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Economia

Ita, 52 aerei per l’ex Alitalia: faremo tutto per il marchio

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Nonostante lo scetticismo dei sindacati e di parte della politica, Ita conferma la strategia del proprio piano industriale, basata su un approccio graduale nello sviluppo della flotta e sul ribilanciamento dell’intercontinentale. La nuova compagnia “puo’ competere”, assicura l’a.d. Fabio Lazzerini, che nonostante il notevole svantaggio di dover decollare dopo l’estate, difende la solidita’ del piano e promette battaglia per permettere agli aerei del nuovo vettore di decollare con la livrea dello storico tricolore ‘Alitalia’. Lazzerini, che parla ad un evento a Bari pochi giorni dopo l’accordo raggiunto con Bruxelles e l’approvazione del piano industriale, torna sulle linee guida per lo sviluppo della compagnia che partira’ il 15 ottobre. Avere solo 52 aerei all’inizio puo’ bastare per competere – spiega, rispondendo indirettamente alle critiche dei sindacati che ritengono inaccettabile una aviolinea cosi’ ridimensionata -, perche’ e’ vero che le altre compagnie hanno flotte maggiori “ma bisogna guardare agli aerei che volano” ora che, vista la crisi “Covid, sono pochi”, spiega il manager: l’approccio e’ graduale, “legato ai volumi del traffico previsto nei prossimi mesi”. Quindi, se le varianti non porteranno a nuove chiusure, gli aerei saliranno “a 78 nel 2022”, di pari passo con l’incremento del traffico. E c’e’ ottimismo anche sulle prospettive di crescita. “Non so se c’e’ bisogno di una compagnia di bandiera, ma in Italia c’e’ spazio per una compagnia che possa fare soldi e non perderli” visto “che siamo un paese del G7 dove tutti vogliono venire e con tante aziende che vanno nel mondo”, spiega Lazzerini. E dopo che per 20 anni si e’ “tagliato brutalmente il lungo raggio”, con questo piano si punta sul “ribilanciamento dei voli intercontinentali”. Ma sempre con gradualita’ – puntualizza l’a.d. – “visto che il lungo raggio, secondo le stime, e’ quello che riprendera’ piu’ lentamente dopo la pandemia”. La vera nota dolente e’ il ritardo accumulato nel decollo, che non potra’ sfruttare il trampolino di lancio della stagione estiva. Non poter fare i biglietti per questa estate e’ “un grande svantaggio”, ammette Lazzerini, ricordando che il piano industriale originale prevedeva la partenza il primo aprile “proprio per cominciare a creare la base di vendite per poi volare in una bella stagione estiva”. Ma poi le trattative tra Governo ed Europa si sono protratte “ed e’ andata cosi'”. Un negoziato peraltro tutt’altro che facile: siamo riusciti a convincere Bruxelles “in sette mesi di sportellate”, puntualizza Lazzerini, ricordando le lunghe discussioni “certe volte anche in maniera un po’ animata”, per “difendere con le unghie e con i denti un piano industriale in cui crediamo molto e che dimostra una sua solidita’ per cui non si poteva danneggiare troppo”. Ora pero’ si guarda avanti. “Adesso abbiamo 90 giorni per poter far partire l’azienda”, dice il manager. Si parte dall’assemblea dei soci – che si terra’ a breve, forse gia’ la prossima settimana – per deliberare l’aumento di capitale di 700 milioni. C’e’ poi da fare la trattativa diretta con la vecchia Alitalia per rilevare la parte Aviation e, quando saranno pronti i bandi, Ita potra’ partecipare alle gare per il Ground Handling, la Manutenzione e il Brand. Ed e’ proprio sullo storico marchio Alitalia che Ita si prepara a dare battaglia. La nuova Ita “fara’ di tutto” per vincere la gara, assicura Lazzerini, che, in caso contrario, promette comunque “qualcosa di appealing”. Si lavora intanto anche sul fronte della partnership, che sara’ sia commerciale che industriale: le trattative in corso sono con due gruppi, Lufthansa e Delta-Air France-Klm-Virgin, e sono a “buon punto”. L’obiettivo e’ riuscire ad avere “chiaro prima della partenza in quale dei due mondi saremo”.

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Economia

Istat: lavoro in frenata a marzo, disoccupazione giovanile al 19%

A marzo l’occupazione cala di 16mila unità e la disoccupazione giovanile sale al 19%. Boom di contratti stabili, ma donne e under35 restano indietro.

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Frena il mercato del lavoro a marzo 2025: secondo i dati diffusi dall’Istat, si registra una riduzione mensile degli occupati di 16mila unità (-0,1%), una flessione che colpisce soprattutto le donne e i giovani sotto i 35 anni. Crescono invece gli occupati tra gli over35, gli uomini e i lavoratori a tempo indeterminato. Il tasso di occupazione resta stabile al 63%, lo stesso livello record di febbraio, mentre la disoccupazione torna a salire, al 6%, con un’impennata tra i giovani (15-24 anni), che toccano il 19% (+1,6 punti percentuali).

Più persone in cerca di lavoro, ma anche più posti stabili

Nonostante il rallentamento, il bilancio annuo resta positivo: rispetto a marzo 2024, ci sono 450mila occupati in più (+1,9%). A trainare l’occupazione sono soprattutto i lavori stabili: +673mila dipendenti permanenti in un anno, contro una flessione di 269mila contratti a termine. Crescono anche gli autonomi (+47mila). Il lieve aumento della disoccupazione è accompagnato da un calo degli inattivi, segno che più persone tornano a cercare lavoro.

Sindacati in allerta: donne e giovani ancora penalizzati

I dati riaccendono il dibattito politico all’indomani del Primo Maggio. Se da un lato il governo rivendica la crescita dell’occupazione – un milione di posti in più nei due anni e mezzo di governo Meloni –, dall’altro i sindacati sottolineano la persistente fragilità di donne e giovani nel mercato del lavoro. Ivana Veronese (Uil) denuncia il basso tasso di occupazione femminile: «Troppe donne inattive e scoraggiate, costrette a lasciare il lavoro dopo la maternità».

Sicurezza sul lavoro: confronto in arrivo a Palazzo Chigi

Altro tema centrale resta quello della sicurezza nei luoghi di lavoro, con i sindacati che tornano a chiedere maggiori controlli, formazione e prevenzione, ricordando le recenti tragedie come quella di Luana D’Orazio e i cinque operai morti a Casteldaccia. Il governo ha stanziato 650 milioni per la sicurezza e ha convocato le parti sociali per l’8 maggio a Palazzo Chigi. Cisl e Uil vedono l’incontro come un’apertura, ma Maurizio Landini (Cgil) avverte: «Senza risposte sarà mobilitazione».

Calderone: «Patente a crediti anche oltre l’edilizia»

Sul fronte normativo, la ministra del Lavoro Marina Calderone ha confermato l’obiettivo di estendere la patente a crediti – attualmente prevista per il settore edile – anche ad altri comparti produttivi, come misura di contrasto agli incidenti sul lavoro.

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S&P taglia il Pil, ‘choc dai dazi’. In Italia +0,5%

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Il pessimismo innescato dall’annuncio dei dazi Usa non accenna a scemare. Dopo Fitch anche Standard&Poor’s rivede al ribasso le stime di crescita del Pil mondiale, che il Fondo Monetario Internazionale ha già tagliato. E’ “uno shock al sistema” secondo S&P, che si abbatterà “sicuramente” sull’economia reale, anche se “resta da capire in quale misura”. Per l’Italia la sforbiciata è di 0,1 punti, che frenerà la crescita 2025 a 0,5%. Per ora, però, paradossalmente l’annuncio ha provocato l’effetto opposto a quello auspicato da Trump: l’Istat segnala per l’Italia una “forte crescita” dell’export verso gli Usa a marzo, schizzato al +41,2% grazie soprattutto alla vendita di mezzi navali. Il nuovo round di misure protezionistiche ha spinto Standard & Poor’s a rivedere al ribasso le previsioni di crescita per quasi tutte le principali economie mondiali.

A pesare, secondo l’agenzia, è l’effetto combinato tra i nuovi dazi, le ritorsioni dei partner commerciali, le concessioni in corso e l’instabilità che tutto ciò sta generando sui mercati. “I rischi per lo scenario di base restano fortemente orientati al ribasso”, si legge nel rapporto. Il Pil globale viene così limato al 2,7% per il 2025 (-0,3 punti) e al 2,6% per il 2026 (-0,4). Negli Stati Uniti il rallentamento è marcato: 1,5% nel 2025 (-0,5) e 1,7% nel 2026. Male anche l’Eurozona, che si ferma allo 0,8% nel 2025 (-0,1) e all’1,2% nel 2026. L’Italia limita i danni con un taglio contenuto di 0,1 punti per il 2025, riducendo la crescita attesa allo 0,5%. Salirà allo 0,8% nel 2026 e allo 0,9% nel 2027. Per ora le tensioni sul fronte del commercio globale non hanno toccato l’export italiano extra Ue, che a marzo è salito del 2,9% sul mese e del 7,5% sull’anno. E tutto grazie alle vendite “ad elevato impatto” di mezzi di navigazione marittima verso gli Stati Uniti.

Al netto di queste, in realtà, ci sarebbe stata una flessione congiunturale pari a -1,6%. Anche la Banca centrale europea, nel suo bollettino di aprile, fotografa un’Eurozona sotto pressione. “Le prospettive sono offuscate da eccezionale incertezza” che “comporta notevoli rischi al ribasso”, avvertono gli economisti di Francoforte. Le imprese esportatrici si trovano ad affrontare nuove barriere, crescono le tensioni nei mercati finanziari, che hanno subito “la più drastica ridefinizione” dalla pandemia e anche i consumatori iniziano a mostrare segni di cautela. Nonostante tutto, nel primo trimestre 2025 il Pil dell’area euro è cresciuto, ma le stime per il secondo trimestre si fanno più fosche.

Gli indici Pmi, che rilevano le aspettative delle imprese, a marzo sono in calo, seppur ancora sopra la media di lungo periodo. E nel manifatturiero, l’indice dei nuovi ordinativi resta sotto quota 50, segno di un settore ancora in contrazione. “Molto incerte”, secondo la Bce, anche le prospettive dell’inflazione, che dai dazi potrebbero ricevere spinte tanto al rialzo (se l’impennata dei prezzi fosse ad ampio spettro) quanto al ribasso (se i prezzi elevati abbattessero i consumi). Nel frattempo, però, ad aprile resta stabile al 2,2% nell’Eurozona e al 2,1% in Italia. Lo shock dei dazi, insomma, inizia a farsi sentire, ma gli effetti pieni sull’economia reale restano ancora da misurare.

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Economia

Borsa della Spesa, il caldo anticipa le produzioni estive

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Il caldo anticipa le produzioni estive, con il prezzo dei meloni retati siciliani “in veloce calo (-7,3% in una settimana) “poiché aumenta la produzione ma la domanda rimane ancora bassa”. A segnalarlo è La Borsa della Spesa, servizio settimanale di Borsa Merci telematica italiana (Bmti) e Italmercati, con il supporto di Consumerismo No Profit. Tra la frutta, rilevano inoltre gli analisti, le fragole sono nel pieno della loro produzione e i loro prezzi all’ingrosso, prosegue la nota, “sono stabili e vanno da 3,00 euro/Kg per le produzioni campane, siciliane e calabresi fino a 4,50 euro/kg per le produzioni lucane, di qualità maggiore.

In questa settimana è anche possibile acquistare gli ultimi kiwi italiani, venduti all’ingrosso intorno a 2,70 euro/kg. Tra gli ortaggi, le fave hanno raggiunto il picco della loro produzione e presentano prezzi all’ingrosso regolari, intorno a 1,50 euro/kg, grazie all’abbondanza della loro produzione. Molto richiesti anche i piselli, i cui prezzi all’ingrosso sono scesi questa settimana al di sotto di 3,00 euro/Kg. confermandosi mediamente intorno a 2,70 euro/kg.

I prezzi all’ingrosso degli asparagi oscillano da 3,50 a 4,50 euro/kg, in calo del 12,2% rispetto alla settimana precedente grazie all’aumento della produzione, soprattutto in Campania e in Puglia. Per i carciofi i prezzi all’ingrosso vanno da 0,30 a 0,70 euro al pezzo, a seconda della varietà. Nel settore ittico, abbondano le seppie, nel pieno della loro stagione e con prezzi che vanno da 10,00 a 15,00 euro/kg. Nel comparto carni si registrano prezzi in calo per i tagli anteriori di vitellone, che vanno da 6,55 a 6,65 euro/kg.

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