittadini all’interno dei territori o al massimo i proprietari delle seconde case. Lo sci salta con certezza in Trentino e in Abruzzo, finiti in arancione. Pescara, alle prese con la variante inglese, entra nella mini zona rossa, registrando il record di contagi (127) in un solo giorno. In tutta Italia la situazione e’ stabile con un tasso di positivita’ al 4,6%, con 13.532 i nuovi malati di Covid nelle ultime 24 ore e 311 le vittime. Calano terapie intensive (-33) e ricoveri (-236). La Val d’Aosta, invece, si avvicina all’assegnazione della zona bianca, che potrebbe essere confermata dai dati del report dell’Iss di venerdi’ prossimo. Con uno scenario di ‘tipo 1’, un livello di rischio ‘basso’ e una incidenza dei contagi gia’ da due settimane inferiore a 50 casi ogni 100 mila abitanti, la Regione si avvicina al ritorno alla riapertura di musei, teatri, cinema e centri sportivi, alla fine del coprifuoco dalle 22 alle 5, cosi’ come ristoranti e bar resterebbero aperti con servizio al tavolo dopo le 18 e nelle scuole le lezioni in presenza tornerebbero a pieno regime. Resterebbero in vigore mascherine all’aperto e distanziamento. I territori si muovono comunque in ordine sparso riguardo alle restrizioni. Il presidente della Liguria, appena entrata in arancione, chiede invano al Governo di far slittare di 12 ore l’ordinanza per consentire a bar e ristoranti di stare aperti per la festa di San Valentino. Alla richiesta si associa il governatore toscano Eugenio Giani, pur prendendo atto della nuova “realta’”. Al contrario, il campano Vincenzo De Luca ha firmato un’ordinanza che vieta “feste e ogni altra forma di aggregazione, cortei ed altre manifestazioni di qualsiasi forma, connesse al Carnevale” fino al 16 febbraio. E a Roma, nel quartiere della movida di San Lorenzo, la polizia locale ha chiuso temporaneamente una piazza a causa del gran numero di persone. A Padova – per iniziativa della Regione Veneto – e’ invece partita la campagna di prevenzione con i test rapidi al ‘popolo dello spritz’, ovvero i ragazzi sotto i 25 anni che si ritrovano nelle piazze del centro per il rito dell’aperitivo. Resta una priorita’ nazionale il ritorno in classe e – chiarisce il neo ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi – si lavorera’ per aprire tutte le scuole in presenza. Del resto lo stesso premier Draghi, secondo quanto riferito dalla ministra per le Disabilita’ Erika Stefani, ha fatto presente che “la scuola ha perso anni e non mesi”. Tra i banchi, alle elementari, potrebbero arrivare nuove indicazioni da un futuro provvedimento. Il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso di alcuni genitori, ha chiarito che resta l’obbligo delle mascherine a scuola per i bambini tra i 6 e gli 11 anni, ma nel prossimo Dpcm il governo dovra’ rivedere la norma.

Advertisement

Corona Virus

Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

Pubblicato

del

Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

Continua a leggere

Corona Virus

Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

Pubblicato

del

Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

Continua a leggere

Corona Virus

Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

Pubblicato

del

In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto